Odio l’allor, che quando alla foresta
le nuovissime fronde invola il verno,
ravviluppato nell’intatta vesta
verdeggia eterno,
pompa de’ colli; ma la sua verzura
gioia non reca all’augellin digiuno;
chè la splendida bacca invan matura
non coglie alcuno.
Te, poverella vite, amo, che quando
fiedon le nevi i prossimi arboscelli,
tenera l’altrui duol commiserando
sciogli i capelli.
Tu piangi, derelitta, a capo chino
sulla ventosa balza. In chiuso loco
gaio frattanto il vecchierel vicino
si asside al foco.
Tien colmo un nappo: il tuo licor gli cade
nel’ondeggiar del cubito sul mento;
poscia floridi paschi ed auree biade
sogna contento.
GIACOMO ZANELLA
Grazie x la bellezza di questa, e le altre che leggerò per rinvigorire l’anima.
aurelia
Meravigliosa.
Grazie
Graziella
Versi saffici squisiti!
Questa poesia mi fa ridere a leggerla. Mi ricorda la mia adolescenza. Mia sorella faticava ad apprendere a memoria le poesie che allora era d’obbligo imparare a scuola.
E leggeva a voce alta questa poesia. Solo che ascoltando lei io la imparavo prima e lei si arrabbiava perchè non riusciva a ricordarne i passaggi.
Ma questo nulla toglie alla bellezza della poesia. Ma quanti riescono ancora a distinguere una verso saffico da un altro?
E’ vero, poeti si diventa e non si nasce. Spero che la rima ritorni tra gli esercizi indispensabili per dare musicalità alla poesia, che ormai è diventata prosa scritta in verticale.
Bellissima, ogni giorno una proposta molto interessante
Patrizia
P.S. Leggendo quanto ha scritto Salvatore, ho riso pure io. Grazie 🙂
La ritengo un capolavoro di Giacomo Zanella.
Questo affiancare l’alloro (egoista) alla vite (caritatevole) indica agli umani allegoricamente
che cosa è egoismo e carità.
L’immagine del vecchio (come me) che si versa
un po’ di vino nel bere, mentre gli trema il polso,
sognando ad occhi aperti, è geniale.
Certo è anacronistica, oggi, non barzelletta: forse rimembrando un’autobiografia di un passato…
Ma la poesia no. Questa non c’entra.
Paolo.