Con cura prendo la primavera e la apro

Di terrore mi vedo piangere ancora.
La gatta tiene tra le fauci il suo piccolo
requisito alle mie carezze di bimbo.

Desideri infiniti di cose nuove
la notte portava sempre al domani.
Il riposo era un diverso giocare
la noia non sapevi cos’era, allora.

Il mio Reno d’estate invita a bagnarsi.
L’amico è là, steso sulla riva del fiume
un uomo pompa sul petto
acqua e fango dalla bocca di lui.
La notte, disperate urla di madre mi
assalgono dentro, abbracciato alla mia.

I giorni passano pieni di voglia d’Estate
tra braghe sempre più corte e sandali,
di una misura giusta solo a metà e risa, tra
agitate rincorse al pallone di stracci legati.

Fortuna non aver nulla da far paragone
nel tutto regna un sereno completo sentire.

Ai figli della mia generazione ho dato
tutto ciò che non ho avuto, compreso le
nevrosi e le facili illusioni. Quelle, ogni
volta tolgono un pezzo di voglia di vita.

Ho dimenticato un amore, donato ogni
giorno completo di sberle sul culo s’era
il caso, trasformato in gelosia di possesso
dove l’amore è dato solo, come scontato.

Con cura prendo la primavera, quella mia e la richiudo.

Giampietro Calotti C.

Published in: on ottobre 3, 2013 at 07:30  Comments (4)  

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4 commentiLascia un commento

  1. Brividi scorrono sulla pelle, nel leggere questa poesia, che è il dipinto di quei tempi lontani, colmi di niente e di tutto, di infinita tristezza e di canti di gioia. “Dove l’amore è dato per scontato”. Si anche con le sberle della madre sul culo, ma sempre date per amore (punire per correggere) In questo modo però, siamo cresciuti raddrizzati e senza nevrosi, almeno si spera! Straordinaria poesia!

  2. Faccio mio il commento di Danila. straordinaria poesia ciao Rosy

  3. Splendida poesia, coinvolge tantissimo.
    Patrizia

  4. Davvero ,meglio di Danila non si poteva commentare questo splendido specchio dell’ieri.Chapeau.tinti


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