
Ho sognato
Ho sognato di un paese lontano
dove il tempo all’improvviso si era fermato
La vita ferveva nelle strade
e tutti si arrangiavano lieti
Il mago della borsa leggeva nei fondi di caffè
preannunciando ottimi affari
Il lavavetri mi proponeva di investire in derivati
ma era un broker in incognito
Peccato, mi serviva una pulitina al parabrezza
Più in là il baro ed il commercialista
giocavano alle tre carte
ma vinceva sempre il commercialista
Da uno schermo a cento pollici
Il conduttore famoso ammiccava ai suoi scherani
mentre il cronista indipendente
abbaiava a comando sul sofà del padrone di casa
Il caporale sul furgone e lo chef televisivo
si trovavano d’accordo: non c’erano più i negri di una volta
Intanto un pizzicagnolo fuggiva piangendo in contanti
pizzicato sulla via della Svizzera
come un Mussolini qualsiasi
Il governatore saliva sulla barca del monsignore
e il monsignore saliva sull’elicottero del corruttore
e allora il trafficante d’armi pensava
che non tutto il Mali viene per nuocere
Il ministro prendeva il sole a sua insaputa
sul superattico condonato a Vigna Clara
Il candidato comprava bouquets di voti
con sorrisi e tratte a 90 giorni
L’onorevole si faceva il lifting
per risultare più credibile di schiena
Il manager impegnato si faceva quattro conti
poi si faceva la segretaria
poi si faceva e basta
Le cocottes di regime passavano alla cassa
sotto gli occhiali impassibili del ragioniere
Il mafioso trattava con lo stato
e il sindacalista con la sua coscienza
ma entrambi erano latitanti
Il sarto e l’avvocato prendevano le misure
perché quell’anno il processo si portava lungo
Il perito vendeva consulenze al migliore offerente
mentre l’imputato veniva condannato dalla Doxa
L’algoritmo licenziava a raffica i dipendenti superflui
ma con SMS molto educati
I ponti crollavano, le funivie cadevano,
le fabbriche avvelenavano,
e i giornali invocavano per i responsabili
durissime ed esemplari prescrizioni
Il notaio chiamato ad accertare il decesso del Paese
chiedeva in anticipo il suo onorario
Un assessore in manette gridava “Populisti!”
e il Palazzo di Giustizia affondava allegramente
sui suoi pilastri di sabbia
C’era chi gridava al fuoco
Chi diceva la nave affonda, si salvi chi può
Ma no, si salvi chi si è sempre salvato,
disse un tale che vendeva i posti sulle scialuppe
Poi il sogno finì in un gorgo nero
Ho sognato
Ho sognato di un paese lontano
ma l’incubo doveva ancora cominciare
Aprii gli occhi imperlato di sudore
trattenendo un conato
Ma non era la digestione:
mi ero svegliato in Italia
Il Temporeggiatore