Talora nell’arsura della via

Talora nell’arsura della via
un canto di cicale mi sorprende.
E subito ecco m’empie la visione
di campagne prostrate nella luce…
E stupisco che ancora al mondo sian
gli alberi e l’acque,
tutte le cose buone della terra
che bastavano un giorno a smemorarmi…

Con questo stupor sciocco l’ubriaco
riceve in viso l’aria della notte.

Ma poi che sento l’anima aderire
ad ogni pietra della città sorda
com’albero con tutte le radici,
sorrido a me indicibilmente e come
per uno sforzo d’ali i gomiti alzo…

CAMILLO SBARBARO

Published in: on aprile 22, 2021 at 07:35  Lascia un commento  

Il mio cuore si gonfia per te, terra

Il mio cuore si gonfia per te, Terra,
come la zolla a primavera.
Io torno.
I miei occhi con nuovi. Tutto quello
che vedo è come non veduto mai;
e le cose più vili e consuete,
tutto m’intenerisce e mi dà gioia.

In te mi lavo come dentro un’acqua
dove si scordi tutto di se stesso.
La mia miseria lascio dietro a me
come la biscia la sua vecchia pelle.
Io non sono più io, io sono un altro.
Io sono liberato di me stesso.

Terra, tu sei per me piena di grazia.
Finché vicino a te mi sentirò
così bambino, fin che la mia pena
in te si scioglierà come la nuvola
nel sole,
io non maledirò d’esser nato.

Io mi sono seduto qui per terra
con le due mani aperte sopra l’erba,
guardandomi amorosamente intorno.
E mentre così guardo, mi si bagna
di calde dolci lacrime la faccia.

CAMILLO SBARBARO

Published in: on marzo 6, 2021 at 07:06  Lascia un commento  

Nel mio povero sangue

Nel mio povero sangue qualche volta
fermentano gli oscuri desideri.
Vado per la città solo, la notte;
e l’odore dei fondaci, al ricordo,
vince l’odor dell’erba sotto il sole.
Rasento le miriadi degli esseri
sigillati in se stessi come tombe.
E batto a porte sconosciute. Salgo
scale consunte da generazioni.
La femmina che aspetta sulla porta
l’ubriaco che rece contro il muro
guardo con occhi di fraternità.
E certe volte subito trasalgono,
nell’andito malcerto in capo a cui
occhi di sangue paiono i fanali,
le mie nari che fiutano il Delitto
Mi cresce dentro l’ansia di morire
senza avere il godibile goduto
senza avere il soffribile sofferto
La volontà mi prende di gettare
come un ingombro inutile il mio nome.
Con per compagna la Perdizione
a cuor leggero andarmene pel mondo.

CAMILLO SBARBARO

Published in: on gennaio 2, 2021 at 07:22  Comments (1)  

Voze

Voze, che sciacqui al sole la miseria
delle tue poche case, ammonticchiate
come pecore contro l’acquazzone;
e come stipo di riposti lini
sai di spigo, di sale come rete;

– nell’ombra dei tuoi vichi zampa il gallo
presuntuoso; gioca sulla soglia
il piccolo, con dietro il buio e il freddo
della cucina dove su ramaglie
una vecchia si china ad attizzare;
sulle terrazze splende il granoturco
o rosseggia la sorba; nel coltivi
strappati all’avarizia della roccia
i muretti s’ingobbano, si sbriciola
la zolla, cresce storto e nano il fico –

in te, Voze, m’imbatto nel bambino
che fui, nel triste bimbo che cercava
in terra mele mézze per becchime
buttate, tratto dall’oscuro sangue
a mordere ai rifiuti;
nel cattivo celato dietro l’uscio
che godeva d’udirsi per la casa
chiamare da colei che lo crebbe
– e si torceva presso lui non visto,
la povera, le mani e supplicava
che s’andasse con pertiche alla gora.
Quando bevuto egli abbia ad ogni pozza
guasta,
più nessuno lo cerchi per la casa
vuota,
come in madre in te possa rifugiarsi.

Se l’occhio che restò duro per l’uomo
s’inteneriva ai volti della terra,
nella casa di allora che inchiodato
reca sull’uscio il ferro di cavallo
portafortuna,
sérbagli sopra i tetti la finestra
che beve al lapislazzulo laggiù
del mare, si disseta
alla polla perenne dell’ulivo,

Voze, soave nome che si scioglie
in bocca…

CAMILLO SBARBARO

Published in: on novembre 28, 2019 at 06:55  Lascia un commento  

Ora che non mi dici niente

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Or che non mi dici niente, ora
che non mi fai godere né soffrire,
tu sei la consueta dei miei giorni.
Assomigli ad un lago tutto uguale
sotto un cielo di latta tutto uguale.
Assonnato mi muovo sulla riva.
Non voglio, non desidero, neppure
penso.
Mi tocco per sentir se sono.
E l’essere e il non esser, come l’acqua
e il cielo di quel lago si confondono.
Diventa il mio dolore quel d’un altro
e la vita non è né lieta né triste.
T’odio, compagna assidua dei miei giorni,
che alla vita non mi sottrai, facendomi
come il sonno una cosa inanimata,
ma me la lasci solo rasentare.
Poiché son rassegnato a viver, voglio
che ad ogni ora del dì mi pesi sopra,
mi tocchi nella mia carne vitale.
Voglio il dolore che m’abbranchi forte
e collochi nel centro della vita.

CAMILLO SBARBARO

Published in: on gennaio 13, 2019 at 07:10  Comments (2)  

La bambina che va sotto gli alberi

La bambina che va sotto gli alberi
non ha che il peso della sua treccia,
un fil di canto in gola.
Canta sola
e salta per la strada: ché non sa
che mai bene più grande non avrà
di quel po’ d’oro vivo per le spalle,
di quella gioia in gola.

A noi che non abbiamo
altra felicità che di parole,
e non l’acceso fiocco e non la molta
speranza che fa grosso a quella il cuore,
se non è troppo chiedere, sia tolta
prima la vita di quel solo bene.

CAMILLO SBARBARO

Published in: on marzo 20, 2018 at 07:10  Comments (2)  

Mi desto dal penoso sonno

Mi desto dal penoso sonno solo
nel cuore della notte.
Tace intorno
la casa come vuota e laggiù brilla
silenzioso coi suoi lumi un porto.
Ma sì freddi e remoti son quei lumi
e sì alto il silenzio nella casa
che mi levo sui gomiti in ascolto.
Improvviso terrore mi sorprende
il fiato e allarga nella notte gli occhi:
separata dal resto della casa
separata dal resto della terra
è la mia vita ed io son solo al mondo.

Poi il ricordo delle trite vie
e dei nomi e dei volti consueti
emerge come spiaggia da marea
e di me sorridendo mi riadagio.

Ma svanita col sonno la paura,
un gelo in fondo all’anima rimane:
io tra gli uomini vado
curioso di lor ma come estraneo;
ed alcuno non ho nelle cui mani
metter le mani
e col quale di me dimenticarmi.

Tal che se l’acque e gli alberi non fossero
e l’amica presenza delle cose
che accompagna il mio viver quaggiù
penso che morirei di solitudine…

Ma gli occhi restano crudelmente asciutti.

CAMILLO SBARBARO

Published in: on gennaio 15, 2018 at 07:34  Comments (6)  

Al tempo

Son di granito o di diamante sono
i mille denti logori e ferrigni
con che rodi il cemento ed i macigni
sgretoli, sfinge spaventosa, o Chrono?

L’uomo di ieri miri co’ i maligni
occhi innalzare a dei di creta un trono:
o bestemmiarli e ricader giù prono:
e al vano affaticarsi tu sogghigni.

Il fior che allegra gli orridi dirupi
co ‘l fiato anneri, ed, invido, d’immondi
solchi il velluto de le guance sciupi.

L’uom che ti sminuzza in oggi ed in domani
e la clessidra in ore ed in secondi:
tu lasci fare e eterno ancor rimani.

CAMILLO SBARBARO

Published in: on giugno 4, 2017 at 07:25  Comments (3)  

Taci

Taci, anima stanca di godere
e di soffrire (all’uno e all’altro vai
rassegnata).

Nessuna voce tua odo se ascolto:
non di rimpianto per la miserabile
giovinezza, non d’ira o di speranza,
e neppure di tedio.

Giaci come
il corpo, ammutolita, tutta piena
d’una rassegnazione disperata.
Non ci stupiremmo,
non è vero, mia anima, se il cuore
si fermasse, sospeso se ci fosse
il fiato…

Invece camminiamo,
camminiamo io e te come sonnambuli.
E gli alberi son alberi, le case
sono case, le donne
che passano son donne, e tutto è quello
che è, soltanto quel che è.

La vicenda di gioia e di dolore
non ci tocca. Perduto ha la voce
la sirena del mondo, e il mondo è un grande
deserto.
Nel deserto
io guardo con asciutti occhi me stesso.

CAMILLO SBARBARO

Published in: on novembre 20, 2016 at 07:13  Lascia un commento  

Non vita

Non vita, perché tu sei nella notte
la rapida fiammata, e non per questi
aspetti della terra e il cielo in cui
la mia tristezza orribile si placa:
ma, Vita, per le tue rose le quali
o non sono sbocciate ancora o già
disfannosi, pel tuo Desiderio
che lascia come al bimbo della favola
nella man ratta solo delle mosche,
per l’odio che portiamo ognuno al noi
del giorno prima, per l’indifferenza
di tutto ai nostri sogni più divini,
per non potere vivere che l’attimo
al modo della pecora che bruca
pel mondo questo o quello cespo d’erba
e ad esso s’interessa unicamente,
pel rimorso che sta in fondo ad ogni
vita, d’averla inutilmente spesa,
come la feccia in fondo del bicchiere,
per la felicità grande di piangere,
per la tristezza eterna dell’Amore,
per non sapere e l’infinito buio…
per tutto questo amaro t’amo, Vita.

CAMILLO SBARBARO
Published in: on giugno 3, 2015 at 07:12  Comments (2)