Paesaggio di novembre

Sono scomparsi i bei colori verdi e rosei della
terra. Le montagne, i campi, i piani sembrano
lontani e velati. Solo i torrenti si riempiono di
suoni e il loro grido giunge alle case del paese.
Il sole ha uno splendore freddo e il cielo sembra
allontanarsi e diventare altissimo. Tutte le mattine
la terra si desta come da un sonno faticoso.
I movimenti degli uomini sembrano incerti, come
quelli di chi pensa al suo avvenire.
Da questo mese comincia il lavoro, per il futuro
pane. C’è nell’aria una speranza solenne.
Novembre è il mese in cui ricordiamo i nostri
morti. La terra trasforma, tutti gli anni, nuove
sementi in nuovi frutti. Il pane risorge tutti gli
anni. Giacciono i morti. Ma il nostro cuore deve
essere grato come la terra e deve far rivivere e
moltiplicare il lavoro e gli affetti di quelli che fra
noi non torneranno più.

CORRADO ALVARO

Published in: on ottobre 4, 2014 at 07:26  Comments (3)  

A un compagno

(Ai tanti morti giovani della Grande Guerra)

Se dovrai scrivere alla mia casa,

Dio salvi mia madre e mio padre,
la tua lettera sarà creduta
mia e sarà benvenuta.
Così la morte entrerà
e il fratellino la festeggerà.
Non dire alla povera mamma
che io sia morto solo.
Dille che il suo figliolo
più grande, è morto con tanta
carne cristiana intorno.
Se dovrai scrivere alla mia casa,
Dio salvi mia madre e mio padre,
non vorranno sapere
se sono morto da forte.
Vorranno sapere se la morte
sia scesa improvvisamente.
Dì loro che la mia fronte
è stata bruciata là dove
mi baciavano, e che fu lieve
il colpo, che mi parve fosse
il bacio di tutte le sere.
Dì loro che avevo goduto
tanto prima di partire,
che non c’era segreto sconosciuto
che mi restasse a scoprire;
che avevo bevuto, bevuto
tanta acqua limpida, tanta,
e che avevo mangiato con letizia,
che andavo incontro al mio fato
quasi a cogliere una primizia
per addolcire il palato.
Dì loro che c’era gran sole
pel campo, e tanto grano
che mi pareva il mio piano;
che c’era tante cicale
che cantavano; e a mezzo giorno
pareva che noi stessimo a falciare,
con gioia, gli uomini intorno.
Dì loro che dopo la morte
è passato un gran carro
tutto quanto per me;
che un uomo, alzando il mio forte
petto, avea detto: Non c’è
uomo più bello preso dalla morte.
Che mi seppellirono con tanta
tanta carne di madri in compagnia
sotto un bosco d’ulivi
che non intristiscono mai;
che c’è vicina una via
ove passano i vivi
cantando con allegria.
Se dovrai scrivere alla mia casa,
Dio salvi mia madre e mio padre,
la tua lettera sarà creduta
mia e sarà benvenuta.
Così la morte entrerà
e il fratellino la festeggerà.

CORRADO ALVARO

Published in: on marzo 17, 2014 at 07:35  Comments (3)  

Poeti di Calabria

BALLATA IN CERCA DI PADRONE

Ho nella mente un paese

con un cimitero e due chiese.

Nel cimitero la biada cresceva

e falciata il guardiano la vendeva

ché in quel paese tutto era giardino.

In quel paese tutto era giardino,

cuore d’uomo e di femmina persino.

Cori e danze eran belli a vedere

nella malinconia di certe sere

quando il mondo pareva là finire.

CORRADO ALVARO


INCONTRO AD UN ABBRACCIO

Se riuscissi, non so dire quando,
ad incollarmi tutto il mare addosso,
a fare in modo che onda io diventi,
potrei rispondere al quesito antico.

Qual è per me il suo significato?

L’ho inseguito, da bambino amato
da quando a pesca insieme con mio padre
m’incuriosiva quella luce d’onde
nei pomeriggi regalati ai sogni.

Ed era porto, quasi ferma l’acqua
tra le intagliate ombre dei navigli,
in compagnia di odi e di bestemmie
di chi aspettava pesci in abbondanza.

Ed era porto, ore benedette
per ripararsi un poco dagli affanni,
per destreggiarsi a legar due ami
e poi gioire se fissati bene.

Di là dal molo alto, all’orizzonte,
quando sfidavo i gradini alti
per sporgermi dall’infuocato bordo,
di là si aprivano respiri lunghi.

Lungo nuance  di un azzurro eterno,
in mezzo ai vizi dei bagliori al giorno,
mi impossessavo di un verdastro gozzo
e – re – andavo incontro ad un abbraccio.

Aurelio Zucchi