Niente di grave

Forse l’estate ha finito di vivere.
Si sono fatte rare anche le cicale.
Sentirne ancora una che scricchia è un tuffo nel sangue.
La crosta del mondo si chiude, com’era prevedibile
se prelude a uno scoppio. Era improbabile
anche l’uomo, si afferma. Per la consolazione
di non so chi, lassù alla lotteria
è stato estratto il numero che non usciva mai.
Ma non ci sarà scoppio. Basta il peggio
che è infinito per natura mentre
il meglio dura poco. La sibilla trimurtica
esorcizza la Moira insufflando
vita nei nati-morti. È morto solo 
chi pensa alle cicale. Se non se n’è avveduto 
il torto è suo.

EUGENIO MONTALE

Published in: on giugno 23, 2021 at 07:16  Lascia un commento  

Il paguro

Il paguro non guarda per il sottile
se s’infila in un guscio che non è il suo.
Ma resta un eremita. Il mio male è
che se mi sfilo dal mio non posso entrare nel tuo.

EUGENIO MONTALE

Published in: on gennaio 8, 2021 at 07:03  Lascia un commento  

Lungomare

Lo sai: debbo riperderti e non posso.
Come un tiro aggiustato mi sommuove

ogni opera, ogni grido e anche lo spiro
salino che straripa
dai moli e fa l’oscura primavera
di Sottoripa.

Paese di ferrame e alberature
a selva nella polvere del vespro.
Un ronzìo lungo viene dall’aperto,
strazia com’unghia i vetri. Cerco il segno
smarrito, il pegno solo ch’ebbi in grazia
da te.
E l’inferno è certo.

EUGENIO MONTALE

Published in: on novembre 9, 2020 at 07:06  Comments (1)  

Noi non sappiamo quale sortiremo

Noi non sappiamo quale sortiremo
domani, oscuro o lieto;
forse il nostro cammino
a non tòcche radure ci addurrà
dove mormori eterna l’acqua di giovinezza;
o sarà forse un discendere
fino al vallo estremo,
nel buio, perso il ricordo del mattino.
Ancora terre straniere
forse ci accoglieranno; smarriremo
la memoria del sole, dalla mente
ci cadrà il tintinnare delle rime.
Oh la favola onde s’esprime
la nostra vita, repente
si cangerà nella cupa storia che non si racconta!
Pur di una cosa ci affidi,
padre, e questa è: che un poco del tuo dono
sia passato per sempre nelle sillabe
che rechiamo con noi, api ronzanti.
Lontani andremo e serberemo un’eco
della tua voce, come si ricorda
del sole l’erba grigia
nelle corti scurite, tra le case.
E un giorno queste parole senza rumore
che teco educammo nutrite
di stanchezze e di silenzi,
parranno a un fraterno cuore
sapide di sale greco.

EUGENIO MONTALE

Published in: on Maggio 27, 2020 at 06:51  Comments (3)  

Su una lettera non scritta

Per un formicolìo d’albe, per pochi
fili su cui s’impigli
il fiocco della vita e s’incollano
in ore e in anni, oggi i delfini a coppie
capriolano coi figli? Oh ch’io non oda
nulla di te, ch’io fugga dal bagliore
dei tuoi cigli. Ben altro è sulla terra.

Sparir non so né riaffacciarmi; tarda
la fucina vermiglia
della notte, la sera si fa lunga,
la preghiera è supplizio e non ancora
tra le rocce che sorgono t’è giunta
la bottiglia dal mare. L’onda, vuota,
si rompe sulla punta, a Finisterre.

EUGENIO MONTALE
Published in: on marzo 14, 2020 at 07:48  Lascia un commento  

Senza colpi di scena

Le stagioni
sono quasi scomparse.
Era tutto un inganno degli Spiriti
dell’Etere.

Non si può essere vivi
a momenti, a sussulti, a scappa e fuggi
lunghi o brevi.

O si è vivi o si è morti, l’altalena
non poteva durare oltre l’eterna
fugacissima età della puerizia.

Ora comincia il ciclo della stagnazione.
Le stagioni si sono accomiatate
senza salamelecchi o cerimonie, stanche
dei loro turni. Non saremo più
tristi o felici, uccelli d’alba o notturni.
Non sapremo nemmeno
che sia sapere e non sapere, vivere
o quasi o nulla affatto. È presto detto,
il resto lo vedremo a cosa fatte.

EUGENIO MONTALE

Published in: on settembre 9, 2019 at 07:37  Lascia un commento  

Da un lago svizzero

Mia volpe, un giorno fui anch’io il “poeta
assassinato”: là nel noccioleto
raso, dove fa grotta, da un falò;
in quella tana un tondo di zecchino
accendeva il tuo viso, poi calava
lento per la sua via fino a toccare
un nimbo, ove stemprarsi; ed io ansioso
invocavo la fine su quel fondo
segno della tua vita aperta, amara,
atrocemente fragile e pur forte.
Sei tu che brilli al buio? Entro quel solco
pulsante, in una pista arroventata,
àlacre sulla traccia del tuo lieve
zampetto di predace (un’orma quasi
invisibile, a stella) io, straniero,
ancora piombo; e a volo alzata un’anitra
nera, dal fondolago, fino al nuovo
incendio mi fa strada, per bruciarsi.

EUGENIO MONTALE

Published in: on novembre 15, 2018 at 06:55  Comments (4)  

Minstrels

Ritornello, rimbalzi
tra le vetrate d’afa dell’estate.

Acre groppo di note soffocate,
riso che non esplode
ma trapunge le ore vuote
e lo suonano tre avanzi di baccanale
vestiti di ritagli di giornali,
con istrumenti mai veduti,
simili a strani imbuti
che si gonfiano a volte e poi s’afflosciano.

Musica senza rumore
che nasce dalle strade,
s’innalza a stento e ricade,
e si colora di tinte
ora scarlatte ora biade,
e inumidisce gli occhi, così che il mondo
si vede come socchiudendo gli occhi
nuotar nel biondo.

Scatta ripiomba sfuma,
poi riappare
soffocata e lontana; si consuma.
Non s’ode quasi, si respira.
Bruci
tu pure tra le lastre dell’estate,
cuore che ti smarrisci! Ed ora incauto
provi le ignote note sul tuo flauto.

EUGENIO MONTALE

Published in: on Maggio 17, 2018 at 07:09  Comments (2)  

Non recidere, forbice, quel volto…

Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.

Un freddo cala… Duro il colpo svetta.
E l’acacia ferita da sé scrolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di Novembre.

EUGENIO MONTALE

Published in: on gennaio 23, 2018 at 07:45  Comments (5)  

Sarcofaghi

Dove se ne vanno le ricciute donzelle
che recano le colme anfore su le spalle
ed hanno il fermo passo sì leggero;
e in fondo uno sbocco di valle
invano attende le belle
cui adombra una pergola di vigna
e i grappoli ne pendono oscillando.
Il sole che va in alto,

le intraviste pendici
non han tinte: nel blando
minuto la natura fulminata
atteggia le felici
sue creature, madre non matrigna,
in levità di forme.
Mondo che dorme o mondo che si gloria
d’immutata esistenza, chi può dire?,
uomo che passi, e tu dagli
il meglio ramicello del tuo orto.
Poi segui: in questa valle
non è vicenda di buio e di luce.
Lungi di qui la tua via ti conduce,
non c’è asilo per te, sei troppo morto:
seguita il giro delle tue stelle.
E dunque addio, infanti ricciutelle,
portate le colme anfore su le spalle.
.
EUGENIO MONTALE
Published in: on giugno 11, 2017 at 07:34  Comments (4)