Battendo a macchina

Mia mano, fatti piuma:
fatti vela; e leggera
muovendoti sulla tastiera,
sii cauta. E bada, prima
di fermare la rima,
che stai scrivendo d’una
che fu viva e fu vera.

Tu sai che la mia preghiera
è schietta, e che l’errore
è pronto a stornare il cuore.
Sii arguta e attenta: pia.
Sii magra e sii poesia
se vuoi essere vita.
E se non vuoi tradita
la sua semplice gloria,
siiline e popolare
come fu lei -sii ardita
e trepida, tutta storia
gentile, senza ambizione.

Allora sul Voltone,
ventilata in un maggio
di barche, se paziente
chissà che, con la gente,
non prenda aire e coraggio
anche tu, al suo passaggio.

GIORGIO CAPRONI

Published in: on giugno 19, 2021 at 07:10  Lascia un commento  

Tu che ai valzer di un tempo

Tu che ai valzer d’un tempo
in una furia lieve di suoni
ti lasci, non senti il tempo
di questo giorno che odora
d’agrumi – non senti il lampo
sulla collina nei fumi
di marzo.
Nei tuoi profumi
remota, uno sfarzo
di giovinezza al tuo petto
arde carboni – un perfetto
sogno: le tue canzoni
diroccate dal vento.

GIORGIO CAPRONI

Published in: on marzo 19, 2021 at 07:26  Lascia un commento  

Il nome

Il nome non è la persona.
Il nome è la larva.
Di tutti i circostanti,
a malapena è salva
famelica – l’icona.

GIORGIO CAPRONI

Published in: on gennaio 14, 2021 at 07:04  Comments (1)  

Corda viva

L’oscurità dov’è argento la pioggia
sul tuo tenero viso in fuoco, Rina
ah come umanamente ora s’accorda
al buio ch’arde i selci – come inclina
alle note tue fragili! A una loggia
fresca di fiato e di spazio è vicina
nelle luci in frantumi la tua soglia
pulita – tu sei intatta alla mia prima
ansia presso i carboni dove scotta
la mia fronte rialzata. Oppure avviva
la tenebra sfiorandoti la bocca
i cumuli di brace mentre vibra
come un’arpa la pioggia – mentre tocca
l’unghia nel sangue la corda più viva?

GIORGIO CAPRONI

Published in: on Maggio 15, 2020 at 07:21  Comments (1)  

Biglietto lasciato prima di non andar via

Se non dovessi tornare,
sappiate che non sono mai
partito.                      

Il mio viaggiare
è stato tutto un restare
qua, dove non fui mai.

GIORGIO CAPRONI

Published in: on gennaio 29, 2020 at 07:27  Lascia un commento  

Venere

Dal fondo delle odorose
scogliere, al refrigerio
limpido del bel colore
marino, tu sorti accese
d’opaco lume le tenere
carni. E con trine
e con marmi
candidi e con sorrisi
di spume labili, doni
fatuo alle brezze un gioco
di prime voglie: sapori
casti di sale ai labbri
che tentano già i tuoi pii errori.

GIORGIO CAPRONI

Published in: on novembre 16, 2019 at 07:23  Comments (1)  

Ah, giovinezza

Ah, giovinezza,
come fu fragile il vento,
fra i rami, della tua voce.
Le corse, le sassaiole
a picco sulla specchiera
in frantumi dell’acqua – le bocche
trafelate, le risse
per amore, i boschivi
sguardi quasi marini
lampeggianti fra il grano
già biondo. Oh, altezza
mai più raggiunta dal fuoco
del cuore. Ti penso
col mio linguaggio di allora,
ma a freddo, lo sento dal suono
– sul marmo – di moneta falsa.
Oh stanchezza, stanchezza

GIORGIO CAPRONI

Published in: on giugno 20, 2019 at 07:22  Lascia un commento  

L’uscita mattutina

Come scendeva fina
e giovane le scale Annina!
Mordendosi la catenina
d’oro, usciva via
lasciando nel buio una scia
di cipria, che non finiva.

L’ora era di mattina
presto, ancora albina.
Ma come s’illuminava
la strada dove lei passava!

Tutto Cors’Amedeo,
sentendola, si destava.
Ne conosceva il neo
sul labbro, e sottile
la nuca e l’andatura
ilare – la cintura
stretta, che acre e gentile
(Annina si voltava)
all’opera stimolava.

Andava in alba e in trina
pari a un’operaia regina.
Andava col volto franco
(ma cauto, e vergine, il fianco)
e tutta di lei risuonava
al suo tacchettio la contrada.

GIORGIO CAPRONI

Published in: on marzo 10, 2019 at 07:01  Lascia un commento  

Perchè restare

Chi sia stato il primo, non
è certo. Lo seguì un secondo. Un terzo.
Poi, uno dopo l’altro, tutti han preso la stessa via.
Ora non c’è più nessuno.
La mia
casa è la sola
abitata.
Son vecchio
Che cosa mi trattengo a fare,
quassù, dove tra breve forse
nemmeno ci sarò più io
a farmi compagnia?
Meglio – lo so – è ch’io bada
prima che me ne vada anch’io.
Eppure, non mi risolvo. Resto.
Mi lega l’erba. Il bosco.
Il fiume. Anche se il fiume è appena
un rumore ed un fresco
dietro le foglie.
La sera
siedo su questo sasso, e aspetto.
Aspetto non so che cosa, ma aspetto.
Il sonno. La morte direi, se anch’essa
da un pezzo – già non se ne fosse andata
da questi luoghi.
Aspetto
e ascolto.
(L’acqua,
da quanti milioni d’anni, l’acqua,
ha questo suo stesso suono
sulle sue pietre?)
Mi sento
perso nel tempo.
Fuori
del tempo, forse.
Ma sono
con me stesso. Non voglio
lasciare me stesso uscire
da me stesso come,
dal sotterraneo
il grillotalpa in cerca
d’altro buio.
Il trifoglio
della città è troppo
fitto. Io son già cieco.
Ma qui vedo. Parlo.
Qui dialogo. Io
qui mi rispondo e ho il mio
interlocutore. Non voglio
murarlo nel silenzio sordo
d’un frastuono senz’ombra
d’anima. Di parole
senza più anima.

GIORGIO CAPRONI

Published in: on aprile 23, 2018 at 07:32  Comments (2)  

Strascico

Dov’hai lasciato le ariose collane,
e i brividi, ed il sangue? Nel lamento
vasto che un pianoforte da lontane
stanze nel novilunio gronda, io sento
la tua voce distrutta − odo le trame
in rovina, e l’amore morto. Il vento
preme profondo un portone – d’un cane
entro la notte, il gemitío un accento
pone di gelo nel petto. E tu i fini
denti, perché tu non riaccendi, amore,
qui dove alzava di brace i suoi vini
sul selciato ogni giovane? Un madore
di brina, ora il giornale dove i primi
crimini urlano copre, e il tuo cuore.

GIORGIO CAPRONI

Published in: on gennaio 28, 2018 at 07:09  Lascia un commento