Amo le mense operaie,
la loro intimità non ricercata,
dove le forti mani goffamente
traggono dalla giacca o dalla tuta
spiccioli e biglietti da tre rubli!
Amo entrare la sera in quel minuscolo
universo che brulica di vita,
dove il popolo autentico si affolla
allo sportello a vetri della cassa.
Qui le pareti spoglie d’ogni sfarzo
non posseggono affreschi né tappeti,
ma solo sciatte rose nei quadrati
dipinti da imbianchini non provetti:
Nei piatti vien portato il borsc 3 ardente,
fluttuano come l’afa i tagliolini,
ed i centesimi del resto ballano
dinanzi alla commessa del buffet.
Dopo essersi serviti allo sportello,
avidamente attaccano a mangiare,
ed i deboli cucchiai si incurvano
in mano alle ragazze dei sobborghi.-
Qui, volgendo l’una all’altra il viso,
assaggiando una semplice insalata,
seggono nei loro azzurri càmici
le venditrici di un vicino emporio.
Qui, con un’andatura sostenuta,
intimamente fiero di se stesso,
in un vestito che potrebbe stare
‘addosso ad un qualsiasi diplomatico,
con stivali di pelle rimboccata
ed un bel rosso in viso per riserva,
sta entrando adesso un giovane operaio
d’una brigata che s’è fatta onore.
Gli adolescenti corrono qui in frotta,
palpitando di avida impazienza,
qui c’è odore di pane e di calcina,
àlito di metallo e di minestra.
Qui tutto è aperto, tutto è comprensibile,
tutto è contrassegnato dal lavoro,
tutti mi sono prossimi e simpatici, .
e non sorto superfluo in mezzo a loro.
JAROSLAV SMELJAKOV