Plumelia

L’arbusto che fu salvo dalla guazza
dell’invernata scialba
sul davanzale innanzi al monte
crespo di pini e rupi – più tardi, tempo
d’estate, entra l’aria pastorale
e le rapisce il fresco la creta
grave di fonte – nelle notti
di polvere e calura
ventosa, quando non ha più voce
il canale riverso, smania
la fiamma del fanale
nel carcere di vetro e l’apertura
sconnessa – la plumelia bianca
e avorio, il fiore
serbato a gusci d’uovo su lo stecco,
lascia che lo prenda
furia sitibonda
di raffica cui manca
dono di pioggia,
pure il rovo ebbe le sue piegature
di dolcezza, anche il pruno il suo candore.

LUCIO PICCOLO DI CALANOVELLA

Published in: on febbraio 4, 2021 at 06:53  Lascia un commento  

I giorni

I giorni della luce fragile, i giorni
che restarono presi ad uno scrollo
fresco di rami, a un incontro d’acque,
e la corrente li portò lontano,
di là dagli orizzonti, oltre il ricordo,
la speranza era suono d’ogni voce,
e la cercammo
in dolci cavità di valli, in fonti
oh non li richiamare, non li muovere,
anche il soffio più timido è violenza
che li frastorna, lascia
che posino nei limbi, è molto
se qualche falda d’oro ne traluce
o scende a un raggio su la trasparente
essenza che li tiene
ma d’improvviso nell’oblio, sul buio
fondo ove le nostre ore discendono
leggero e immenso un subito risveglio
trascorrerà di palpiti di sole
sui muschi, su zampilli
che il vento frange, e sono
oltre le strade, oltre i ritorni ancora
i giorni della luce fragile, i giorni.

LUCIO PICCOLO DI CALANOVELLA

Published in: on gennaio 25, 2020 at 07:27  Lascia un commento  

Gioco a nascondere

E il gioco si prolunga
e il gioco non ha fine,
al nascondiglio segue
subito scoprimento,
(bolle d’aria emergiamo
su per l’albe polari
del lucernale…) batte
leggero di nuovo nell’alto,
scivola nell’interno
penetrale, e sale attraversate
baluginanti di marmi
pendenti di cristalli
o di sibille assorte
nei manti dei portali,
girano come chiatte
sovra il perno dell’ombra,
(uno spettro di stagnola
al gesto d’un fanale
striscia si frange è spento)
slungati a dismisura
sotto un divano sorgiamo
nastro esiguo, non visti
sentiamo come i morti,
o come la foglia grande
triangolare che sbuca
dai velari dell’aria
(convergenti occhi di vuoto
bocca d’un taglio)
che gira sospesa un momento
gira guarda e dispare,
e il passo è sempre più
veloce, tutt’uno con le pareti
col respiro polveroso
dei tappeti, scorre l’inafferrata
farandola, la ridda
vana che non ha centro,
e quello ch’era strillo
di gioco ora è terrore…
di minuto in minuto
s’attende che dal muto
sbadiglio dello stipo
socchiuso si levi l’archetto
del nero contrabasso…
Ma in questa fuga dal mondo illusorio
ch’eludere vuole lo spazio
in alto, in alto s’è disciolto un nodo
di limpidi astri che teneva ascoso
il nuvolame, e splende e oscilla:
una dolce lampada di riposo
brucia ancora per noi sul promontorio?

LUCIO PICCOLO DI CALANOVELLA

Published in: on marzo 25, 2019 at 07:39  Lascia un commento  

Ronda

Nell’ore a capo chino, nell’ore
perdute, a volte d’intorno
si libra ronzando, ci sfiora
la ronda di sillabe mute,
gli scarabei della favola! accenni
di labiali, di sibilanti senza
vocali, impalpabili impronte
di voci negate anelanti
a una cellula d’aria che vibra;
messaggi degli erebi vani
che in noi scava il tempo, svanite
crisalidi d’aspettazioni
discese senza ritorni
che forse un barlume rimuove
da un labirinto di giorni,
in bilico su minimi vortici
di silenzio, o sospese ad un filo
di senso, hanno la misura
dell’attimo di sabbia che scende…
poi dispaiono, le riprende
un’altra ronda più scura.

LUCIO PICCOLO DI CALANOVELLA

Published in: on marzo 6, 2018 at 07:08  Lascia un commento  

Alla luna

Quando così ti sbianchi
quasi disfatta, incerte
parvenze hai d’antichissimi
sfocati volti.

Forse sgomenti spettri
sorpresi all’alba in fuga.

Quando t’arrossi torbida
sanguigne voglie fermenti
e forse hai mari in collera
furia di venti cinerini
nei cieli gonfi.

Fra bianchi abeti senti d’ululato
fai specchio il lago
e sgorghi nebbia azzurra nel silenzio
destandoci fantasmi di memorie
e infiniti abbandoni

lontanissima luna.

LUCIO PICCOLO DI CALANOVELLA

Scirocco

E sovra i monti, lontano sugli orizzonti

è lunga striscia color zafferano:

irrompe la torma moresca dei venti,

d’assalto prende le porte grandi

gli osservatori sui tetti di smalto,

batte alle facciate da mezzogiorno,

agita cortine scarlatte, pennoni sanguigni, aquiloni,

schiarite apre azzurre, cupole, forme sognate,

i pergolati scuote, le tegole vive

ove acqua di sorgive posa in orci iridati,

polloni brucia, di virgulti fa sterpi,

in tromba cangia androni,

piomba su le crescenze incerte

dei giardini, ghermisce le foglie deserte

e i gelsomini puerili – poi vien più mite

batte tamburini; fiocchi, nastri…

Ma quando ad occidente chiude l’ale

d’incendio il selvaggio pontificale

e l’ultima gora rossa si sfalda

d’ogni lato sale la notte calda in agguato.

LUCIO PICCOLO DI CALANOVELLA