Orario ferroviario

Allineati dietro quel cristallo
dicono i libri miei titoli e prezzi:
dove sei tu, mio buon libretto giallo,
unico libro che ora io cerchi e apprezzi?

Modesto sei come il mio canto, piccolo
come il mio cuore che non teme indagine.
Ecco, non sei piu grande d’un fascicolo
ed hai trecento quattrocento pagine.

Tutte conosci le città de’ miei
sogni e i paesi che non vedrò mai;
tutte le strade che saper vorrei
come per insegnarmele tu sai.

Tutto tu sai: costumi, alberghi, date,
e tutto insegni per ogni viaggio.
Tu servi chi ti dà rapide occhiate
tanto preciso sei nel tuo linguaggio.

Forse non c’è nessuno che s’arrischi
ad andar lungi senza i tuoi consigli
ed alle tue crocette ed asterischi
e alle lune e alle frecce non s’appigli.

Ben conosci le stazioni, sai fino
quali san darci il cibo o solo il bere
e ce lo dici con un coltellino
ed una forchettina o col bicchiere.

Ben tu conosci i numeri che buoni
s’allinean nelle pagine in colonne:
quei numeri che poi non addizioni
son tutte l’ore della vita insonne.

E a me dici: “Poeta, a che t’indugi”
fra le tue carte e il tuo cuor che non sa
se nemmeno nei piccoli rifugi
s’appiatta e ride la felicità?”

MARINO MORETTI

Published in: on Maggio 9, 2021 at 07:05  Lascia un commento  

La signorina più vecchia di me

Se amassi voi, se amassi voi che avete
dieci anni più di me, che su la fronte
gialliccia avete ormai tutte le impronte
di quei dieci anni d’ansietà segrete!

Voi lavorate accanto alla finestra
fiorita di vasetti di vaniglia,
e siete ancora figlia di famiglia,
e avete la patente di maestra!

Che tristezza pensarvi! Avete amato
una sol volta quindici anni fa;
ma, ohimè, raggiunta la felicità,
vi morì di pleurite il fidanzato.

Un mese prima delle nozze! Ebbene,
vi giuro che geloso io non sarei
del suo ricordo e vi permetterei
di ripensarlo e di volergli bene.

E se un giorno appressassi al vostro stanco
volto o ai capelli le mie labbra amare
non mi dispiacerebbe di baciare
una ruga profonda, un filo bianco!

Dolce sarebbe la mia vita, uguale,
placida, tra i vasetti di vaniglia,
e, intenta al batter delle vostre ciglia,
scorderebbe i suoi sogni ed il suo male.

E vi direi prendendovi le dita
un po’ indurite, un po’ forate in cima:
«Posso giurarti che tu sei la prima,
la prima donna che amo per la vita!»

E allora, con un gesto un po’ materno,
voi mi direste, flebile: «Bambino!»,
ma mi verreste sempre più vicino
per sussurrarrni: «In eterno! In eterno!».

 

MARINO MORETTI

Published in: on aprile 10, 2021 at 07:36  Comments (1)  

La prima pioggia

Scendon le gocce della prima pioggia
che sui selciati ancor timida batte,
mentre settembre lietamente sfoggia
l’ardore delle sue bacche scarlatte.
E le foglie chiacchierine
parlano dell’autunno che ritorna
e che sotto la pioggia fine fine
di pampini e di bacche agile s’adorna.

MARINO MORETTI

Published in: on novembre 13, 2020 at 07:35  Comments (2)  

La signora Lalla

.
Quando l’anima è stanca e troppo sola
e il cuore non basta a farle compagnia
si tornerebbe discoli per via,
si tornerebbe scolaretti a scuola
Oh sì! prendiamo la cartella scura.
il calamaio in forma di barchetta,
i pennini, la gomma e la cannetta,
e la storia sacra e il libro di lettura.
E ripetiamo: S’ode… s’ode a destra
uno squillo di tromba…, per la via,
o il «Cinque Maggio» o l’altra poesia
che dovremo dir tra breve alla maestra.
Andiamo, andiamo! Il tema è messo in bella!
Andiamo, andiamo! Il tema è messo
in buona!
Dio, com’è tardi! La campana suona…
Fra poco suonerà la campanella…
Ma che dico? E’ domenica, è vacanza!
Non c’è scuola, quest’oggi: solamente
c’è da imparare un po’ di storia a mente
soli, annoiati, nella propria stanza.
C’era una volta – ora mi viene a mente
la scuola della festa. Era una scuola
alla buona, così, con una sola
maestra, vecchia, senza la patente.
Signora Lalla, dove sei? T’aggiri
nella tua casa piena di panchetti
o su un quaderno scrivi un 5 e metti
un punto sopra un i, con due sospiri?
Signora Lalla, hai più quel mio ritratto
ch’io ti donai per Sant’Eulalia? e quella
treccia, in un quadro, d’una tua sorella
defunta? e l’altarino è ancora intatto?
Forse sei morta. Ed i tuoi strani oggetti
sono scesi con te, con la tua spoglia
dentro la fossa. La tua casa è spoglia
dei quadri, dei presepi e dei panchetti.
Che importa? Io t’amo e tu sei viva, o muta
immagine che guardi i miei quaderni
d’ora e i noti caratteri vi scerni
con uno sguardo di sopravvissuta.
Come son vani, come son diversi,
signora Lalla, i miei compiti d’ora.
Dimmi, vuoi riguardarmeli tu ancora?
Sembra uno scherzo, ma son tutti in versi.
.
MARINO MORETTI
Published in: on marzo 20, 2020 at 07:43  Lascia un commento  

Il vecchio Natale

Mentre la neve fa, sopra la siepe,
un bel merletto e la campana suona,
Natale bussa a tutti gli usci e dona
ad ogni bimbo un piccolo presepe.

Ed alle buone mamme reca i forti
virgulti che orneran furtivamente
d’ogni piccola cosa rilucente:
ninnoli, nastri, sfere, ceri attorti…

A tutti il vecchio dalla barba bianca
porta qualcosa, qualche bella cosa.
e cammina e cammina senza posa
e cammina e cammina e non si stanca.

E, dopo avere tanto camminato
nel giorno bianco e nella notte azzurra,
conta le dodici ore che sussurra
la mezzanotte e dice al mondo: È nato!

MARINO MORETTI

Published in: on dicembre 25, 2019 at 07:11  Lascia un commento  

La domenica della pioggerella

Chinar la testa che vale?
e che vai nova fermezza?
io sento in me la stanchezza
del giorno domenicale;

del giorno un po’ lacrimoso
che dà i pensieri più tetri
e fa cercare oltre i vetri
ignote vie di riposo.

Dall’alto della sua gruccia
il pappagallo mi guarda,
e la sua voce beffarda
m’entra nel cuore e mi cruccia;

da una cornice, spavalda,
Carmen si strugge per me
ed io, tremante José,
sogno la carne sua calda;

ma, presso a Carmen, continua
un oriolo il suo metro
e l’ammonimento tetro
fino nel cuor mi s’insinua!

E intanto, intanto di fuori
continua a piangere il cielo,
continua a stendere un velo
grigio sugli ultimi fiori,

e una remota campana
continua i lenti rintocchi
solo perchè dai nostri occhi
scenda una lacrima vana.

Città che amai, che nell’ore
più sante della mia vita
deste una brama infinita
al mio trepidante cuore,

città divine ove fu
più forte il desìo d’amare,
mi pare, adesso, mi pare
che non dobbiate esser più,

che questo grigio v’asconda
per sempre agli occhi mortali
o vi faccia tutte uguali
questa tristezza profonda!

MARINO MORETTI

Published in: on Maggio 29, 2019 at 07:23  Lascia un commento  

Canzone di giugno

Stormiscono le fronde
nell’aria greve e il sole
ride alle prataiole
ed alle biche bionde,
e rende tutto l’oro
il campo donde arriva
la canzone giuliva
dell’agreste lavoro.
Ecco, è piena la spiga
e la falce è nel pugno;
il buon sole di giugno
rallegra la fatica.
E la canzone sale
dal campo del lavoro
e s’accompagna a un coro
stridulo di cicale;
e sale il canto anelo
da bocche più lontane
lodando in terra il pane
ed il buon padre in cielo.

MARINO MORETTI

Published in: on luglio 31, 2017 at 07:38  Comments (4)  

Hortulus

Io non odo i miei passi sul tappeto
d’erba su cui m’aggiro
contenendo il più piccolo respiro
come per cura d’essere discreto.
Ricordare è qui dolce. Ogni fil d’erba
potrebbe ricordare
ché molto sa. Quante memorie care
questo stretto recinto anche ci serba.
Qui si può amare e il crisantemo e il verme
e il vaso della menta,
l’ultimo cespo e la corolla spenta,
la foglia secca e le fogliette inferme.
Esser qui sempre come un’ombra, come
un’indistinta forma di passante;
restare fra le piante
non più di un’ombra, che, fra tante, ha un nome.

MARINO MORETTI

Published in: on settembre 2, 2016 at 07:09  Lascia un commento  

Ancor la rima

Ho la rima nel sangue.
Con la rima divengo un purosangue.
Ringiovanisco, sono come prima.
Perché siete anche voi contro la rima?
È lei che mi sostiene,
è lei che mi mantiene,
è a lei che voglio bene
è da lei che s’attende arguzia e stima.
Perché siete anche voi contro la rima?
È così intelligente,
è così intraprendente
è così sorprendente
è così divertente… e non è niente.
Perché siete anche voi contro la rima?
(Lo so, lo so da prima,
ch’io non merito allori né percosse:
la rima è la mia tosse.)
Letto stanotte, insonne,
un canto di pastor ch’erra nell’Asia
dopo il Sabato e il Passero,
dopo Consalvo e Aspasia,
riapprodando a care
recanatesi sponde.
E nel silenzio era tutto un cantare.
Ma ciò che in me cantava, e ancora canta,
era la rima in ale,
era fatale, cale, frale, male,
immortale, mortale
nel ritmo d’una notte quasi santa.
In fin di strofe, ale, ale,
è funesto a chi nasce il dì natale.

La rima è la mia tosse? E si ribella!
Ché se un perfetto gioco di parole
che s’immalinconiscono nel sole
oggi non ha per sé che disistima,
poeta senza rima
non è poeta vero, a volte, o spesso,
la rima è tutto come per me… adesso.

MARINO MORETTI

Published in: on ottobre 24, 2015 at 07:40  Comments (3)  

Elogio di una rosa

Rosa della grammatica latina
che forse odori ancor nel mio pensiero
tu sei come l’immagine del vero
alterata dal vetro che s’incrina.

Fosti la prima tu che al mio furtivo
tempo insegnasti la tua lingua morta
e mi fioristi gracile e contorta
per un dativo od un accusativo.

Eri un principio tu: ma che ti valse
lungo il cammino il tuo mesto richiamo?
Or ti rivedo e ti ricordo e t’amo
perché hai la grazia delle cose false.

Anche un fior falso odora, anche il bel fiore
di seta o cera o di carta velina,
rosa della grammatica latina:
odora d’ombra, di fede, d’amore.

Tu sei più vecchia e sei più falsa, e odori
d’adolescenza e sembri viva e fresca,
tanto che dotta e quasi pedantesca
sai perché t’amo e non mi sprezzi o fori.

Passaron gli anni: un tempo di mia vita.
Avvizzirono i fior del mio giardino.
Ma tu, sempre fedele al tuo latino,
tu sola, o rosa, non sei più sfiorita.

Nel libro la tua pagina è strappata,
strappato il libro e chiusa la mia scuola,
ma tu rivivi nella mia parola
come nel giorno in cui t’ho “declinata”.

E vedo e ascolto: il precettore in posa,
la vecchia Europa appesa alla parete
e la mia stessa voce che ripete
sul desiderio di non so che cosa:

Rosa, la rosa
Rosae, della rosa…

MARINO MORETTI