Vivere a metà.
So di che si tratta.
E’ come fare l’amore con il cuore che dorme.
Respirare con un polmone che si rifiuta di aprirsi.
Solo scrivendo mi sento un’intera poesia.
Mattino


Amnesia
( ho visto, ho udito, ho trovato )
In un mondo che è cambiato
poi mi sono ritrovato
a scoprir chi mai io ero
senza il peso del pensiero.
Ecco qua quel che mi resta
della notte la tempesta
e il fulmine cascare
e il tuono poi arrivare
e il vento sollevarsi
e l’albero spogliarsi
e dell’alba la sua aurora
e una vecchia tutta sola
e le nuvole nel cielo
e dell’anima il disgelo
e una mano sulla spalla
che ti fa tornare a galla
un sorriso regalato
che non ho
poi ricambiato
camminar
e ritrovar poi la fede
quella cui
a un Dio si crede
riscoprir l’odor del pane
e le mani tesser lane
contadini trebbiare il grano
e una penna nella mano
dei bambini in girotondo
che cambiar possono il mondo
e un vecchio tra i rifiuti
nella fame Dio l’aiuti
una rosa calpestata
che qualcuno l’ha gettata
quando dormon tutti quanti
nella notte siamo in tanti
camminare a piedi nudi
il sudore sulla fronte
e dei piedi le mie impronte
una spada di cartone
e di un bimbo l’emozione
e l’amor e la sua pazzia
e del mondo la follia
e gli sguardi sconosciuti
e il mondo e i suoi rifiuti
lavorare venti ore
sentir batter forte il cuore
dagli sbagli poi imparare
che l’immenso è del mare
e la pace che è su un monte
nel silenzio che ho di fronte
e una lacrima che scende
chi alla vita non si arrende
e in un letto di ospedale
quella forza di lottare
di chi soffre e poi sta male
e all’ospizio della gente
che ha qualcun non serve a niente
e se senti un tuffo al cuore
quello li è il vero amore
e dell’anima il lamento
e del cuore il suo tormento
e se poi non sei ricambiato
conta quello che hai provato
e la gente che correva
dietro cosa non sapeva
un’amica che soffriva
e luna che spariva
ho sentito poi parole
spaccar pietra intorno al cuore
colorare con le dita
che comunque questa è vita
che gli sbagli tutto in fondo
li fan tutti in questo mondo
e se non siamo tutti uguali
se cerchiamo abbiamo l’ali
io ho trovato il mio cammino
se mi incontri sarà il destino
ecco qua quel che ricordo
caso mai poi me lo scordo
Pierluigi Ciolini

Un gelido soffio di vento
(alla mia mamma)
Un gelido soffio di vento, nella stanza indifesa sono scolpiti tredici lunghi anni, adesso sei più bianca di una lacrima più eterea di una nuvola più azzurra del cielo che svetta sulla mia testa più infinita dell’orizzonte che lo sguardo brama rapito, sei tornata sole nel sole vento nel vento continui a starmi accanto aura ed ombra al mio corpo non sei svanita nel nulla sei tornata all’eterna dimora d’Amore: respiri serena la luce divina dell’Universo.
Il mostro mangiacarta


Addio
Una stazione grigia, noi silenziosi,
come il tempo avesse rubato le parole.
La passione, che ci ha coinvolto, si sta trasformando
in dolore per l’abbandono.
Si rompe il silenzio con le tue parole,
le sussurri piano, quasi temessi che qualcuno te le portasse via.
Ti lascio una parte della mia vita, per quanto poco sia,
l’abbiamo vissuta assieme, ti appartiene.
Quegli attimi rubati dalla vita quotidiana erano per noi importanti,
intensi, non servivano le parole, i baci, le carezze, parlavano il linguaggio
dell’amore, un amore travolgente, il ricordo di esso mi fa arrossire,
non mi pento, ho preso dalla vita ciò che essa mi ha offerto.
Seduto sul treno, guardavi fuori dal finestrino,
il tuo sguardo spaziava nel paesaggio, eri già lontano,
tu per la tua strada io per la mia.

Cosa ne stai facendo di te? E’ solo un temporale. Passerà
Tu non cancelli mai la tua arte
nemmeno te lo chiedesse un cane un idiota tua madre
tu non cancelli mai la tua arte.
È straordinario! Lo capisci? È straordinario!
Credo che con i pochi soldi che mi sono rimasti
comprerò due grandi tele
forse due metri o tre o magari mezzo chilometro di tele
le sovrapporrò l’una all’altra.
Sulla prima tela infierirò con i pugni con le unghie con i morsi
e se non ti sembrerà abbastanza
con un taglierino
così da farla sembrare la pelle di un uomo
dilaniata crocifissa scarnificata
e sulla tela, seconda pelle, che apparirà di sotto
dipingerò tanti piccoli tagli,
non userò il colore rosso
ma il castano il verde e l’arancione
come i tuoi capelli le tue scarpe il tuo rossetto
lo intitolerò:
cosa ne stai facendo di te?
È solo un temporale.
Passerà.
Il problema è che ho molto di più di ciò che mi serve
ma è come se volessi tutto tutto tutto
mi chiedi : – quando capisci di aver finito un lavoro? –
ti domando: -come si capisce di aver finito di fare l’amore?-
e concludo dicendoti che se avessi la possibilità di essere un altro
di essere chiunque io desideri
vorrei essere te. Amore mio…

M’è cara solitudine
M’è cara, solitudine, soltanto dopo amore;
come m’è caro il verde dell’acqua
e l’ogni vista, sul marmo delle belle fontane
dove china
mettevi bocca e gonna scozzese.
E me, vicino, nel tentativo poco riuscito di salvare
almeno i piedi dalle freddate
dai ricami, che intorno al labbro e fino ai tuoi nei
ti usava il sole.
M’è cara come certe conchiglie da non dire
quell’utopia che in mezzo alle gambe
altro che mare!
E che mostrare corpo regina!
Da un balcone, un parapetto
o altre prospettiche teatrali.
M’è cara come tua consistenza, come il melo
che l’ombra catapulta sopra la rete e il prato;
m’è cara come prima del sonno la tua vena
la pulsazione e il pari respiro,
la tua coscia
e l’ombelico che non sta zitto, neanche a notte.

Le lunghe sere d’estate
Son troppo lunghe le sere d’estate
che quasi toccano l’alba.
Esausti i grilli reclamano
le instancabili cicale.
Il sole illumina fino a tardi
i pensieri degli uomini,
impazienti del chiarore lunare
per la tregua tanto attesa.
Eppure vi adoro
interminabili sere d’estate
perché rendete
interminabile
anche il mio amore.
