Un gelido soffio di vento

(alla mia mamma)

Un gelido soffio di vento,
nella stanza indifesa
sono scolpiti
tredici lunghi anni,
adesso sei più bianca
di una lacrima
più eterea di una nuvola
più azzurra del cielo
che svetta sulla mia testa
più infinita dell’orizzonte
che lo sguardo brama rapito,
sei tornata sole nel sole
vento nel vento
continui a starmi accanto
aura ed ombra al mio corpo
non sei svanita nel nulla
sei tornata all’eterna dimora d’Amore:
respiri serena la luce divina dell’Universo.

Roberta Bagnoli

Published in: on luglio 4, 2012 at 07:13  Comments (7)  
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Per inverse ragioni

Non posso amarla questa donna
che vive senza baricentro
dimentica del muscolo striato (dirne così
fa colloquiale diagnostico)
una che se ne frega del sistema filtraggio
e degli zuccheri.

Se – come di straforo – i calendari
accumulano giorni mesi anni
disattendendo oscure predizioni
è pure certo che
dal pedinamento dell’ossuta
vive mostrando il dito (voi lo sapete quale)
e latitando
da sola si condanna in contumacia

presente nella gabbia
un rimasuglio d’imputata

no, non l’amo e dio sa quanto vorrei
e nel contempo mi sorprendo
di come riesca ad apparire intatta

Cristina Bove

La notte del falò migliore

Quando da queste mani aperte
il mare è lontano, lontanissimo,
nell’ora della calma solitudine
io guardo sempre il cielo.

Non più l’onda dei primi sogni
dentro i grandi occhi scuri
né l’imponente nave americana
da seguire fino a non vederla più.

Ora, qualche azzurro su di me
e nuvole ad imitar le spume
me lo ricordano, quel mare.
Ma non è la stessa cosa, non è.

Assente è la notte del falò migliore,
acceso sottovoce sulla riva amica
coi rami secchi a sfiorare l’acqua
e poi vedere quant’eravamo bravi.

Falchi e puledre disposti a mezzaluna,
tutti a bruciare i giornali dei grandi.
tutti a fissare il rosso che cresceva,
la stanchezza messa un po’ in disparte.

L’amore, allora, si muoveva in fretta,
al solo accenno d’uno sguardo appena,
al primo vento di confuse tenerezze,
al passo lesto dei migliori anni.

Aurelio Zucchi

Sui gradini del tempo

Quando la somma degli anni
arriva al punto
e volge il segno
alla polvere patria
che si leva
cerco la chiave
per aprire il muro,
rovistando tra pezzi
latenti di vita
ricupero
un esame di coscienza
ed un passaporto di memorie
per non precipitare.

Giuseppe Stracuzzi

Published in: on giugno 16, 2012 at 07:35  Comments (6)  
Tags: , , , , , , , , , , , , , ,

Colloquio con mia madre

Dolore segreto
.
T’ho vista piangere
di nascosto,
mentre il sole di novembre
si posava stanco
sui tuoi capelli bianchi
e gli anni fuggivano tumultuosi
verso il tramonto della vita.
.
Doni
.
Tu hai seminato in me
soltanto cose buone,
prime fra tutte
l’allegria e la mitezza.
Quando sei morta,
è fiorita
anche l’accettazione del dolore
e della morte.

.
Nino Silenzi

Published in: on giugno 16, 2012 at 07:26  Comments (4)  
Tags: , , , , , , , , , , , ,

Quasi tutto passa

 
Inesorabilmente
giorni ed anni
nel mutar
delle stagioni.
Cambiano
le mode
i governi.
Solo
la stupidità
dell’uomo
è statica.
Da sempre
sfoggia
una corona
di pietra
istorïata
di guerre.

Graziella Cappelli

Published in: on giugno 11, 2012 at 07:07  Comments (17)  
Tags: , , , , , , , , ,

Contatto

Accarezzo con mano leggera, quasi a sfiorare,
il tuo corpo disteso al mio fianco,
con occhi chiusi lasci scorrere il tempo, vorrei fermarlo,
troppi sono gli anni che le mie mani ti sfiorano.
Il tempo a me segnato si accorcia inesorabilmente.
Mi restano i ricordi di notti meravigliose trascorse
a sognare un futuro migliore, viaggi lontani,
tramonti in riva al mare, scalate e rifugi tra i nostri monti.
Ora ricordo il passato,
quel passato diviso in due nel bene e nel male,
sempre solo noi.
Non voglio staccare questa mia mano dal tuo corpo assonnato,
non voglio spegnere questo incanto,
creato da un contatto innocente come una carezza.
Inconsapevole tu dormi, un respiro profondo scuote le tue membra
Quasi fosse una risposta ai miei pensieri.
Un grazie dato attraverso il contatto di due corpi inseparabili da sempre.

Gianna Faraon

Bologna

Ci sono porti intravisti dal mare
e città sorvolate di fretta
dove arriva il tuo viaggio distratto
Bologna invece ti abbraccia
è visione emersa dal cuore
che sale da bassa pianura
e rossa di terra e di umore
innalza il tuo sguardo
e due dita a indicarti il suo cielo
Mi ricordo ero giovane un giorno
dei giorni padrone e dei sogni
Un sogno era là a portata di mano
ed io giocavo a pensarmi una vita
scegliendola nuova e diversa
nel grembo di madre benevola e opìma
scrigno turrito di amore e buon tempo
aperto al mondo e a tutte le strade
Ma gli anni passano e i sogni invecchiano
chissà mai se una Dotta insegnante
uno sbaglio di troppo mi avrebbe evitato?
Ora che imbianco vorrei chiederlo a lei
ma la trovo nebbiosa e distante
E’ una donna violata e percossa
la bella che perse un dì l’innocenza
tra un nero di sangue e di macchine bianche
e più allegra non danza sull’aia
ormai tutta sommersa di “neve
Ma io con giovani occhi la guardo
come fanno in eterno gli amanti
e mi immagino scendere un giorno
sul sagrato di quella stazione:
ad accogliermi vedo già i musici
cantastorie sapienti e poeti
che il mio tempo hanno allietato
Loro sì che il mestiere conoscono
di scacciare quei neri fantasmi
e tra un sorso un accordo e un sorriso
torneranno a narrarmi gioiosa
di Bologna la sua favola antica.

Massimo Reggiani

Domani

MAÑANA

«Mañana». La palabra
iba suelta, vacante,
ingrávida, en el aire,
tan sin alma y sin cuerpo,
tan sin color ni beso,
que la dejé pasar
por mi lado, en mi hoy.
Pero de pronto tú
dijiste: «Yo, mañana…»
Y todo se pobló
de carne y de banderas.
Se me precipitaban
encima las promesas
de seiscientos colores,
con vestidos de moda,
desnudas, pero todas
cargadas de caricias.
En trenes o en gacelas
me llegaban -agudas,
sones de violines-
esperanzas delgadas
de bocas virginales.
O veloces y grandes
como buques, de lejos,
como ballenas
desde mares distantes,
inmensas esperanzas
de un amor sin final.
¡Mañana! Qué palabra
toda vibrante, tensa
de alma y carne rosada,
cuerda del arco donde
tú pusiste, agudísima,
arma de veinte años,
la flecha más segura
cuando dijiste: «Yo…»

§

“Domani”. La parola
libera, vacante, senza peso,
si muoveva nell’aria,
così senz’anima e corpo,
senza colore nè bacio,
che l’ho lasciata passare
al mio fianco, nel mio oggi.
Ma all’improvviso tu
hai detto: “Io, domani…”
E tutto si è animato
di carne e di bandiere.
Mi si precipitavano
addosso le promesse
di seicento colori,
con vestiti alla moda
nude, ma tutte
ricolme di carezze
In treni o gazzelle
mi giungevano – acute,
suoni di violini –
snelle speranze
di bocche verginali.
O veloci e grandi
come navi, di lontano,
come balene
da mari remoti
immense speranze
d’un amore senza termine.
Domani! Che parola
vibrante, tutta tesa
di anima e carne rosata,
corda dell’arco dove
tu hai messo, acutissima,
arma di venti anni,
la freccia più sicura
quando hai detto: “Io…”

PEDRO SALINAS Y SERRANO

A mia madre

E’  un languore di malinconia
uno spasmo dell’anima
se ti penso ora
che ho più di sessant’anni
è  smarrimento
ormai inusuale
un fremito del sentimento
che mi prende ancora
malgrado il tempo passato
al pensiero che non sei più con me
ma è anche rassicurante certezza
morbida tenerezza
se ti sento ancora parlare
dentro di me
consapevole ormai
che sarà così per sempre
fino a che
forse
un giorno
ti rivedrò.

Sandro Orlandi