Che quasi non mi vedi,
che quasi non mi senti.
Che quasi ti ho baciata e il sapore è un calendario
un chiavistello per le abitudini
un rosario; che non ricordo più le preghiere
neanche i sassi
sotto le scarpe mezze slacciate
nelle mani, di chi meglio di dio ha trovato altro da fare.
Lanciare foglie quasi a colpirne cento
uccelli, un quasi rondine a sera, un quasi amore
per quelle canottiere pulite a sgocciolare
per quelle motorette a freddare
per le madri, svogliatamente nude
che smorzano la luce.
Che quasi vedi bene lo stesso, il prato è bianco.
La polvere sottile nell’occhio della notte,
la lacrima che scappa a pulirlo
e un quasi è bello
sapere le tue braccia che prima o poi verranno.
Poesia quasi d’amore

Anima mia
Anima mia
chiudi gli occhi
pian piano
e come s’affonda nell’acqua
immergiti nel sonno
nuda e vestita di bianco
il più bello dei sogni
ti accoglierà
anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
abbandonati come nell’arco
delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi
chiudi gli occhi pian piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde
anima mia.
NAZIM HIKMET

Giorni
Non uno a farmi il filo
e tirarmi su lo zigomo,
mi saltellano in tanti
repentini,
con il carrello della spesa,
girano intorno alla caviglia
ch’è già stata compromessa.
Si prendono di me
il canto morto in gola,
il filler non assolve
la piega giro bocca,
né contrae la smorfia
di stupore, alla bimbetta
che trascina il sole.
E il dopo, torna indietro
mi sale sulla ruga,
tento braccia alzate
l’invito a proseguire,
annodo ancora il verso
del mattino,
chè avere l’oro sulle spalle nude
non è premessa inutile,
né gioco.

Dove la mente non conosce paura
WHERE THE MIND IS WITHOUT FEAR
Where the mind is without fear and the head is held high
Where knowledge is free
Where the world has not been broken up into fragments
By narrow domestic walls
Where words come out from the depth of truth
Where tireless striving stretches its arms towards perfection
Where the clear stream of reason has not lost its way
Into the dreary desert sand of dead habit
Where the mind is led forward by thee
Into ever-widening thought and action
Into that heaven of freedom, my Father, let my country awake.
§
Dove la mente non conosce paura e la testa si tiene alta,
dove il sapere è libero,
dove il mondo non è frazionato dalle anguste pareti domestiche.
dove le parole sgorgano dalle profondità del vero,
dove lo sforzo instancabile tende le braccia verso la perfezione,
dove il limpido ruscello della ragione non ha deviato
nel monotono deserto sabbioso delle viete abitudini,
dove la mente è da Te indotta
verso pensiero ed azioni sempre più vasti:
sotto questo cielo di libertà, Padre mio,
fà che il mio popolo si desti.
RABINDRANATH TAGORE

La tempesta
E non m’importa del seme sradicato
dell’alberata braccia protese
dei cavalli
che cento, forse mille, già battono sul muro.
Natura e privilegio m’è l’esserti vicino,
sopra le tempia, uscio del fuoco;
benestante
dell’oro dei capezzoli e dell’ombra del mascara.
M’è privilegio e risa felici, pasto nudo
protervia sdolcinata del fiore che s’allaga.
M’è privilegio come tra l’onde farmi remo
cavare luce e aria con bocca da gigante
con occhi liquefatti e guardinghi.
Ché sicura, tu sei come lettiga in stagione di bufera
come la piaga avvolta nel lino
rossa
scura;
la via di guarigione che, netta, fa l’amore.

Mia
Un sogno forte
e tra le mani solo polvere
rincorsa assurda d’una felicità
nei prati colorati di rosso.
Profumo d’oblio
devasta il cuore
la mente è nebbia
nelle sere stanche di pioggia.
Vene azzurre di mare
è onda che torna
questo battito anomalo
le braccia intorno
ad abbracciare me stessa
il mio corpo l’anima
un puzzle da rimettere insieme
per sentire che sono mia.
astrofelia franca donà

Ecco come
La mia piccola
la vidi andare,
andare con lo sguardo
immoto, stanco
senza sapere
tremare di brividi,
strani palpiti
ignoti nell’ombra.
Poi, d’improvviso,
il balenio lontano
luce immensa
e slanciarsi anelando,
e correre, correre,
occhi abbagliati,
braccia protese,
non sentir se la fronte
avvampa,
se il respiro è breve
nell’ugola riarsa,
soffocando il dolore.
Poi stramazzare,
di schianto.
Sprofondare nel nulla,
nel vuoto sorridendo
nella Luce: Io Sono.
Negli occhi una stilla di pianto.

Onironauta
Un mordersi continuo
come a sfamarsi degli umori
fermare il flusso d’un tempo caldo
che ancora avverte d’esser vivi
a toccarsi le gambe pare strano
testimoniare tutti i giorni
sedute o deambulanti
e le braccia una loro geografia
di vene e squame
sognare alligatori sotto il letto
i figli sparsi da salvare
urlavo
nessuno mi ascoltava
ridevano di quelle care bestioline e
non aver paura, sciocca, vedi che sono innocui?
Non era vero
li mangiarono tutti grandi e piccoli
qui ci vorrebbe un gesucristo armato – pensavo –
che se aspetto miracoli…
ho poi guardato ho visto tra le fauci
d’una stanza affamata di me
scricchiolarmi di ossa
espropriarmi di sangue e d’ogni fluido
in questo sogno che rimane fisso
e so
d’essere sveglia.

Nel bosco sospeso


Poesia

