
Liquido


E sul finir
Chiudo gli occhi su emozioni
senza valigie il cuor
a riporrer va in cassetti
sogni per riposare
e il vento cala
su silenzi
che rompo strappando
respiri di carta
nell’amarezza
la bassa marea fa spiaggiar
l’anima resa cieca
dal mosto di pensieri
mentre
un altra alba passeggera
sola
indugia
con un biglietto in mano
al capolinea della notte

Piove


Origami
scrittura di carta
amalgamata
rosa- ritorta
pagina senza ritagli
volta all’illusione:
semplice lato sfumato
della mia condizione
Giorno giocato con la regola
dell‘impaginazione
che si reclina osservata
dalla mia piega sorridente sul foglio.

Bacio al cioccolato
Avvolto
in carta satinata
un abbraccio dolce
crocchia il pensiero
si scioglie in languore
fondente carezza
energia sprigiona
e diventa bacio
fin nel profondo
oltre la bocca
* nel cuore.
astrofelia franca donà

Vangando
DIGGING
Nicking and slicing neatly, heaving sods
§
Quatta quatta con il colpo in canna
Fra medio e pollice sta la penna.
Sotto la finestra un raspo netto all’internarsi
Della vanga nel terreno ghiaioso:
È mio padre che dissoda. Guardo in basso,
Finché sotto sforzo, a groppa curva
Sulle aiuole, torna venti anni indietro
Piegandosi a tempo per i solchi
Di patate che vangava.
A posto sul vangile lo scarpone,
Saldo fulcro del manico il ginocchio,
Cavava gambi, ficcava a fondo la lucente lama
Per spargere patate nuove che noi raccattavamo
Adorandone fresca la durezza nella mano.
Per Dio, il vecchio ci sapeva fare
Con la vanga. Come il suo vecchio.
Mio nonno in una giornata tagliava più torba
Di chiunque altro nella torbiera di Toner.
Una volta gli portai il latte in una bottiglia
Sciattamente turata con la carta.
Si raddrizzò per bere e subito riprese
Con cura a fare tacche e fette, spalandosi le zolle
Dietro le spalle, sempre più a fondo
A cercare quella buona. Scavando.
Il freddo afrore di terriccio di patate, risucchio e stacco
Da torba in guazzo, secco taglio della lama
Nelle radici vive, mi si risvegliano in testa.
Ma non ho vanga per seguire uomini come loro.
Fra medio e pollice
Quatta quatta sta la penna.
Sarà la mia vanga.
SÉAMUS HEANEY

La gioia di scrivere
Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto?
Ad abbeverarsi ad un’acqua scritta
che riflette il suo musetto come carta carbone?
Perché alza la testa, sente forse qualcosa?
Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità,
da sotto le mie dita rizza le orecchie.
Silenzio – anche questa parola fruscia sulla carta
e scosta
i rami generati dalla parola “bosco”.
Sopra il foglio bianco si preparano al balzo
lettere che possono mettersi male,
un assedio di frasi
che non lasceranno scampo.
In una goccia d’inchiostro c’è una buona scorta
di cacciatori con l’occhio al mirino,
pronti a correr giù per la ripida penna,
a circondare la cerva, a puntare.
Dimenticano che la vita non è qui.
Altre leggi, nero su bianco, vigono qui.
Un batter d’occhio durerà quanto dico io,
si lascerà dividere in piccole eternità
piene di pallottole fermate in volo.
Non una cosa avverrà qui se non voglio.
Senza il mio assenso non cadrà foglia,
né si piegherà stelo sotto il punto del piccolo zoccolo.
C’è dunque un mondo
di cui reggo le sorti indipendenti?
Un tempo che lego con catene di segni?
Un esistere a mio comando incessante?
La gioia di scrivere
Il potere di perpetuare.
La vendetta d’una mano mortale.
WISŁAWA SZYMBORSKA
