Rapito dal silenzio
vagavo tra le stelle
nella notte bruna.
Dormiva il paese
disteso sul colle,
le fioche luci
proiettavano sogni
sullo schermo del cielo.
Sognavo giovane
affacciato alla finestra
al fresco respiro
della brezza notturna
il mio futuro
nel silenzio luminoso
delle stelle lontane
e della confidente luna.
Notte giovane

Antico borgo
Arroccato sopra un colle
Maestoso appari
Cinto da massicce mura antiche
Incorporate nella roccia
Celato in parte tra sempreverdi
E alberi in fiore
Ti riveli al mondo
Attraverso una stretta via
come un serpente ti avvolge
ti protegge dalle folle curiose
bramosi di calpestare
il tuo suolo senza tempo.
Esplorare cunicoli
assaporare il passato
rivivere epoche lontane
anch’io come loro ti voglio toccare
accarezzare quelle pietre
imprimere nella mente la storia
respirare l’aria di saggezza che ti circonda
vedere le bellezze più nascoste
far si che il mio sguardo sia sazio
così la mente e il cuore

Niente lavoro ieri e oggi?
Stavi seduto
braccia molli
gambe attocigliate
sbocconcellando
pane abbrustolito
e le nocche blu di vento.
Lei ti guardava
occhi di luce spenta
ma in amore
e girava
girava girava
nel paiolo
polenta bianca
quella che piaceva a
te.
Era sera
sulle Langhe
a fasce crude
e tutto era grigio
d’umore
e silenzi.
Come pesci
appena generati
i ragazzi
puntavano il colle
come se da lì
venisse
pace.

Paese bello
Con le pietre delle mura
sempre esposte al sole e al gelo
sotto il cielo che ti cura
e ti copre col suo velo
e le pietre ed i mattoni
delle case ora struccate
ma che per generazioni
sono state intonacate,
e le altre ancor vestite
col vestito rinnovato
che nasconde le ferite
del gran tempo che è passato,
tutta bella sei, Bettona,
con la Piazza e la Fontana,
ch’è un gioiello che ti dona,
e quei giri di collana
delle strade e vicoletti,
che si allargano in piazzette;
con i coppi dei tuoi tetti,
di palazzi e di casette,
chiese e campanili al cielo;
col tuo insieme d’arte e storia,
sei un fiore ed il tuo stelo
è il tuo colle che si gloria
degli ulivi millenari
fin giù al piano, e il Poverello,
e anche Dante, in versi rari,
di te han detto, Paese bello!

Sulla strada di Betlemme
Era inverno
e soffiava il vento della steppa.
Freddo aveva il neonato nella grotta
sul pendio del colle.
L’alito del bue lo riscaldava.
Animali domestici stavano nella grotta.
Sulla culla vagava un tiepido vapore.
Dalle rupi guardavano
assonnati i pastori
gli spazi della mezzanotte.
E li accanto, sconosciuta prima d’allora,
più modesta di un lucignolo
alla finestrella di un capanno,
tremava una stella
sulla strada di Betlemme.
BORIS LEONIDOVIČ PASTERNAK

Ode alla malinconia
ODE ON MELANCHOLY
NO, no, go not to Lethe, neither twist
Wolfs-bane, tight-rooted, for its poisonous wine;
Nor suffer thy pale forehead to be kiss’d
By nightshade, ruby grape of Proserpine;
Make not your rosary of yew-berries,
Nor let the beetle, nor the death-moth be
Your mournful Psyche, nor the downy owl
A partner in your sorrow’s mysteries;
For shade to shade will come too drowsily,
And drown the wakeful anguish of the soul.
But when the melancholy fit shall fall
Sudden from heaven like a weeping cloud,
That fosters the droop-headed flowers all,
And hides the green hill in an April shroud;
Then glut thy sorrow on a morning rose,
Or on the rainbow of the salt sand-wave,
Or on the wealth of globed peonies;
Or if thy mistress some rich anger shows,
Emprison her soft hand, and let her rave,
And feed deep, deep upon her peerless eyes.
She dwells with Beauty—Beauty that must die;
And Joy, whose hand is ever at his lips
Bidding adieu; and aching Pleasure nigh,
Turning to poison while the bee-mouth sips:
Ay, in the very temple of Delight
Veil’d Melancholy has her sovran shrine,
Though seen of none save him whose strenuous tongue
Can burst Joy’s grape against his palate fine;
His soul shall taste the sadness of her might,
And be among her cloudy trophies hung.
§
No, no, non precipitarti verso il Lete; non trarre vino velenoso
Dall’aconito, torcendo le sue saldi radici, no
Non lasciare che la tua pallida fronte sia baciata
Dal rosso grappolo di Proserpina, la belladonna;
No, il tuo rosario non fare con le bacche del tasso,
Né la tua lamentosa Psiche siano lo scarabeo
O la falena della morte; non condividere
Col gufo piumato i misteri del tuo dolore,
Che troppo assonnata l’ombra verrà all’ombra
Ad annegare la vigile angoscia dell’animo.
Ma quando dal cielo improvviso l’attacco cadrà
Di malinconia, come una nuvola in pianto
Che tutti i fiori nutre dal languido capo
E il verde colle nasconde in un sudario d’aprile,
Sazia allora il tuo dolore con una rosa mattutina,
Sazialo con l’arcobaleno dell’onda salata di sabbia
O con la ricchezza delle tonde peonie.
E quando mostri la tua amante una ricca ira,
La sua dolce mano imprigiona; lasciala delirare
Mentre tu ti nutri e ti sazi dai suoi occhi senza pari.
Sì, abita con la Bellezza, lei, con la Bellezza che deve morire;
E con la Gioia, che sempre una mano tiene sulle labbra
Per augurare addio: e vicino al Piacere, che fa soffrire,
E si tramuta in veleno mentre come un’ape succhia la bocca:
Sì, nel tempio stesso del Diletto
Ha il suo santuario sovrano la velata Melanconia,
Anche se nessuno la scorge se non quello la cui strenua lingua
Schiaccia il grappolo della Gioia sul palato da intenditore:
Assaggerà allora l’anima sua la tristezza di quel potere
Che la farà rimanere sospesa tra i suoi nebulosi trofei.
JOHN KEATS

Abbracciare un albero
Ho preso il borsellino dalla mia tasca, ieri
ed ho versato in terra gli spiccioli rimasti
della mia infanzia ancora ostinata
e ridanciana.
Quattro monete perse di luce
grani opachi, che con un piede ho fatto da parte.
Dopo questo
mi sono allontanato sul colle degli ulivi
là dove una linguaccia di lago mi veniva
a incidermi negli occhi promiscuità felici
schiamazzi, e vogatori di lena.
Ho aperto il cuore
per far uscire gli ultimi istanti
ed ero solo.

Vieni con me!
KOMM MIT!
Mußt dich aber eilen
Sieben lange Meilen
Mach ich mit jedem Schritt.
Hinter Wald und Hügel
Steht mein rotes Roß.
Komm mit! Ich fasse die Zügel
Komm mit in mein rotes Schloß.
Dort wachsen blaue Bäume
Mit goldenen Äpfeln dran,
Dort träumen wir silberne Träume,
Die kein Mensch sonst träumen kann.
Dort schlummern seltne Genüsse,
Die noch kein Mensch genoß,
Unter Lorbeern purpurne Küsse
– Komm mit über Wald und Hügel!
Halt fest! Ich fasse die Zügel,
Und zitternd entführt dich mein rotes Roß.
§
Devi affrettarti però –
sette lunghe miglia
io faccio ad ogni passo.
Dietro il bosco ed il colle
aspetta il mio cavallo rosso.
Vieni con me! Afferro le redini –
vieni con me nel mio castello rosso.
Lì crescono alberi blu
con mele d’oro,
là sogniamo sogni d’argento,
che nessun altro può sognare.
Là dormono rari piaceri,
che nessuno finora ha assaggiato,
sotto gli allori baci purpurei –
Vieni con me per boschi e colli!
tieniti forte! Afferro le redini,
e tremando il mio cavallo ti rapisce.
HERMANN HESSE

A un olmo secco
A UN OLMO SECO
Al olmo viejo, hendido por el rayo
y en su mitad podrido,
con las lluvias de abril y el sol de mayo
algunas hojas verdes le han salido.
¡El olmo centenario en la colina
que lame el Duero! Un musgo amarillento
le mancha la corteza blanquecina
al tronco carcomido y polvoriento.
No será, cual los álamos cantores
que guardan el camino y la ribera,
habitado de pardos ruiseñores.
Ejército de hormigas en hilera
va trepando por él, y en sus entrañas
urden sus telas grises las arañas.
Antes que te derribe, olmo del Duero,
con su hacha el leñador, y el carpintero
te convierta en melena de campana,
lanza de carro o yugo de carreta;
antes que rojo en el hogar, mañana,
ardas en alguna mísera caseta,
al borde de un camino;
antes que te descuaje un torbellino
y tronche el soplo de las sierras blancas;
antes que el río hasta la mar te empuje
por valles y barrancas,
olmo, quiero anotar en mi cartera
la gracia de tu rama verdecida.
Mi corazón espera
también, hacia la luz y hacia la vida,
otro milagro de la primavera.
§
Al vecchio olmo, spaccato dalla folgore
e nel mezzo marcito,
con le piogge d’aprile e il sole a maggio,
sono spuntate alcune verdi foglie.
Oh, l’olmo secolare sopra il colle
ch’è lambito dal Duero! La corteccia
bianchiccia da un gialligno musco è tinta
nel tronco putrefatto e polveroso.
Come i pioppi canori, che sorvegliano
il cammino e la riva, non sarà
di rossicci usignuoli popolato.
S’arrampica su esso di formiche
un esercito in fila, e nelle viscere
tramano i ragni le lor grigie tele.
Olmo del Duero, prima che t’abbatta
con l’ascia il legnaiuolo, e il falegname
ti trasformi in un mozzo di campana,
stanga di carro o giogo di carretta;
prima che rosso nel camino arda
domani in qualche misera casetta
sull’orlo d’una strada;
prima che ti annienti un turbine e ti schianti
il soffio delle candide montagne;
prima che il fiume ti sospinga al mare
per valli e per burroni,
olmo, voglio annotare nei miei appunti
la grazia del tuo ramo rinverdito.
Anche il mio cuore aspetta,
alla luce guardando ed alla vita,
altro prodigio della primavera.
ANTONIO MACHADO Y RUIZ

E’ ricordo

E’ ricordo Sulla nuda brughiera sedevi sola sull’erba pensosa nell’ombra del meriggio Eri uscita per passeggiare per una strada di gaggie che circonda il colle All’improvviso nubi s’addensarono oscurando la luce pomeridiana Il cielo pareva una tenda infradiciata dalla mattinata piovosa Un uomo antico stava alla finestra immobile ascoltando la voce del vento Quell’antica voce della natura che pare navighi su un mare mai attraversato dove le onde si rincorrono in un eterno rimpiattino Qual è la dolorosa urgenza che ti affretta I tuoi veloci passi forse ti cercano ma se tu colta da improvvisa stanchezza ti fermassi un istante lasceresti ogni tesoro per salpare verso l’infinita lucentezza che t’attende nella fresca sorpresa dell’amore
