Un rombo sordo…

Un rombo sordo avanza lento
come tuono che arriva da lontano,
misterioso e sinistro racchiude distruzione
e come mostro bramoso e affamato
ghermisce le sue prede.

Case, palazzi, persone,
nulla e nessuno è più al sicuro.
Tutto trema e si sbriciola,
la terra si apre inghiottendo ogni cosa
la polvere rende difficile respirare,

mentre la sventura si abbatte inesorabile
su tutto ciò che è inerme,
sul sonno interrotto bruscamente,
su sogni che svaniscono all’istante
e grida di terrore che squarciano la notte.

Un nuovo giorno nasce su lacrime
che segnano volti attoniti e spauriti
di coloro che vagano nel vuoto
con la paura di sentire ancora
la terra che torna a tremare.

Ma racchiusa nel cuore resta forte
la volontà di non di non lasciarsi andare
mentre s’innalza al cielo la speranza
di sentire le campane che torneranno
come una volta a suonare.

Patrizia Mezzogori

Era d’estate

Era d’estate e tu eri con me
Era d’estate poco tempo fa
Ora per ora noi vivevamo
Giorni e notti felici senza domani

Era d’autunno e tu eri con me
Era d’autunno poco tempo fa
Ora per ora senza un sorriso
Si spegneva l’estate negli occhi tuoi

Io ti guardavo e sognavo una vita
Tutta con te
Ma i sogni belli
Non si avverano mai

Era d’estate e tu eri con me
Era d’estate tanto tempo fa
E sul tuo viso lacrime chiare
Mi dicevano solo addio

Mi dicevano addio, soltanto addio

SERGIO ENDRIGO  E  SERGIO BARDOTTI

Giorno di trebbiatura

Nel giorno di sole e d’aria sbarazzina
la polverosa pula svolazzante
entra negli occhi, e in quel preciso istante
escon le lacrime, e il pugno li strofina.

E torna, così, e soltanto, resta, il bello
d’una giornata che è la grande festa
che alla fatica, dà…ma non l’arresta,
che già aspetta, la cantina, il vin novello.

Canta il motore della trebbia, e il forcone
balla, e suda, il contadino, felice
e pe’ogni chicco in cuor suo benedice
il cielo, mentre s’ingrossa ogni covone.

Sull’aia gioiosa vengono a portare
il desinar, le donne, ai contadini
come la chioccia fa coi suoi pulcini,
col vino buono, che aiuta a sopportare…

Più tardi incomincia a uscire dal camino,
un buon profumo – e a spandersi d’intorno –
dell’arrosto umettato co’olio e vino
(lo starnazzo è più fioco), dell’oca al forno.

S’accende, più tardi, il luccichio di stelle,
e in mezzo al silenzioso tramestio,
ci sta chi cerca di vederci Dio
per ringraziarlo di tante cose belle.

Armando Bettozzi

Sisma

 
Ti amo ancora
cara Terra
sotto i miei piedi instabili
amo i tuoi fiori e
l’abbondanza dei tuoi frutti
… che ora stanno nel tuo vibrare
… di fango e sale, il sale
nel tuo relitto, i morti uno sull’altro
occhi chiusi a cordigliera
tu colposa, venosa tu, a maggio
nei fossati distorti
il tuo pulsare miete
un mondo di troppe lacrime!

Aurelia Tieghi

Published in: on giugno 14, 2012 at 07:12  Comments (8)  
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C’è una strada che esce dal bosco

C’è una strada che esce dal bosco
e che porta a valle,
a valle fino al mare.
Se seguirai il volo del gabbiano
troverai il sentiero del sole,
dell’estate e della libertà.
Sarebbe bello non avere piedi per camminare
né pancia da riempire
né mani da lavare.
Sarebbe bello avere solo una mente
un cuore e un’anima
per vivere ed amare.

C’è una strada che esce dal bosco
e che porta a valle,
a valle fino al mare.
Non uscire dal sentiero segnato
poiché spiriti maligni sono in agguato
e ti potrebbero rapire,
incatenandoti all’albero della malinconia
continuamente annaffiato
dalle lacrime di chi soffre del male di vivere.
Perdonami per non aver potuto seguire la luce del sole
per averti amato con tanta passione.
C’è una strada che esce dal bosco
e che porta a valle
a valle fino al mare.
Seguila fino a bagnarti,
fino a che il sale sulla pelle
ti asciugherà il sudore della vita,
e sarà bello sai,
sarà bello anche se io non sarò con te,
sarà bello vedrai,
anche se io rimarrò qui nel bosco,
immaginando soltanto
che tu sia ancora con me.

Sandro Orlandi

Addio al mare

 
Cespugli di ginestre contro il sole,
scesi tornanti ad arrivare al mare.
.
M’inebriò profumo di salmastro,
penetrò dentro quel color turchese
ed un respiro placido mi prese,
mentre lassù cantavano gabbiani.
.
Nella memoria restan come un sogno
questi ricordi che mi porto dentro.
Suoni e color ritornan come un’eco.
.
In  tempo ormai passato della strada
così bagnai di lacrime quel mare,
mentre una vela lenta scompariva.

Piero Colonna Romano

Piange il cielo

Piange il cielo lacrime amare
su terre riarse di pace
dove il sangue scorre a rivoli
tra bambini innocenti
che non conoscono fiabe .
Non c’è primavera
che possa portare ristoro
all’agonia di vedove affrante
sui sudari che avvolgono
membra fatte a brandelli
dall’ignominia dell’uomo
assetato di potere.
Non si ferma il tempo,
rigido nei rigori delle stagioni
di questo universo evanescente,
dove bolle luminose
che paiono stelle cadenti
s’infrangono rilasciando veleni
assassini d’una frugale allegria
che come neve si dissolve
sotto un sole impietoso.
Piange il cielo su l’anima nera
di questo mondo dal cuore di pietra.

Patrizia Mezzogori

Grande mistero

Grande mistero avvolto nel silenzio
il freddo abbraccio che cinge
i pensieri di chi non sa amare
e con finte lacrime di solitudine
sconfina nella follia.

Versi malinconici vagano nel tempo
lungo una strada sterrata
dove porte nascoste racchiudono
costanti e imperituri ricordi
legati al passato colmo di tormento,

mentre una triste nenia
pregna d’ansia e rimpianti,
imbratta una danza scomposta
di fogli bianchi, unici depositari
di chi volutamente ha scelto l’oblio.

Patrizia Mezzogori

Ascolto una melodia gitana

Ascolto una melodia gitana
piango: uscite lacrime
mi fa bene questa sofferenza
la consapevolezza del vuoto
l’impossibilità che da un po’
mi porto dietro
piango te che sei lontano e non so
se e quando ti rivedrò
piango mio nipote adolescente
che non so difendere
piango un mondo che ci ha fatti
così soli
piango e ho un nodo in gola
per chi è disperato e non ce la fa
chi cerca consolazione nell’alcol
chi si infila un ago
e chi prende uno spago e si impicca
se ne parla ancora poco
dicono affinché non dilaghi
invece se ne dovrebbe parlare ed essere
tutti molto più arrabbiati
perché per ogni poveraccio
che si toglie la vita c’è
qualcuno che sperpera e spreca
nell’orgia infinita del potere
ma io non so che stare in un angolo
e piangere
e vorrei il tuo sguardo vorrei la tua mano
ho già visto troppe cose cadere
ormai posso credere solo all’amore
dove sono i tuoi occhi
dov’è la tua mano
in questo mondo gitano
in questa musica che mi ferisce
piano come una carezza

azzurrabianca

Insieme come allora

Ora che l’aria è rarefatta
ed il mistero che incombe
rintana gli animali impauriti
dall’incombente temporale.

Ora che di grigio spento
pare tingersi anche l’anima
e con un sospiro greve
sparisce dal ricordo ogni colore.

Ora dovrei parlarti di speranza
dei nostri occhi giovanili
che nella tremula penombra
brillavano di candele fragili,

delle nostre gambe flesse
su ginocchia doloranti di fede,
di quell’incondizionato abbandono
ad una volontà che incute forza.

Invece piango con te, amica mia
lacrime dense di attesa
e ti tengo la mano fredda
nel silenzio che già è preghiera.

Elide Colombo