Parlano silenziose, scavano a fondo, come un aratro ad abradere il torpore del silenzioso maggese. Furtivo, il raggio di sole dà vita alle zolle, così il calore dà sollievo alle pene, ai tumultuosi pensieri … celati, in rivolta. Così, inerme, in prezioso abbandono, la mente s’arrende, distesa adesso come docil quadro al suo pittore, tra le tue mani a cornice, la pace, come nella campagna presto al mattino.
I pensieri vanno e vengono come nuvole gonfie e nere nel cielo pallido e grigiastro di questo giorno dicembrino. Raggi di luce rosa saettano come strali, e vibranti salutano i monti austeri e l’amico mare. Il sole sembra divertirsi: si nasconde dietro una vermiglia nube carica di pioggia. I pensieri vanno e vengono con il vento di libeccio che s’aggira virulento tra le siepi e le piante; schizza gocce irrequiete d’acqua tiepida su terrazze, finestre e strade. I pensieri vanno e vengono tra i celesti lontani squarci che combattono con le nuvole e si beano di rosea luce. La sera scende a poco a poco tra bagliori che si spengono ed ombre che s’accendono. I pensieri vanno e vengono nella solitudine mia serena, nella pace della mia sera.
Un gelido soffio di vento,
nella stanza indifesa
sono scolpiti
tredici lunghi anni,
adesso sei più bianca
di una lacrima
più eterea di una nuvola
più azzurra del cielo
che svetta sulla mia testa
più infinita dell’orizzonte
che lo sguardo brama rapito,
sei tornata sole nel sole
vento nel vento
continui a starmi accanto
aura ed ombra al mio corpo
non sei svanita nel nulla
sei tornata all’eterna dimora d’Amore:
respiri serena la luce divina dell’Universo.
Si supieras que aùn dentro de mi alma
Conservo aquel cariño que tuve para ti
Quien sabe si supieras
Que nunca te he olvidado
Volviendo a tu pasado
Te acordaras de mi
Los amigos ya no vienen
Ni siquiera a visitarme
Nadie quiere consolarme
En mi aflicciòn
Desde el dia que te fuiste
Siento angustias en mi pecho,
Decì percanta: Què has echo
De mi pobre corazon?
Al cotorro abandonado
Ya ni el sol de la mañana
Asoma por la ventana,
Como cuando estabas vos
Y aquel perrito compañero
Que por tu ausencia no comìa
Al verme solo, el otro dia
Tambièn me dejò.
M’è cara, solitudine, soltanto dopo amore; come m’è caro il verde dell’acqua e l’ogni vista, sul marmo delle belle fontane dove china mettevi bocca e gonna scozzese. E me, vicino, nel tentativo poco riuscito di salvare almeno i piedi dalle freddate dai ricami, che intorno al labbro e fino ai tuoi nei ti usava il sole. M’è cara come certe conchiglie da non dire quell’utopia che in mezzo alle gambe altro che mare! E che mostrare corpo regina! Da un balcone, un parapetto o altre prospettiche teatrali. M’è cara come tua consistenza, come il melo che l’ombra catapulta sopra la rete e il prato; m’è cara come prima del sonno la tua vena la pulsazione e il pari respiro, la tua coscia e l’ombelico che non sta zitto, neanche a notte.
Son troppo lunghe le sere d’estate che quasi toccano l’alba. Esausti i grilli reclamano le instancabili cicale. Il sole illumina fino a tardi i pensieri degli uomini, impazienti del chiarore lunare per la tregua tanto attesa.
Eppure vi adoro interminabili sere d’estate perché rendete interminabile anche il mio amore.
la pioggia che giunge inattesa sparpaglia la folla, la pioggia che piove a dirotto conduce sotto un balcone due sconosciuti soli senza ombrello, la pioggia che inventa parole insiste consiglia sconsiglia propone la poggia la pioggia la pioggia… conduce la coppia a un portone… la pioggia che picchia sui vetri, che scivola piano un cuore disegna due nomi… la pioggia la pioggia di ieri la pioggia scintilla di raggi di sole.
milioni di attimi non basteranno a costruire un giorno di sole, lo splendore d’un istante la magia del firmamento la pazzia delle stelle. una corsa contro il tempo e il mio cuore come un folle cerca d’afferrare il vento trattenere con un “per sempre” l’eterno che vorrei .
Nell’aria un dolce tepore ha allontanato il freddo inverno Un profumo nuovo si spande all’intorno La vita sembra germogliare assieme alla natura Mentre il canto gioioso degli uccelli ci saluta
Le donne cominciano a svestire gli abiti scuri Nuovi colori vanno a coprire le loro membra E tutt’intorno sembra essere una festa attesa da tempo Mentre il grande fiume ha smesso i panni grigi e brumosi
La collina verdeggiante ma non più coltivata Sembra irridere chi l’ha cementata Stamattina aprendo la finestra ho capito Quanto scempio abbiamo operato
La parola crisi echeggia per strada Persone cercano di gettare nel sole i cupi pensieri Non c’è allegria ma solo ricerca serena di nuove risorse Mi sento invischiato da questo pensare E non trovo soluzione efficace nel loro contrasto
Mi rifugio all’ombra di un pino Gibran mi accompagna al di fuori da questo momento Mi sento straniero in terra straniera povero fra i poveri Il tempo passa rapidamente celando i pensieri fra i suoi veli Non trovo risposte a questo linguaggio stonato