
Danila Oppio
Danila Oppio
JEUNE MÉNAGE
La chambre est ouverte au ciel bleu-turquin ;
Pas de place : des coffrets et des huches !
Dehors le mur est plein d’aristoloches
Où vibrent les gencives des lutins.
Que ce sont bien intrigues de génies
Cette dépense et ces désordres vains !
C’est la fée africaine qui fournit
La mûre, et les résilles dans les coins.
Plusieurs entrent, marraines mécontentes,
En pans de lumière dans les buffets,
Puis y restent ! le ménage s’absente
Peu sérieusement, et rien ne se fait.
Le marié a le vent qui le floue
Pendant son absence, ici, tout le temps.
Même des esprits des eaux, malfaisants
Entrent vaguer aux sphères de l’alcôve.
La nuit, l’amie oh ! la lune de miel
Cueillera leur sourire et remplira
De mille bandeaux de cuivre le ciel.
Puis ils auront affaire au malin rat.
– S’il n’arrive pas un feu follet blême,
Comme un coup de fusil, après des vêpres.
– Ô spectres saints et blancs de Bethléem,
Charmez plutôt le bleu de leur fenêtre !
§
La camera è aperta al cielo azzurro turchino; non c’è posto: cofanetti e madie! Fuori il muro è coperto di aristolochie ove vibrano le gengive dei folletti.
Son davvero intrighi di geni questa spesa e questi disordini vani! E la fata africana che fornisce la mora e le reticelle negli angoli.
Parecchie entrano, madrine scontente, con lembi di luce negli armadi, poi vi rimangono! la coppia s’assenta poco seriamente e non si combina nulla.
Lo sposo è soppiantato dal vento, durante la sua assenza, qui, di continuo. Perfino spiriti delle acque, malefici, entrano e vagano tra le sfere dell’alcova.
Nella notte amica, oh, la luna di miele raccoglierò il loro sorriso e riempirò di mille strisce di rame il cielo. Poi avranno da fare col topolino maligno.
– Se non arriva un pallido fuoco fatuo, come una fucilata, dopo i vespri. O santi e bianchi spettri di Betlemme, incantate piuttosto l’azzurro della loro finestra!
ARTHUR RIMBAUD
( ho visto, ho udito, ho trovato )
In un mondo che è cambiato
poi mi sono ritrovato
a scoprir chi mai io ero
senza il peso del pensiero.
Ecco qua quel che mi resta
della notte la tempesta
e il fulmine cascare
e il tuono poi arrivare
e il vento sollevarsi
e l’albero spogliarsi
e dell’alba la sua aurora
e una vecchia tutta sola
e le nuvole nel cielo
e dell’anima il disgelo
e una mano sulla spalla
che ti fa tornare a galla
un sorriso regalato
che non ho
poi ricambiato
camminar
e ritrovar poi la fede
quella cui
a un Dio si crede
riscoprir l’odor del pane
e le mani tesser lane
contadini trebbiare il grano
e una penna nella mano
dei bambini in girotondo
che cambiar possono il mondo
e un vecchio tra i rifiuti
nella fame Dio l’aiuti
una rosa calpestata
che qualcuno l’ha gettata
quando dormon tutti quanti
nella notte siamo in tanti
camminare a piedi nudi
il sudore sulla fronte
e dei piedi le mie impronte
una spada di cartone
e di un bimbo l’emozione
e l’amor e la sua pazzia
e del mondo la follia
e gli sguardi sconosciuti
e il mondo e i suoi rifiuti
lavorare venti ore
sentir batter forte il cuore
dagli sbagli poi imparare
che l’immenso è del mare
e la pace che è su un monte
nel silenzio che ho di fronte
e una lacrima che scende
chi alla vita non si arrende
e in un letto di ospedale
quella forza di lottare
di chi soffre e poi sta male
e all’ospizio della gente
che ha qualcun non serve a niente
e se senti un tuffo al cuore
quello li è il vero amore
e dell’anima il lamento
e del cuore il suo tormento
e se poi non sei ricambiato
conta quello che hai provato
e la gente che correva
dietro cosa non sapeva
un’amica che soffriva
e luna che spariva
ho sentito poi parole
spaccar pietra intorno al cuore
colorare con le dita
che comunque questa è vita
che gli sbagli tutto in fondo
li fan tutti in questo mondo
e se non siamo tutti uguali
se cerchiamo abbiamo l’ali
io ho trovato il mio cammino
se mi incontri sarà il destino
ecco qua quel che ricordo
caso mai poi me lo scordo
Pierluigi Ciolini
(davanti all’Ofelia del preraffaellita Millais)
Va verso il mare e m’incanto a guardare, l’acqua la culla e lei sembra dormire. Fronde s’inchinan, col loro stormire par che un saluto le vogliano dare. . Lieve la veste disvela le forme, con le sue labbra ricama un sorriso, nella sua mente rimangono incise false promesse e dolenti quell’orme. . Alma che volle sol segni d’amore, perse ragion con le grandi illusioni, marcio sfuggì con le oscure emozioni. . Or che nel mar troverà liete l’ore e svaniran le frementi passioni, potrà cantar le più dolci canzoni.Era d’estate e tu eri con me
Era d’estate poco tempo fa
Ora per ora noi vivevamo
Giorni e notti felici senza domani
Era d’autunno e tu eri con me
Era d’autunno poco tempo fa
Ora per ora senza un sorriso
Si spegneva l’estate negli occhi tuoi
Io ti guardavo e sognavo una vita
Tutta con te
Ma i sogni belli
Non si avverano mai
Era d’estate e tu eri con me
Era d’estate tanto tempo fa
E sul tuo viso lacrime chiare
Mi dicevano solo addio
Mi dicevano addio, soltanto addio
SERGIO ENDRIGO E SERGIO BARDOTTI
Ti dipingo su tela d’oro puro
per rinnovare il piacere del tuo viso.
Piccole labbra che già sanno il sorriso
imparano il linguaggio del pensiero.
E quella bocca che fino a ieri
suggeva solo nettare di vita
ora s’atteggia al dire con impegno
gorgheggiando come un uccellino.
Ma sono gli occhi che non so rifare.
Nessun colore può rendere la luce
che d’intelligenza brilla e d’innocenza
germe di quell’amore misterioso
che unisce terra al cielo
in un’ irripetibile simbiosi
che sovrasta dell’intelletto ogni cognizione.
Ed è tenera emozione.
Elide Colombo
(Poesia I^ Classificata all’ottava edizione del Premio “Tortoreto alla Cultura 2012”)
Mentre la terra si burla della povera gente
le rovine sotterrano respiri e grida
mozzate a metà
(la vita è su una ghigliottina, si sa).
Riverbero irrispettoso di qualcuno che sorride
al suo portafoglio di parole e promesse:
esistono monumenti da rielaborare con fondi
di concerti poi dimenticati
(le istituzioni sono un circo, si sa).
Come una guerra, forse peggio:
ognuno a braccetto con il proprio pallido viso
che ad ogni paura si rimbocca di coraggio,
di sopravvivenza mescolata a miracolosità inerme
(è al destino che appartiene la vita, si dice)
proprio mentre manca (e mancherà per sempre)
il pane, infarinato di polvere e detriti
di parenti, amici, conoscenti
o di chiunque altro visto solo così
senza sorriso o lacrima
l’uragano si rimbocca le coperte
con la morte improvvisa
(la terra si scuote, è viva, si dice).
Tutto il baccano di ricostruzione
si spalma su accuse d’un paese
che affamato di giustizia
piange ancora i morti
su ali che di vorace e forte e bella
non ha ancora ripreso (ancora) a volare…
mentre si piange sempre sull’impotenza
d’un fuori controllo immune da colpe umane
(forse; ma questo non si sa, si dice).
E’ qui, sull’orlo delle ciglia
dove brilla l’ultima emozione
che ho frenato quella mia passione
che per te stava sorgendo.
Ripercorro sentieri di palpiti e sospiri
cancello orme che parlano di noi
destreggio gli occhi
tra un sorriso e un pianto
spengo ricordi
tra echi di rancore ed altri di rimpianto.
Lento scorre il tempo
in questa notte di sagge decisioni
che dell’amore ignorano il sapore.
Sarà per sempre che non ti devo amare.
E’ come accarezzare l’ultimo bagliore
di una stella che sta per morire.
Elide Colombo
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