Se
prima
non termina il viaggio,
la nòia, precipuo sènso
di trepidi oggi, non c’è più,
ma stanchezza battaglia coraggio
o viltà.
.
So
di esser
vile, non mi annoio, mi stanco,
ammirando bellezze di Sogno.
Irreale la vita di sempre
è male tristezza, bisogna guardarsi
d’intorno. .
Al
risveglio,
la pelle, pendente al mio collo,
rupìta da’ solchi rugosi, profondi,
marcati, segnano fronte spaziosa,
e improntano gli occhi
di zampe. .
E
la testa,
capo con radi capelli, di grigio
canuto, tremante, amètrope, mentre
il ventre, gonfiato cascante adiposo,
partécipa totale al biorìtmo
del viaggio.
.
La
continua illusione,
creata dal sogno, giovinezza
di onirico verbo dormo…
Apro gli occhi invecchiati. Lucido
alfine sveglio scorgo la pista.
Finita… .
Un
viaggio di nome
partenza tornata: in esso
ritrovo la fonte, la lama di Luce
dall’Ombre. Sgregato mi fondo
nell’Altra come avevo sperato.
Per sempre.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,
I’m not sleepy and there is no place I’m going to.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,
In the jingle jangle morning I’ll come followin’ you.
Though I know that evenin’s empire has returned into sand,
Vanished from my hand,
Left me blindly here to stand but still not sleeping.
My weariness amazes me, I’m branded on my feet,
I have no one to meet
And the ancient empty street’s too dead for dreaming.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,
I’m not sleepy and there is no place I’m going to.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,
In the jingle jangle morning I’ll come followin’ you.
Take me on a trip upon your magic swirlin’ ship,
My senses have been stripped, my hands can’t feel to grip,
My toes too numb to step, wait only for my boot heels
To be wanderin’.
I’m ready to go anywhere, I’m ready for to fade
Into my own parade, cast your dancing spell my way,
I promise to go under it.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,
I’m not sleepy and there is no place I’m going to.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,
In the jingle jangle morning I’ll come followin’ you.
Though you might hear laughin’, spinnin’, swingin’ madly across the sun,
It’s not aimed at anyone, it’s just escapin’ on the run
And but for the sky there are no fences facin’.
And if you hear vague traces of skippin’ reels of rhyme
To your tambourine in time, it’s just a ragged clown behind,
I wouldn’t pay it any mind, it’s just a shadow you’re
Seein’ that he’s chasing.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,
I’m not sleepy and there is no place I’m going to.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,
In the jingle jangle morning I’ll come followin’ you.
Then take me disappearin’ through the smoke rings of my mind,
Down the foggy ruins of time, far past the frozen leaves,
The haunted, frightened trees, out to the windy beach,
Far from the twisted reach of crazy sorrow.
Yes, to dance beneath the diamond sky with one hand waving free,
Silhouetted by the sea, circled by the circus sands,
With all memory and fate driven deep beneath the waves,
Let me forget about today until tomorrow.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,
I’m not sleepy and there is no place I’m going to.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,
In the jingle jangle morning I’ll come followin’ you.
§
Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone
Non ho sonno e non c’è nessun posto dove andare
Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone
Nel mattino tintinnante ti seguirò
Sebbene io so che l’impero della sera si è trasformato in sabbia
Svanito dalle mie mani
resto qui cieco ma ancora insonne
la mia stanchezza mi stupisce, sono fisso sui miei piedi
non ho nessuno da incontrare
e la vecchia strada vuota è troppo morta per sognare
Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone
Non ho sonno e non c’è nessun posto dove andare
Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone
Nel mattino tintinnante ti seguirò
Portami in un viaggio sulla tua magica nave turbinante
i miei sensi sono spogli, le mie mani non hanno presa
le dita dei miei piedi troppo intorpidite per camminare
aspettano solo i tacchi dei miei stivali per vagabondare
Sono pronto per andare dovunque, sono pronto a svanire
nella mia parata personale, lancia il tuo incantesimo danzante,
prometto di sottopormici
Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone
Non ho sonno e non c’è nessun posto dove andare
Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone
Nel mattino tintinnante ti seguirò
Sebbene tu senta ridere, ruotare, dondolare follemente attraverso il sole
ciò non è indirizzato a nessuno, semplicemente sta scappando di corsa
e tranne che il cielo non trova barriere
E se tu senti vaghe tracce di mulinelli di rime saltellanti
al tempo del tuo tamburino, non è altro che un lacero pagliaccio
Fosse per me non gli presterei alcuna intenzione, vedi bene che è solo
un’ombra quella che insegue
Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone
Non ho sonno e non c’è nessun posto dove andare
Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone
Nel mattino tintinnante ti seguirò
Allora fammi scomparire tra gli anelli di fumo della mia mente
giù nelle brumose rovine del tempo, lontano dalle foglie gelate
dai terrifici alberi infestati dai fantasmi, su spiagge ventose,
fuori dal corso attorcigliato del folle dolore
Sì, danzare sotto il cielo adamantino con una mano che fluttua libera
stagliata contro il mare, con intorno un cerchio di sabbia,
con i ricordi ed il destino persi nelle onde
lasciami scordare l’oggi fino a domani
Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone
Non ho sonno e non c’è nessun posto dove andare
Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone
Nel mattino tintinnante ti seguirò
a Pontremoli con Anna
nella casa di nonna
.
chi ha ancora la casa di famiglia
e mi accoglie mi piglia
.
è un po’ la casa che sogno, ora mi accorgo
non è una fantasia ma un ricordo
.
nel sogno sono con mia sorella
invece ero con te Anna bella
.
ha lasciato un segno così profondo
quello stare assieme a tutto tondo
.
pittura o scultura eravamo artiste
ora a Londra che fai
hai una bambina che si chiama Viola
io qua sono un po’ triste
.
per il tempo che non vola
ma s’incrosta e resiste
.
i quadri di tutti i colori nella tua soffitta
era come quella di Paoli “La gatta”
.
tuo padre in viaggio jazz e Chagall
noi a Bologna nel salotto azzurro
tua madre in cucina ci faceva il te
.
Anna che sei a Londra, Anna bionda
.
Anna dagli occhi verdi
amiche per sempre, Anna che non ti perdi
non mi perdi
Anna col tuo compagno, e io… che sogno
Dimmi ti amo,
io che quasi non so più dirlo.
Dimmi ti amo,
perché questa casa, per una volta,
non me lo ricorda
perché l’ultimo tramonto
sembra un viaggio narrato
perchè “ti amo”
è qualcosa di immenso
in questo silenzio
che vibra così
dimmi ti amo
e giuro
che avrò contato piano
tutte le rondini
Ci sono porti intravisti dal mare e città sorvolate di fretta dove arriva il tuo viaggio distratto Bologna invece ti abbraccia è visione emersa dal cuore che sale da bassa pianura e rossa di terra e di umore innalza il tuo sguardo e due dita a indicarti il suo cielo Mi ricordo ero giovane un giorno dei giorni padrone e dei sogni Un sogno era là a portata di mano ed io giocavo a pensarmi una vita scegliendola nuova e diversa nel grembo di madre benevola e opìma scrigno turrito di amore e buon tempo aperto al mondo e a tutte le strade Ma gli anni passano e i sogni invecchiano chissà mai se una Dotta insegnante uno sbaglio di troppo mi avrebbe evitato? Ora che imbianco vorrei chiederlo a lei ma la trovo nebbiosa e distante E’ una donna violata e percossa la bella che perse un dì l’innocenza tra un nero di sangue e di macchine bianche e più allegra non danza sull’aia ormai tutta sommersa di “neve” Ma io con giovani occhi la guardo come fanno in eterno gli amanti e mi immagino scendere un giorno sul sagrato di quella stazione: ad accogliermi vedo già i musici cantastorie sapienti e poeti che il mio tempo hanno allietato Loro sì che il mestiere conoscono di scacciare quei neri fantasmi e tra un sorso un accordo e un sorriso torneranno a narrarmi gioiosa di Bologna la sua favola antica.
Mai vi direi del mio male nella bocca del sangue che ha sapore del ferro quando m’alzo, e sporco il lavandino di gocce calde e scure. Vi direi mai d’otto peli grigi al mento del tonfo di campane a noleggio nella pancia; la cena un po’ indigesta c’è tutto da lavare. Vi direi mai del rumore dei vicini le loro grida idiote ad un gol; quell’abbaiare che fanno i cani troppo nutriti e un po’ annoiati. Del mio ginocchio soldo bucato delle tasche, dove ho perduto cose da ricordare. E gli occhi dell’impiegata in cerca di supplica, nei miei. Occhi che han preso gli insulti, forse botte; che han fatto solo ieri l’amore ma era niente. Un viaggio su una strada bagnata senza scarpe.
Suonava per la via il suo violino antico, magico strumento reso scuro dal tempo. Antiche, straniere e struggenti armonie fluivano nell’anima mia portate dal vento. Le agili dita sulle tese corde danzavano, il capo ondeggiante, gli occhi socchiusi, cercar pareva nella mente melodie che scese dal cielo i cuori riempivano. Disegnava nell’aria magiche figure quell’arco da maestra mano guidato, viaggiarono ascoltate nel tempo, ballate in notti dall’odore di tizzone bruciato, nel profumo di candele in sale fastose, nel momento di tregua di un povero soldato, nelle feste gitane sulle vie polverose, accarezzando il cuore delle novelle spose. Al tempo sopravvisse quel magico liuto, simbolo è la musica di arte immortale. Da quante mani fu suonato, posseduto e quante mani ancora, dopo l’avranno. Piccolo, grandioso strumento d’armonia, tra mille mani perpetuerai il tuo viaggio, è tuo destino suonar di tristezza e allegria con nuovi padroni dal cuore randagio. È questo che pagherai come ovvio tributo, da un uomo sei nato e con lui hai vissuto. Scivola nell’aria una malinconica sinfonia, vola lasciando dietro struggente traccia, si allontana da me cercando un’altra via oppure un’assolata e solitaria piazza.
A sedici anni avevo le mani appese al sole. Sono le stesse, guarda capaci e incontrollate. Avevo labbra per ogni vetro o fiore per far suonare i fili dell’erba o il tuo costato. Se poso il loro uscio sul tuo li puoi sentire i viaggi che non hanno mai fatto, il ritornare ch’è il più bello spettacolo, sicuro, dell’andare. Mi puoi ascoltare ancora la febbre dei bambini il taciturno volgere triste del mio volto se non ti senti affatto felice emancipata; o se non hai del tempo per metterti vestiti una gonnellina tutta risate un nuovo amore.