A che mi guardi fanciulla con gli occhi pieni di luce

A che mi guardi fanciulla con gli occhi pieni di luce,

con gli occhi azzurri profondi ed al volto ti sale una fiamma?

Non ha sole la mia giovinezza, non conta gli anni il mio core

l’anima mia dolorosa non sa le primavere.

Fanciulla perché ti soffermi? perché t’avvicini al mio core?

Perché o fanciulla l’avvolgi nel fuoco tuo giovanile?

Fanciulla è freddo il mio core, è freddo il mio core lontano,

non sente l’alito ardente della tua giovane vita.

Quando pei blandi tramonti, per gli ampi meriggi infocati

sui pallidi volti sussurra amor violente lusinghe,

e quando maggio riarde il petto all’uomo che vive

il core mio tace o fanciulla. 

E quando pel fosco piano cui plumbeo il cielo incombe

divampa la fiamma ribelle sospinta dal vento dell’odio

dell’odio doloroso delle moltitudini vinte

ed arde ogni giovane core e piange nell’aria fumosa

lo spasimo disperato, e suona l’urlo più alto

quando frementi si tendono gli archi di tutte le vite

esso tace o fanciulla.

E quando la mamma mi trae dalle aride ciglia una stilla

e quando la morte mi tocca, mi stringe il core convulso

e caldo m’ottenebra gli occhi il sangue di quanti ho amato

esso tace ancora o fanciulla.

E quando m’irride la folla e quando m’innalza la lode

e quando sfacciata mi sento la forza dei giovani anni

il cor mio tace o fanciulla un superbo infinito silenzio.

 

CARLO RAIMONDO MICHELSTAEDTER

Published in: on marzo 12, 2021 at 07:18  Lascia un commento  

Dicembre

Scende e sale senza posa
nebbia e pioggia greve e scura,
nella nebbia la natura
si distende accidiosa.

Goccia, goccia lieve chiara
va sicura al suo destin
scende e spera, e vanno a gara
altre gocce senza fin.

Giù l’attende terra molle
dove all’altre unita va
a formar le pozze putride
per i campi e le città.

Nella pozza riflettete
gocce unite in società
grigio in grigio terra e cielo
per i campi e le città.

Ma la noia il disinganno
fa le gocce sollevar
ed il bene che non sanno
van col vento a ricercar.

Dalle pozze dalle valli
sale il velo e in alto va,
non ha forma né colore
l’affannosa umidità.

Nella nebbia la natura
si distende accidiosa,
scende e sale senza posa
pioggia e nebbia fastidiosa.

CARLO RAIMONDO MICHELSTAEDTER

Published in: on dicembre 11, 2020 at 07:20  Lascia un commento  

Amico, mi circonda il vasto mare

Amico, mi circonda il vasto mare
con mille luci – io guardo all’orizzonte
dove il cielo ed il mare
lor vita fondon infinitamente.
Ma altrove la natura aneddotizza
la terra spiega le sue lunghe dita
ed il sole racconta a forti tratti
le coste cui il mare rode ai piedi
ed i verdi vigneti su coronano.
E giù: alle coste in seno accende il sole
bianchi paesi intorno ai campanili
e giù nel mare bianche vele erranti
alla ventura.
A me d’accanto, sullo stesso scoglio
sta la fanciulla e vibra come un’alga,
siccome un’alga all’onda varia e infida
philobatheía.
S’avviva al sole il bronzo dei capelli
ed i suoi occhi di colomba tremuli
guardano il mare e guardano la costa
illuminata.
Ma sotto il velo dell’aria serena
sente il mistero eterno d’ogni cosa
costretta a divenire senza posa
nell’infinito.
Sente nel sol la voce dolorosa
dell’universo, – e l’abisso l’attira
l’agita con un brivido d’orrore
siccome l’onda suol l’alga marina
che le tenaci aggrappa
radici nell’abisso e ride al sole.
Amico io guardo ancora all’orizzonte
dove il cielo ed il mare
la vita fondon infinitamente.
Guardo e chiedo la vita
la vita della mia forza selvaggia
perch’io plasmi il mio mondo e perché il sole
di me possa narrar l’ombra e le luci
la vita che mia dia pace sicura
nella pienezza dell’essere.
E gli occhi tremuli della colomba
vedranno nella gioia e nella pace
l’abisso della mia forza selvaggia
e le onde varie della mia esistenza
l’agiteranno or lievi or tempestose
come l’onda del mar l’alga marina
che le tenaci aggrappa
radici nell’abisso e ride al sole

CARLO RAIMONDO MICHELSTAEDTER

Published in: on Maggio 16, 2019 at 07:11  Lascia un commento  

Risveglio

Giaccio fra l’erbe
sulla schiena del monte, e beve il sole
il mio corpo che il vento m’accarezza,
e sfiorano il mio capo i fiori e l’erbe
ch’agita il vento
e lo sciame rombante degl’insetti.

Delle rondini il volo affaccendato
segna di curve rotte il cielo azzurro,
e trae nell’alto vasti cerchi il largo
volo de’ falchi…

Vita?! Vita?! Qui l’erbe, qui la terra,
qui il vento, qui gli uccelli, qui gl’insetti,
e pur fra questi sente vede gode,
sta sotto il vento a farsi vellicare,
sta sotto il sole a suggere il calore,
sta sotto il cielo sulla buona terra
questo ch’io chiamo io, ma ch’io non sono.

No, non son questo corpo, queste membra
prostrate qui fra l’erbe sulla terra,
piu ch’io non sia gl’insetti o l’erbe o i fiori,
o i falchi su nell’aria o il vento o il sole.
Io son solo, lontano, io son diverso.

Altro sole, altro vento, e più superbo
volo per altri cieli, è la mia vita….
Ma ora qui che aspetto? e la mia vita
perchè non vive, perchè non avviene?

Che è questa luce, che è questo calore,
questo ronzar confuso, questa terra,
questo cielo che incombe? M’è straniero
l’aspetto d’ogni cosa, m’è nemica
questa natura! Basta! voglio uscire
da questa trama d’incubi! la vita!
la mia vita! il mio sole!

Ma pel cielo
montan le nubi su dall’orizzonte,
già lambiscono il sole, già alla terra
invidiano la luce ed il calore.
Un brivido percorre la natura,
e rigido mi corre per le membra
al soffiare del vento… Ma che faccio
schiacciato sulla terra qui fra l’erbe?

Ora mi levo, chè ora ho un fine certo,
ora ho freddo, ora ho fame, ora m’affretto,
ora so la mia vita
– chè la stessa ignoranza m’è sapere.
La natura inimica ora m’è cara
che mi darà riparo e nutrimento
– ora vado a ronzar come gl’insetti.

CARLO RAIMONDO MICHELSTAEDTER

Published in: on febbraio 20, 2018 at 07:21  Comments (1)  

Marzo

Marzo ventoso
mese adolescente,
marzo luminoso,
marzo impertinente,

marzo che fai tuoi giochi
con le nuvole in alto
e con l’ombre e le luci
dài mutevol risalto
alla terra stupita,

alla terra intorpidita,
mentre dal seno le strappi
e le primole e le rose,
e fresch’acque rigogliose
lieto fai rigorgogliare.

Ed il passero riscuoti
con la tua folle ventata
nella sua grondaia secca,
nella siepe denudata.

Spazzi i portici e le calli
e la nebbia nelle valli,
e la polvere degli avi
e i propositi dei savi

rompi e l’ombra delle chiese.
Ed il pavido borghese
che nell’ossa porta il gelo
dell’inverno trapassato
e col corpo imbarazzato
geme il reuma ed il torpore
che nel volto porta il velo
della noia ed il pallore
della diuturna morte,
si rinchiude frettoloso
si rinvoltola accidioso
e rincardina le porte.

Se lo scuoti e lo palesi,
marzo, giovine pazzia,
la sua trista nostalgia
sogna il sonno di sei mesi.

Ei ti teme, dolce frate
marzo, terrore giocoso,
ma tu passi vittorioso,
sbatti gli usci e le impannate
con le tue folli ventate,

e la densa polve sveli
nel tuo raggio popolato,
e sul legno affumicato
i vetusti ragnateli.

Poichè il termine al riposo
canti, marzo adolescente,
t’odia questa buona gente,
marzo luminoso.

Ma se t’odiano addormiti
nelle coltri riscaldate,
ed i passeri impauriti
nelle siepi denudate,

t’ama il falco su nell’aria
che più agile si libra
nella tua ventata varia,
e la sente in ogni fibra
lieta della tua procella,
chè per lei si fa più bella,
che per lei si fa più pura
ai suoi occhi la natura.

Marzo luminoso
mese adolescente,
marzo irriverente,
marzo ventoso.

CARLO RAIMONDO MICHELSTAEDTER

Published in: on marzo 14, 2014 at 06:52  Comments (3)