Gennaio 1946

Milano, cieche viscere ti colano
per le vie, di macerie nere; i fumi
che dai camini volano
son torvi e verdi; la vita, acre e sciatta.

Ma di quassù visibili
sono, nell’aria netta, l’Alpi. Ecco
lontane, irraggiungibili,
bianche e celesti le grandi montagne.

FRANCO FORTINI

Published in: on febbraio 6, 2021 at 07:15  Lascia un commento  

Per un compagno ucciso

Eri ogni ora dentro la quieta letizia
dell’uomo che ha vinto i tiranni;
non temevi gli inganni della nostra malizia,
non chiedevi più niente al tuo amore.
Sono cadute in profondo le città, dalle fosse
ci chiedono pietà tutti perduti i morti,
ma tu levi il sorriso devotamente
da altri tempi; e noi non piangiamo per te.

Noi condurremo i passi dei nostri figli !
sopra la terra, più lieve dal tuo morire,
e guideremo l’amore avvenire e il canto
dov’hai amato per noi l’ultima volta.

Lo spillo apre la gemma e l’acqua apre il mattino
dentro il turchino di marzo, al nostro paese.
lo ricordo per te parole antiche d’Italia
e fissano gli amici dai vetri la sera e la neve.

FRANCO FORTINI

Published in: on febbraio 13, 2020 at 07:32  Lascia un commento  

Molto chiare

Molto chiare si vedono le cose,
l’autobus già ne porta via qualcuna.
Ad uno ad uno tornano gli ultimi mesi,
il lavoro imperfetto e l’ansia,
le mattine, le attese e le piogge.

Lo sguardo è là ma non vede una storia
di sé o di altri. Non sa più chi sia
l’ostinato che a notte annera carte
coi segni di una lingua non più sua
e replica il suo errore.
È niente? È qualche cosa?
Una risposta a queste domande è dovuta.
La forza di luglio era grande.
Quando è passata, è passata l’estate.
Però l’estate non è tutto.

FRANCO FORTINI

Published in: on settembre 17, 2019 at 07:41  Lascia un commento  

Del tuo timido gatto

Del tuo timido gatto
che scendeva la scala
dell’orto la mattina
con la sua ombra fina
lungo le terrecotte

cosa è rimasto? Nulla
fuor che l’impronta impressa
dalle sue zampe nella
gettata di cemento
dove annusava incerto

fra le tue grida: «Via,
via di lì, stupidino!»
Era luglio, era aperto
il cielo. Pensai: «Certo
rimarrà sempre un segno».

Ora il cemento è pietra
alle piogge d’ottobre.
Ostinate lo coprono
le foglie senza forma.
Toglile e potrai leggere
l’orma di quegli unghiòli.

FRANCO FORTINI

Published in: on gennaio 19, 2019 at 07:33  Comments (1)  

La gronda

Scopro dalla finestra lo spigolo d’una gronda,
in una casa invecchiata, ch’è di legno corroso
e piegato da strati di tegoli. Rondini vi sostano
qualche volta. Qua e là, sul tetto, sui giunti
e lungo i tubi, gore di catrame, calcine
di misere riparazioni. Ma vento e neve,
se stancano il piombo delle docce, la trave marcita
non la spezzano ancora.

Penso con qualche gioia
che un giorno, e non importa
se non ci sarò io, basterà che una rondine
si posi un attimo lì perché tutto nel vuoto precipiti
irreparabilmente, quella volando via.

FRANCO FORTINI

Published in: on ottobre 15, 2017 at 07:44  Comments (3)  

Canto degli ultimi partigiani

.
Sulla spalletta del ponte
Le teste degli impiccati
Nell’acqua della fonte
La bava degli impiccati.
Sul lastrico del mercato
Le unghie dei fucilati
Sull’erba secca del prato
I denti dei fucilati.
Mordere l’aria mordere i sassi
La nostra carne non è più d’uomini
Mordere l’aria mordere i sassi
Il nostro cuore non è più d’uomini.
Ma noi s’è letta negli occhi dei morti
E sulla terra faremo libertà
Ma l’hanno stretta i pugni dei morti
La giustizia che si farà.
.
FRANCO FORTINI
Published in: on aprile 25, 2017 at 07:40  Comments (5)  

La partenza

Ti riconosco, antico morso, ritornerai
tante volte e poi l’ultima.
 
Ho raccolto il mio fascio di fogli,
preparata la cartella con gli appunti,
ricordato chi non sono, chi sono,
lo schema del lavoro che non farò.
Ho salutato mia moglie che ora respira
nel sonno sempre la vita passata,
il dolore che appena le ho assopito
con imperfetta, di sé pietosa, atterrita tenerezza.
Ho scritto alcune lettere ad amici
che non mi perdonano e che non perdono.
E ora sul punto di dormire
un dolore terribile mi morde
come mille anni fa quando ero bambino
e lo chiamavo Iddio, e Iddio è questo
ago del mondo in me.
 
Fra poco, quando dai cortili l’aria
fuma ancora di notte e sulla città
la brezza capovolge i platani, scenderò per la via
verso la stazione dove escono gli operai.
Contro il loro fiume triste, di petti vivo,
attraverso la mobile speranza
che si ignora e resiste,
andrò verso il mio treno.
.
FRANCO FORTINI
Published in: on aprile 25, 2013 at 06:52  Lascia un commento  

Traducendo Brecht

Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov’erano grida e piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola d’un poeta o mutarsi
in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi
sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l’odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.

Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza guida al niente
gli uomini e le donne che con te si accompagnano
e credono di non sapere. Fra quelli dei nemici
scrivi anche il tuo nome. Il temporale
è sparito con enfasi. La natura
per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia
non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi.

FRANCO FORTINI

Published in: on gennaio 27, 2013 at 07:08  Comments (3)  

Lettera

Padre, il mondo ti ha vinto giorno dopo giorno
come vincerà me che ti somiglio.

Padre di magre risa, padre di cuore bruciato
padre, il più triste dei miei fratelli, padre.

Il tuo figliolo ancora trema del tuo tremore
come quel giorno d’infanzia di pioggia e paura.

Pallido tra le urla buie del rabbino contorto
perdevi di mano le zolle sulla cassa di tuo padre.

Ma quello che tu non dici devo io dirlo per te
al trono della luce che consuma i miei giorni.

Per questo è partito tuo figlio ed ora insieme ai compagni
cerca le strade bianche di Galilea.

FRANCO FORTINI

Published in: on novembre 22, 2012 at 06:57  Comments (4)  

Saggezza

C’era una donna che sola ho amata
come nei sogni si ama se stessi
e di bene e di male l’ho colmata
come gli uomini fanno con se stessi.

Essa era quella che avevo voluta
per esser chiamato col mio nome:
e lo diceva quando l’ho perduta
ma forse quello non era il mio nome.

E vo per altre stagioni e pensieri
altro cercando al di là del suo viso
ma piu’ mi stanco per nuovi sentieri
sempre piu’ chiaro conosco il suo viso.

Forse è vero e i più savi l’hanno scritto:
oltre l’amore c’è ancora l’amore.
Si perde il fiore e poi si vede il frutto:
noi ci perdiamo e si vede l’amore.

FRANCO FORTINI

Published in: on agosto 1, 2012 at 07:19  Comments (1)