
Una scarpa cos’è? Se non un’ assenza da colmare, un’ aspettativa di pienezza, un vuoto in… attesa, spazio da riempire secondo un ordine certo: la scarpa, il piede, che se è il sinistro è quello del cuore e ovviamente, il di lui vestito, il calzino. Un alzatacco si potrebbe mettere, ma la mia è una storia comune e quindi…via, non ne parliamo! Comoda era la scarpa con tomaia di nappa, la più fine, e suola di schiuma di para con resilienza anatomicamente differenziata. E poi le stringhe intrecciate con arte, con arte fina, tal che alla trazione all’estremità duplice, corrispondesse regolare distribuzione di sforzo di chiusura lungo il dorso del piede. A chi verrebbe in mente di porci, a bella posta, per romper l’equilibrio, un… sassolino? … a me, proprio così! Gli è che dopo un primo periodo d’intenso feeling tra la scarpa ed il piede (per intanto miei entrambi, tenetelo a mente), il dialogo s’era via via fatto scipito, inconsistente, tanto che in epoche diverse, avevano smesso di parlarsi. Provava lui, il piede, ad introdurre un tema, ma lei, la scarpa, così felicemente appagata della sua vita, calzata a pennello, se ne andava per la sua strada godendo della flessibilità per niente compromessa dal tempo. A volte era la scarpa che avrebbe preferito un percorso meno accidentato, anche se quel minimo di sconnessioni le procuravano la piacevolezza di un massaggio, e allora non valeva la pena di sprecare nemmeno un punto interrogativo per chiedere al piede di cercare altri percorsi. Di avere queste due appendici così mortalmente annoiate e noiose non mi garbava affatto, erano parte di me e disinteressarsene sarebbe stato colpevole, e in fin dei conti anche autolesionista. Vi ho anticipato l’intervento che avevo in mente di perseguire, del quale però voglio darvi i dettagli procedurali, le ragioni filosofiche e la conformazione fisica, particolareggiata, del sassolino. Partiamo dalla scelta di quest’ultimo, del sassolino. Avrebbe dovuto essere giustamente piccolo, in gran parte arrotondato, levigato, come un sasso di fiume, con una superficie satinata, vellutata, ma poi uno spigoletto conseguenza di una scheggiatura casuale, discretamente appuntito. Della colorazione non me ne sarei preoccupato. L’avrei messo lì fra la suoletta e il piede, in un punto qualsiasi, contando sul fatto che durante la deambulazione lui si sarebbe spostato, trovando ogni volta la posizione più opportuna se, con gli sfregamenti conseguenti, avesse acquisito vita propria, capacità di scelta, oppure se questo non fosse stato possibile, una posizione conseguente, in base ai vari parametri messi in gioco, sia dal movimento che dalla forma delle due interfacce: la suoletta e la pianta del piede, dita comprese. La ragione, che ho chiamato filosofica, esagerando senza dubbio, trattandosi di piede e di scarpa, è giustappunto quella di provocare in entrambi gli “attori” una reazione che sarebbe stata piacevole o meno, a seconda della posizione del sassolino, lungo quel 8 ½ ( misura inglese) di scarpa, ed anche in base alla rotazione che a lui stesso avrebbe avuto per proporre, all’un piede o all’altra, la scarpa, la parte liscia o puntuta. Furono stimolati indubbiamente entrambi, e senza riportare del tutto le loro espressioni, si sentirono prima strani suoni: mmnnh! Ohi! Siii! Perbacco! Ahi! Ancora! Hai ragione, non ci avevo pensato. Cara. Caro. Ma poi, la buona cultura, o senso della vita, di cui erano entrambi in possesso, fece scaturire anche considerazioni che con grande orgoglio, considerato che sono il legittimo proprietario, meglio portavoce, di entrambe quelle estremità, espressioni come:
-Quel sassolino è stato come il brillio sulla perla della “Ragazza con l’orecchino”: ha dato vita a quel volto-
-Mi ha costretto, dolcemente, ad alzare gli occhi ed accorgermi della luce nei tuoi-
-Finalmente ho trovato il coraggio di chiederti di non chiamarmi “passerotto” in presenza di estranei-
-Sediamoci, si fa per dire, e chiariamo le nostre posizioni, senza gridare, disponibili e tranquilli… –
-Qualche screzio rende la vita più vivace: giusto?! -Si amore-.
E poi… il piede, sfoderando la propria, modesta, cultura pittorica:
-Il “Cesto con frutta” di Caravaggio non sarebbe stato così straordinariamente bello se non avesse dipinto quelle bacature sulla buccia delle mele e la prospettiva del dipinto ne avrebbe sofferto se non avesse posto quel coltellino leggermente aggettante il bordo del tavolinetto…-
Soggiunge lei, non più scarpa ma “compagna”: – Possiamo ben dirlo caro, piccoli difetti ci rendono umani e suscettibili di migliorare… la perfezione è una gran noia!
Carlo Baldi