Milano, agosto 1943

Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s’è udito l’ultimo rombo
sul cuore del Naviglio: E l’usignolo
è caduto dall’antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta.

SALVATORE QUASIMODO

Published in: on novembre 21, 2020 at 07:39  Comments (1)  

Quasi un epigramma

Il contorsionista nel bar, melanconico

e zingaro, si alza di colpo

da un angolo e invita a un rapido

spettacolo. Si toglie la giacca

e nel maglione rosso curva la schiena

a rovescio e afferra come un cane

un fazzoletto sporco

con la bocca. Ripete per due volte

il ponte scamiciato e poi s’inchina

col suo piatto di plastica. Augura

con gli occhi di furetto

un bel colpo alla Sisal e scompare.

La civiltà dell’atomo è al suo vertice.

 

SALVATORE QUASIMODO

Published in: on giugno 23, 2020 at 07:01  Lascia un commento  

Oboe sommerso

Avara pena, tarda il tuo dono
in questa mia ora
di sospirati abbandoni.

Un òboe gelido risillaba
gioia di foglie perenni,
non mie, e smemora;

in me si fa sera;
l’acqua tramonta
sulle mie mani erbose.

Ali oscillano in fioco cielo,
labili: il cuore trasmigra
ed io son gerbido,

e i giorni una maceria.

SALVATORE QUASIMODO

Published in: on giugno 23, 2019 at 06:58  Comments (3)  

Fresche di fiumi in sonno

Ti trovo nei felici approdi,
della notte consorte,
ora dissepolta
quasi tepore d’una nuova gioia,
grazia amara del viver senza foce.

Vergini strade oscillano
fresche di fiumi in sonno:

E ancora sono il prodigo che ascolta
dal silenzio il suo nome
quando chiamano i morti.

Ed è morte
uno spazio nel cuore.

SALVATORE QUASIMODO

Published in: on febbraio 13, 2018 at 07:03  Comments (3)  

Vicino a una torre saracena, per il fratello morto

Io stavo ad una chiara
conchiglia del mio mare
e nel suono lontano udivo cuori
crescere con me, battere
uguale età. Di dèi o di bestie, timidi
o diavoli: favole avverse della
mente. Forse le attente
morse delle tagliole
cupe per volpi lupi
iene, sotto la luna a vela lacera,
scattarono per noi,
cuori di viole delicate, cuori
di fiori irti. O non dovevano crescere
e scendere dal suono: il tuono tetro
su dall’arcobaleno d’aria e pietra,
all’orecchio del mare rombava una
infanzia errata, eredità di sogni
a rovescio, alla terra di misure
astratte, ove ogni cosa
è più forte dell’uomo.

SALVATORE QUASIMODO

Published in: on giugno 8, 2017 at 06:57  Comments (4)  

Al tuo lume naufrago

Nasco al tuo lume naufrago,
sera d’acque limpide.

Di serene foglie
arde l’aria consolata.

Sradicato dai vivi,
cuore provvisorio,
sono limite vano.

Il tuo dono tremendo
di parole, Signore,
sconto assiduamente.

Dèstami dai morti:
ognuno ha preso la sua terra
e la sua donna.

Tu m’hai guardato dentro
nell’oscurità delle viscere:
nessuno ha la mia disperazione
nel suo cuore:

Sono un uomo solo,
un solo inferno.

SALVATORE QUASIMODO

Published in: on novembre 11, 2016 at 07:48  Comments (1)  

L’Eucalyptus

Non una dolcezza mi matura,
e fu di pena deriva
ad ogni giorno
il tempo che rinnova
a fiato d’aspre resine.

In me un albero oscilla
da assonnata riva,
alata aria
amare fronde esala.

M’accori, dolente rinverdire,
odore dell’infanzia
che grama gioia accolse,
inferma già per un segreto amore
di narrarsi all’acque.

Isola mattutina:
riaffiora a mezza luce
la volpe d’oro
uccisa a una sorgiva.

SALVATORE QUASIMODO

Published in: on dicembre 13, 2015 at 06:56  Comments (2)  

Cavalli di luna e di vulcani

Isole che ho abitato
verdi su mari immobili.

D’alghe arse, di fossili marini
le spiagge ove corrono in amore
cavalli di luna e di vulcani.

Nel tempo delle frane
le foglie, le gru assalgono l’aria:
in lume d’alluvione splendono
cieli densi aperti agli stellati;

le colombe volano
dalle spalle nude dei fanciulli.

Qui finita è la terra:
con fatica e con sangue
mi faccio una prigione.

Per te dovrò gettarmi
ai piedi dei potenti,
addolcire il mio cuore di predone.

Ma cacciato dagli uomini,
nel fulmine di luce ancora giaccio
infante a mani aperte,
a rive d’alberi e fiumi:

ivi la latomia d’arancio greco
feconda per gli imenei dei numi.

SALVATORE QUASIMODO

Published in: on febbraio 13, 2015 at 07:00  Comments (3)  

S’ode ancora il mare

Già da più notti s’ode ancora il mare,
lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce.
Eco d’una voce chiusa nella mente
che risale dal tempo; ed anche questo
lamento assiduo di gabbiani: forse
d’uccelli delle torri, che l’aprile
sospinge verso la pianura. Già
m’eri vicina tu con quella voce;
ed io vorrei che pure a te venisse,
ora, di me un’eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.

SALVATORE QUASIMODO

Published in: on marzo 3, 2014 at 07:06  Comments (4)  

Thànatos Athànatos

Silent Stone

E dovremo dunque negarti, Dio
dei tumori, Dio del fiore vivo,
e cominciare con un no all’oscura
pietra «io sono», e consentire alla morte
e su ogni tomba scrivere la sola
nostra certezza: «thànatos athànatos»?
Senza un nome che ricordi i sogni
le lacrime i furori di quest’uomo
sconfitto da domande ancora aperte?
Il nostro dialogo muta; diventa
ora possibile l’assurdo. Là
oltre il fumo di nebbia, dentro gli alberi
vigila la potenza delle foglie,
vero è il fiume che preme sulle rive.
La vita non è sogno. Vero l’uomo
e il suo pianto geloso del silenzio.
Dio del silenzio, apri la solitudine.

SALVATORE QUASIMODO

Published in: on dicembre 19, 2012 at 07:17  Comments (2)