Lo specchio stregato

Praga è uno specchio stregato.
Mi guardo
e ritrovo i miei vent’anni.
Eccomi come un balzo
come trentadue denti
senza carie.
E il mondo è una noce.
Ma io non voglio nulla per me.
Soltanto la donna che amo
che mi tocchi le dita con le sue dita
che svelano tutti i misteri del mondo.
Le mie mani spezzano il pane,
poco per me
molto per gli amici miei
dei villaggi di Anatolia.
Bacio gli occhi rosicati dal tracoma.
E cado non so dove in terra lontana
per la rivoluzione mondiale.
Ora portano il mio cuore su un cuscino di velluto
come l’ordine della Bandiera rossa.
Una fanfara suona la marcia funebre.
Seppelliamo i nostri morti ai piedi d’un muro
sotto la terra
come semi fecondi.
E le nostre canzoni sono scritte sulla terra
non in turco, in russo o in francese
ma in lingua di cartzone.
Ltiiin è coricato in una foresta nevosa,
corruga le ciglia
pensando a qualcuno,
guarda in fondo alle tenebre bianche,
vede i giorni futuri.
Eccomi come un balzo
come trentadue denti
senza carie.
E il mondo è una noce
con un guscio d’acciaio
gonfio di speranza.
Praga è uno specchio stregato.
Mi guardo
e lo specchio mi mostra sul mio letto di morte
col sudore sulla fronte
come se la candela fosse colata
con le braccia distese ai fianchi.
La tappezzeria verde,
e alla finestra
i tetti coperti di fuliggine d’una grande città.
Questi tetti non sono d’Istanbul.
I miei occhi sono aperti,
nessuno ancora li ha chiusi.
Ancora nessuno sa.
Tu chInati su di me,
guarda nelle mie pupille,
ci vedrai una giovane donna
che aspetta alla fermata del tram sotto la pioggia.
Chiudi mi gli occhi
e in punta di piedi
esci dalla stanza, compagno.

NAZIM HIKMET

Published in: on Maggio 31, 2021 at 07:10  Lascia un commento  

L’alba di Praga

.
A Praga mentre biancheggia l’alba
la neve cade
liquida
plumbea.
A Praga pian piano il barocco appare
agitato, lontano,
le dorature annerite
di tristezza.
Sul ponte Carlo quarto, le statue
sono uccelli venuti
da un pianeta morto.
A Praga il primo tram ha lasciato il deposito,
coi vetri illuminati, gialli, caldi.
Ma io so
che dentro ci fa un freddo glaciale
il fiato
del primo viaggiatore non l’ha scaldato
ancora.
A Praga Pepih beve il suo caffellatte
nella cucina bianca, la tavola di legno è
ben pulita.
A Praga rnentre biancheggia l’alba
la neve cade
liquida
plumbea.
A Praga passa una vettura
una carretta tirata da un solo cavallo
davanti al cimitero ebreo.
La carretta è carica di nostalgia
d’un’altra città
e il carrettiere sono io…
A Praga pian piano il barocco appare
agitato, lontano,
le dorature annerite
di tristezza.
A Praga nel cimitero ebreo silenziosa,
muta, la morte…
Ah, mio amore, mio amore,
l’esilio è peggio della morte…
.
NAZIM HIKMET
Published in: on settembre 26, 2020 at 07:45  Lascia un commento  

Arrivederci fratello mare

Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.

Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.

NAZIM HIKMET

Published in: on dicembre 3, 2019 at 07:17  Lascia un commento  

Finch’è ancora tempo

Finch’è ancora tempo, mio amore,
e prima che bruci Parigi
finch’è ancora tempo, mio amore,
finché il mio cuore è sul suo ramo
vorrei una notte di maggio
questa notte di maggio
sullungosenna Voltaire
baciarti sulla bocca
e andando poi verso Notre-Dame
contempleremmo il suo rosone
e a un tratto serrandoti a me
di gioia, paura e stupore
piangere silenziosamente
e le stelle piangerebbro
mescolate alla pioggIa fIne.

Finch’è ancora tempo, mio amore,
e prima che bruci Parigi
finch’è ancora tempo, mio amore,
finchè il mio cuore è sul suo ramo
questa notte di maggio lungo la Senna
sotto i salici con te, mia rosa,
sotto i salici piangenti molli di pioggia
ti direi due parole le più dette a Parigi
le più dette le più sincere
scoppierei di felicità
fischietterei una canzone
e crederemmo. negli uomini.
In alto le case di pietra
senza incavi né gobbe
appiccicate
coi loro muri al chiaro di luna
le loro finestre dritte che dormono in piedi

e sulla riva di faccia il Louvre
illuminato dai proiettori
illuminato da noi
il nostro splendido palazzo
di cristallo.

Finch’è ancora tempo, mio amore,
e prima che bruci Parigi
finch’è ancora tempo, mio amore,
finché il mio cuore è sul suo ramo
in questa notte di maggio, nei depositi del Lungosenna
ci siederemmo sui barili rossi
di fronte al fiume scuro nella notte
per salutare la chiatta dalla cabina gialla che passa
verso il Bèlgio o verso l’Olanda?
davanti alla cabina una donna
con un grembiale bianco
sorride dolcemente.

Finch ‘è ancora tempo, mio amore,
e prima che bruci Parigi
finch’è ancora tempo, mio amore.

NAZIM HIKMET

Published in: on marzo 4, 2019 at 07:17  Lascia un commento  

Angina Pectoris

Se qui c’è la metà del mio cuore, dottore,

l’altra metà sta in Cina

nella lunga marcia verso il Fiume Giallo.

E poi ogni mattina, dottore,

ogni mattina all’alba

il mio cuore lo fucilano in Grecia.

E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno

quando gli ultimi passi si allontanano

dall’infermeria

il mio cuore se ne va, dottore,

se ne va in una vecchia casa di legno,

a Istamburg.

E poi sono 10 anni, dottore,

che non ho niente in mano da offrire al mio popolo,

niente altro che una mela

una mela rossa, il mio cuore.

E’ per tutto questo, dottore,

e non per l’alteriosclerosi, per la nicotina, per la

prigione,

che ho questa Angina Pectoris.

Guardo la notte attraverso le sbarre

e malgrado tutti questi muri che mi pesano sul petto

il mo cuore batte con la stella più lontana.

 

NAZIM HIKMET

Published in: on novembre 27, 2018 at 07:26  Comments (2)  

Varna, 1952

.
Impossibile dormire la notte qui a Varna
impossibile dormire
per via di queste stelle che son troppe
troppo lucide troppo vicine
per via del mornorio sul greto dell’ode morte
il loro sussurro
le loro perle
i loro ciottoli
le alghe salate
per via del rumore di un motore sul mare
come un cuore che batte
per via dei fantasmi
venuti da Istanbul
sorti dal Bosforo
che invadono la stanza
gli occhi verdi dell’uno
le manette ai polsi dell’altro
un fazzoletto
nelle mani del terzo
un fazzoletto che sa di lavanda.
Impossibile dormire la notte qui a Varna, mio amore,
qui a Varna, all’albergo Bor.
.
 
NAZIM HIKMET
Published in: on settembre 3, 2017 at 07:27  Comments (5)  

Ti sei stancata di portare il mio peso

..
Ti sei stancata di portare il mio peso
ti sei stancata delle mie mani
dei miei occhi della mia ombra
dei miei tradimenti
le mie parole erano incendi
le mie parole erano pozzi profondi
le mie parole erano stanchezza, noia serale,
un giorno improvvisamente
sentirai dentro di te
il peso dei miei passi
che si allontanano esitando
quel peso sarà quello più grave.
 .
NAZIM HIKMET
Published in: on luglio 2, 2017 at 06:59  Comments (3)  

E’ l’alba

.
È l’alba. S’illumina il mondo
come l’acqua che lascia cadere sul fondo
le sue impurità. E sei tu, all’improvviso
tu, mio amore, nel chiarore infinito
di fronte a me.
Giorno d’inverno, senza macchia, trasparente
come vetro. Addentare la polpa candida e sana
d’ un frutto. Amarti, mia rosa, somiglia
all’aspirare l’aria in un bosco di pini.
Chi sa, forse non ci ameremmo tanto
se le nostre anime non si vedessero da lontano
non saremmo così vicini, chi sa,
se la sorte non ci avesse divisi.
È così, mio usignolo, tra te e me
c’è solo una differenza di grado:
tu hai le ali e non puoi volare
io ho le mani e non posso pensare.
Finito, dirà un giorno madre Natura
finito di ridere e piangere
e sarà ancora la vita immensa
che non vede non parla non pensa.
.
NAZIM HIKMET
Published in: on aprile 26, 2017 at 06:57  Comments (4)  

Anche questa mattina mi sono svegliato

Anche questa mattina mi sono svegliato
e il muro la coperta i vetri la plastica il legno
si son buttati addosso a me alla rinfusa
e la luce d’argento annerito della lampada

mi si è buttato addosso anche un biglietto di tram
e il giallo della parete e tre righe di scritto
e la camera d’albergo e questo paese nemico
e la metà del sogno caduta da questo lato s’è spenta

mi si è buttata addosso la fronte bianca del tempo
e i ricordi più vecchi e la tua assenza nel letto
e la nostra separazione e quello che siamo
mi sono svegliato anche questa mattina e ti amo.

NAZIM HIKMET

Published in: on settembre 25, 2016 at 07:24  Comments (1)  

Mosca, 1962

Sotto la pioggia camminava la primavera
con i suoi piedi esili e lunghi sull’asfalto di Mosca
chiusa tra gli pneumatici i motori le stoffe le pelli
il mio cardiogramma era pessimo quel giorno
quel che si attende verrà in un’ora inattesa
verrà tutto da solo
senza condurre con sè
coloro che già partirono
suonavano il primo concerto di Ciaikovskij sotto la pioggia
salirai le scale senza di me
un garofano sta all’ultimo piano della casa al balcone
sotto la pioggia camminava la primavera
con i suoi piedi esili e lunghi sull’asfalto di Mosca
ti sei seduta di fronte a me non mi vedi
sorridi a una tristezza che fuma lontano
la primavera ti porta via da me ti conduce altrove
e un giorno non tornerai più ti perderai nella pioggia.

NAZIM HIKMET

Published in: on dicembre 27, 2015 at 07:45  Comments (2)