Ebbe il figlio d’Iperione ogni tempo
senza una tregua
il suo luminoso travaglio.
E già rinfiora pel cielo sbiancato
dalle dita di rose l’Aurora.
Il flutto nella cuna di fin’oro
martellato da Efesto,
lo porta a palmo d’acqua
frusciando mentre dorme
fino agli Etiopi dalle terre del Vespero.
Là al cocchio attaccati
i cavalli voraci e l’immenso.
E qui giunga vispa l’Aurora
e breve sorrida
che già appare su in alto
MIMNERMO