A Melisso vincitore con la quadriga

Se alcuno già felice diventato
Per glorïosi ludi od ôr possente,
Non da fortuna prospera accecato
Il grave orgoglio frenar sappia in mente
Della città ben merta egli le lodi.
O Giove, le virtù grandi tu dài
Compagne all’uom. Chi serva accorti modi
Più a lungo, o Giove, fortunato fai.
Ma non così la prospera ventura
Fida compagna è all’uom d’alma maligna.
Il forte gl’inni al suo valor procura,
Ma merta il vate ancor grazia benigna.

Di due vittorie ha già Melisso il merto
Ai ludi conseguite, onde ha diletto.
Nell’istmie valli ottenne il primo serto,
L’altra dove il Leone erse il suo petto
Nella selvosa valle, ov’ei vincendo
Co’ destrieri alla corsa ebbe la lode
Dal banditor, che lo venia dicendo
Gloria di Tebe e sovra gli altri prodi.
Degli avi suoi l’ingenito valore
Non avvien dunque che costui smentisca.
Tebani, è noto qual dai carri onore
Cleonimo mertò nell’età prisca.
Dai labdacidi quelli avean l’onore
Di scendere per madre : a lor prodezza
Fu il guidare quadrighe, e il lor sudore
Premer fe’ lor la via della ricchezza.
Ma il Tempo nel recar dei dì vicenda
Gli eventi umani ha instabile mutati:
Ma nulla mai dei Numi i figli offende,
Essi si stanno ognora invulnerati.

PINDARO

Published in: on aprile 15, 2020 at 07:12  Comments (1)  

Per Hagesidamos di Locri Epizeferi, pugile ragazzo

Talvolta per l’uomo la cosa più utile

è il vento; altra volta le acque celesti,

figlie piovose della nuvola.

Quando lo sforzo trionfa, inni di miele

sono preludio di voci

future e promessa giurata per gesta grandi.

Scevra d’invidia questa lode

sta per chi vince ad Olimpia: ed è pascolo

della mia lingua, invitante –

Ugualmente dal dio l’uomo fiorisce in arti sagge.

Ora sappi, figlio di Archéstratos,

Hagesídamos: per il tuo pugilato

un dolce ornamento di canti porrò risonante

sulla corona di aureo ulivo,

onorando la stirpe dei Locri Zephýrioi.

Al loro corteo adunatevi; io vi prometto,

o Muse: una gente ospitale

ed esperta del bello, alta

in sapienza e guerriera incontrerete.

Perché – la fulva volpe e i leoni

ruggenti non mutino l’indole innata!

PINDARO

Published in: on luglio 15, 2013 at 07:10  Comments (2)  

Per Teosseno di Tenedo

Al momento opportuno dovevi, animo mio,

coglier l’amore, in giovinezza.

Ma guardando i raggi

che dagli occhi di Teosseno balenano,

chi non trabocca di desiderio, ha il cuore nero

temprato nell’acciaio o nel ferro

con gelida fiamma. Disprezzato

da Afrodite pupille vivaci,

o soffre pene violente per ottenere guadagni,

o, servo di tracotanza femminile,

freddo percorre ogni sentiero.

Ma io, a causa di lei, come la cera delle api sacre

morsa dal calore, mi consumo, quando guardo

la giovinezza degli adolescenti dalle membra floride.

In Tenedo, certo,

Peito e Grazia abitano

nel figlio di Agesilas.

PINDARO