
La mia musa
Meine Muse steht an der Ecke
billig gibt sie jedermann
was ich nicht will
wenn sie fröhlich ist
schenkt sie mir was ich möchte
selten hab ich sie fröhlich gesehen
Meine Muse ist eine Nonne
im dunklen Haus
hinter doppeltem Gitter
legt sie bei ihrem Geliebten
ein Wort für mich ein
Meine Muse arbeitet in der Fabrik
wenn sie Feierabend hat
will sie mit mir tanzen gehen
Feierabend
ist für mich keine Zeit
Meine Muse ist alt
sie klopft mir auf die Finger
kreischt mit ledernem Mund
umsonst Narr
Narr umsonst
Meine Muse ist eine Hausfrau
nicht Leinen
Worte hat sie im Schrank
Selten öffnet sie die Türen
und gibt mir eins aus
Meine Muse hat Aussatz
wie ich
wir küssen einander den Schnee
von den Lippen
erklären einander für rein
Meine Muse ist eine Deutsche
sie gibt keinen Schutz
nur wenn ich in Drachenblut bade
legt sie die Hand mir aufs Herz
so bleib ich verwundbar
§
La mia musa sta sull’angolo della via
Dà a ciascuno quasi per niente
Ciò che io non voglio
Quando è allegra
Mi regala ciò che vorrei
Rare volte l’ho vista allegra
La mia musa è una suora
Dietro una doppia grata
Sussurra al suo Amato
Una parola per me
La mia musa lavora in fabbrica
Quando stacca la sera
Vuol portarmi a ballare
Di staccare per me
Non è mai tempo
La mia musa è una vecchia
Mi colpisce con le nocche
Strilla con labbra di cuoio
Invano o folle
O folle invano
La mia musa è una casalinga
Niente biancheria
Ha le parole nel suo armadio
Raramente ne apre gli sportelli
E me ne offre una
La mia musa ha la lebbra
Proprio come me
Ci baciamo l’un l’altra
Via la neve dalle labbra
Per dirci puliti a vicenda
La mia musa è tedesca
Non dà protezione
Ma se mi bagno nel sangue del drago
Mi mette la mano sul cuore
E così mi fa invulnerabile
HEINRICH BÖLL

Clown
Il nano
guarda e ride,
salta e si balocca
davanti a tutta
quella folla sciocca,
che ancor più ride.
La folla
cieca uccide
l’anima del nano
con l’ egoismo
della gente sciocca
che solo ride.
Il nano
scherza, ride,
corre veloce, si balocca
facendo tanti
versacci con la bocca
piccola, e ride.
Quando
egli è solo,
a casa sua, ripensa
alla natura
crudele, verso lui solo
e, amaro, ride . . .
Ma all’ improvviso,
un bimbo biondo
anch’ egli ride
con gli occhi e con la mano;
lagrima dolce, ora scende
al nano . . .
NON TUTTO E’ INVANO!
(A Diego il Fantastico, del Circo di Moira Orfei)

Io non poeta
La poesia, quella di stanotte,
é intrappolata in un non so dove,
in un pertugio posto in fondo al cuore
o, dentro l’anima, in un buco nero.
Vuole silenzi che non le so dare
quando il cuscino giro e poi rigiro,
se piede al piede insisto a frizionare
o gratto ciglia fino a farmi male.
La strada che dovrebbe esser muta
disturbo arreca con i suoi rumori
e il sussulto della sveglia odiosa
scandisce tempo solo da fermare.
Io non poeta sono prigioniero
o, meglio ammettere, assai incapace
di catturare lemmi uno alla volta
per incastrarli in qualche verso mio.
Amore, amare, mare, terra, cielo…
nuovi universi, lune, stelle e soli…
Non scriverò d’omerici vascelli,
di una strega da tramutare in fata,
di un seno sotto trasparente seta,
o del viaggio verso un lungo bacio.
Ancora prima di tentar poesia,
facile preda mi do a Morfeo
e nebuloso mi diventa il tutto
nel sogno incerto che andrò a fare.
Ed é mattina, col sole alto di già,
mentre a registro il ricordo metto.
Sembra passato tanto di quel tempo
e invece… in una man conto le ore.

Anima pura
non ammortizza più
l’anima opaca che stringo,
e sonde e gangli stranieri
la passano e storpiano incauti.
M’accovaccio nel cielo,
ridisegno un feto.
Rarefatta, l’aria che sento
è più amniotica di mari di sale,
più madre di terre argillose;
un cordone saprà riportarmi
nella mano che mi ha generato,
e il mio essere sempre in cammino
saprà ripartire dal pianto.

A tocchi a tocchi
risuona dentro
la paura
a volte giovane
dorata di scintille
perse nel tempo
altre
albero di notte
senza nidi
ora
oggi
fruscio
di rotaie che
trapassano
e poi
si perdono
tra le vene
e il cuore
e allora
divampa.
La carezza del
giorno
un poco sfredda
quel bubbone
e la mia
di mano grande
e amica
strappa lenta
radici.

Amnesia
( ho visto, ho udito, ho trovato )
In un mondo che è cambiato
poi mi sono ritrovato
a scoprir chi mai io ero
senza il peso del pensiero.
Ecco qua quel che mi resta
della notte la tempesta
e il fulmine cascare
e il tuono poi arrivare
e il vento sollevarsi
e l’albero spogliarsi
e dell’alba la sua aurora
e una vecchia tutta sola
e le nuvole nel cielo
e dell’anima il disgelo
e una mano sulla spalla
che ti fa tornare a galla
un sorriso regalato
che non ho
poi ricambiato
camminar
e ritrovar poi la fede
quella cui
a un Dio si crede
riscoprir l’odor del pane
e le mani tesser lane
contadini trebbiare il grano
e una penna nella mano
dei bambini in girotondo
che cambiar possono il mondo
e un vecchio tra i rifiuti
nella fame Dio l’aiuti
una rosa calpestata
che qualcuno l’ha gettata
quando dormon tutti quanti
nella notte siamo in tanti
camminare a piedi nudi
il sudore sulla fronte
e dei piedi le mie impronte
una spada di cartone
e di un bimbo l’emozione
e l’amor e la sua pazzia
e del mondo la follia
e gli sguardi sconosciuti
e il mondo e i suoi rifiuti
lavorare venti ore
sentir batter forte il cuore
dagli sbagli poi imparare
che l’immenso è del mare
e la pace che è su un monte
nel silenzio che ho di fronte
e una lacrima che scende
chi alla vita non si arrende
e in un letto di ospedale
quella forza di lottare
di chi soffre e poi sta male
e all’ospizio della gente
che ha qualcun non serve a niente
e se senti un tuffo al cuore
quello li è il vero amore
e dell’anima il lamento
e del cuore il suo tormento
e se poi non sei ricambiato
conta quello che hai provato
e la gente che correva
dietro cosa non sapeva
un’amica che soffriva
e luna che spariva
ho sentito poi parole
spaccar pietra intorno al cuore
colorare con le dita
che comunque questa è vita
che gli sbagli tutto in fondo
li fan tutti in questo mondo
e se non siamo tutti uguali
se cerchiamo abbiamo l’ali
io ho trovato il mio cammino
se mi incontri sarà il destino
ecco qua quel che ricordo
caso mai poi me lo scordo
Pierluigi Ciolini

Fragole prone
Pretesto.
– …Solo quattro
fragole selvatiche.
Per il suo piccino.
Tra dita tremanti,
il ciuffo verde di giugno ora colto
impuntato d’un rosso inchinato.
Parole di gocce di sangue
negli occhi di padre.
E la mano che stringe
e che soffre
la Primavera imbrattata di ieri.
– Sa, mi manca tanto
mio figlio!
Pretesto d’Amore.

Aspetto un angelo…
Sono solo…
e siamo qua…
s’aspetta…
ma tu non vieni avanti
il grande mondo che ci circonda
è incontrollabile come le parole
i pericoli sono dappertutto…ovunque io mi rigiri…
in mezzo al mare in mezzo alla terra
in mezzo al cielo dove voli tu
ed anche se sei angelo che respira nelle sere che mi muoiono in mano
nel mio letto
io t’aspetto ma tu…
non vieni mai.
