
I sette soli d’estate fischiano sulla pianura
cascano sopra il fieno, la canapa, la valle.
Approdano anche le grandi navi del vento favonio
sulle spalle della pianura padana appena sgelata.
Prima del’uomo il suo respiro calmo.
Prima del corridore il suo furore.
La ruota striscia sibila dento la pietra aguzza.
La mano sul manubrio è gialla.
Gialla e astuta come la zampa dell’aquila pescatrice.
Lenzuoli colorati coprono di nebbia
le labbra senza testa di duemila pini scatenati
QUANDO COPPI E BARTALI CORREVANO IN BICICLETTA.
QUANDO BARTALI E COPPI
Il Galibier è una vetta
Il Tourmalet è un altra vetta.
Cime naturalemnte tempestose e di=
scese nei boschi precipitose.
la gente aspetta in un silenzio feroce.
QUANDO BARTALI E COPPI CORREVANO IN BICICLETTA.
L’Italia è contadina
nei campi i buoi bianchi dalle corna di luna.
Una guerra terribile è ancora vicina
con le ossa tra le macerie della strada.
ma questa strada non ancora asfaltata porta ad un’altra strada.
Gli operai in tuta azzura lasciavano
di giuocare a palla per guardare e
Coppi leggero leggero come un pensiero appoggiato
sulle ruote dell’ombra che aveva strani bagliori saliva.
QUNDO BARTALI E COPPI.
QUANDO BARTALI E COPPI CORREVANO IN BICICLETTA.
La partenza è l’Aubisque.
L’arrivo è l’Izoard.
Minuti di ritardo. L’episodio cruciale. E al tramonto
sul traguardo il colpo di reni, un colpo di pedale.
La memoria non si caccia via coi sassi come un cane.
La memoria è storia non è oblio.
QUANDO COPPI E BARTALI
ero giovane anch’io.
Gino sembrava un todesco, Fausto un gatto
anzi no, una livra
e amdava su storto per la fatica prima di scomparire
sotto un ponte dietro l’acqua del fiume.
Era sudato e come un lume senza più olio è andato a morire.
ROBERTO ROVERSI