
Un’aquila di gabbiano
attraversa il cielo plumbeo
stridendo nel vento di scirocco
e il campanone batte le ore
con colpi profondi
che sanno di passato.
Il giardino della piazza
è stato ripulito per le prossime elezioni
e un micio assonnato
mi osserva indifferente
da sopra un rudere.
Frastuono di clacson al semaforo
dal finestrino di un taxi
un braccio si protende
per indicarti senza ritegno
dov’è che dovresti andare.
Nel bar si lavora alacremente
dietro al bancone
un’operosità ostentata
mentre l’aroma dei cornetti
si spande e pervade l’aria.
Affollatissima la via del mercato
coi suoi colori e umori
e ai piedi di un lampione
spavalda
cresce rigogliosa una pianta di malva.
S. Giovanni dall’alto mi scruta severo
ma S. Francesco mi perdona
con sguardo bonario.
Sono a Roma
la mia città
sempre la stessa
da migliaia d’anni
rassegnata allegria
battuta pronta
e risata sorniona.
Sandro Orlandi