Stelle cadenti

Strisciano pe ‘l sereno
Di novembre i fugaci
Bolidi: e come un’aurea
Continua pioggia di morenti faci
Riga, riga a la notte umida il seno.
Mira da la casetta
Scura il villan stupito,
E, divine ire e flebili
Mostri leggendo, con pietoso rito
Segna la fronte, e il finimondo aspetta.
Cadete, ignei frantumi,
Per l’alte ombre; cadete
Negli obliosi baratri
Quanti ancor su le menti imperio avete,
O meteore di fosche anime, o numi!
A che le ciglia inarchi,
O turba rea, che invadi
Gli altari ultimi, e traffichi
La terra e il ciel? Tu pure, ecco, già cadi,
E il purpureo con te stuol de’ monarchi.
Tutti voi preme, tutti
Eterno esizio, o biechi
Mostri d’error: precipita
Forza scossa di senno; e contro a’ ciechi
Adamastorri il Ver lancia i suoi flutti!
Ma generosa e chiara
Vendetta, ancor che tardi,
Ma onor di non degenere
Prole e vittoria, o del pensier gagliardi
Martiri, a voi la nova età prepara.
Venite, aurei bagliori;
Cadete, idoli orrendi:
Il sole e il Ver trionfano.
Salve, o bel sole che le cose accendi;
Salve, o Scienza, che redimi i cori!

MARIO RAPISARDI

Published in: on gennaio 12, 2021 at 06:58  Lascia un commento  

Sera d’agosto

Sorge dal plumbeo mar, come sanguigno
Scudo nel vaporoso aer la luna;
E qui fra gialle sabbie, ove le aguzze
Foglie l’aloe scontorce, apresi il golfo
Silenzioso, là fra picee lave
Da’ rosseggianti vertici le irsute
Macchie il tenace fico d’India assiepa.
Non rumor d’opre alla pescosa rada,
Non suon di giochi fanciulleschi o voce
Di remator: solo da lungi il sordo
Rombo della città, stesa, qual mostro
Da’ mille occhi, nell’ombre; a me da presso
Il sonnolento murmure dell’onde;
E su tutte le cose un vapor greve,
Un torpore affannoso, un tedio immenso.
Di questo eguale avvicendar di giorni,
Di sembianze, di vita ancor non sei
Stanca, o Natura? Ancor gran tempo immote
Dureranno le leggi, onde si avviva
Quest’universo? Eppur di novi objetti
Vaga sempre s’affanna e si consuma
La smaniosa umana stirpe, e quasi
Tutti avesse i terrestri uberi emunti,
Di miglior cibo e d’altre sfere in traccia,
Te pigra ancella o rea matrigna accusa.
Misera, e dove nell’ambiguo volo
Alcun raggio del vero, un sol barlume
Dell’eterna sua luce a te sorrida,
Il suo tempo mortale ecco e l’oscuro
Fato e il dolor che le asserpenta il petto
Cader si lascia dalla mente, e in sogno
Beata alle ragioni ultime aspira.
Tal, fanciulletto fuggitivo piange
Per l’ombre, e più non sa d’onde qui venne,
O qual sentiero al tetto amico il guidi;
Smarrito vaga, ma se gli occhi a la sorte
In te sollevi, o sorridente luna,
Dal lacrimato suo dolor l’incerta
Anima toglie un qualche istante, e l’ora
Fosca e la madre derelitta oblia.

MARIO RAPISARDI

Published in: on gennaio 21, 2020 at 06:55  Comments (1)