Mia madre lavandaia

Teneva fra le mani una scodella.
La rivedo così, una domenica sera.
Sorrideva in silenzio, esitando
un po’ nella penombra.
Portava a casa la sua cena
guadagnata sotto i padroni
e a letto, più tardi, io pensavo
che quelli ne mangiavano pentole piene.
Mia madre era gracile e morì giovane:
le lavandaie muoiono presto,
le gambe tremano sotto i carichi
e la testa fa male dallo stirare.
Dense nuvole di vapore,
montagne di biancheria sporca
e per cambiar aria
il solaio.
La rivedo mia madre, piegata sul ferro da stiro.
Il suo esile corpo, sempre più sottile,
fu spezzato dal capitale!
Pensateci, o proletari! …
A furia di lavare s’era fatta curva
e io non sapevo che ancora fosse giovane.
Sognava d’avere un grembiule pulito
e che il postino le dicesse buon giorno.

ATTILA JÓZSEF

Published in: on novembre 18, 2014 at 07:28  Comments (3)  

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3 commentiLascia un commento

  1. Grande intensità che arriva malinconicamente al lettore.
    Molto molto bella!!!
    Patrizia

  2. Squarcia l’anima questa poesia che racconta amara verità.
    Certe donne, tutt’oggi, sono troppo sacrificate nei lavori domestici.
    Simone

  3. Quanto feirsce3 e annienta la lirica bellissima e intensa!Grazie max!
    tinti


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