Quando mi manchi è molesto anche l’aprile
il taglia erbe che mi profana
il gatto bianco, venuto a mangiucchiarmi le scarpe
perché è cieco.
E crede nella gioia degli umili, dei santi,
di quelli che se dormono soli non fa niente.
E tu mi manchi.
Mi manchi da trent’anni e mezz’ora,
minuto più o di meno non fa la differenza.
Mi manchi come il vento sul primo metro d’acqua
quella che la assomiglia a una bimba spettinata
con la gazzosa in mano e le stringhe da allacciare.
Mi manchi come certi silenzi che fa il treno
quando si ferma in mezzo a dei campi
e non sai cosa, non sai quando riparti
e non te ne importa nulla.
Mi manchi
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Qui
Here is thy footstool
and there rest thy feet
where live the poorest,
and lowliest, and lost.
When I try to bow to thee,
my obeisance cannot reach down
to the depth where thy feet
rest among the poorest,
and lowliest, and lost.
Pride can never approach
to where thou walkest in the clothes
of the humble among the poorest,
and lowliest, and lost.
My heart can never find
its way to where thou keepest company
with the companionless among the poorest,
the lowliest, and the lost.
§
Qui è il tuo sgabello
e qui riposa i tuoi piedi
dove vivono i più poveri,
i più umili, i perduti.
Quando a te io cerco d’inchinarmi,
la mia riverenza non riesce ad arrivare
tanto in basso dove i tuoi piedi
riposano tra i più poveri,
i più umili, i perduti.
L’orgoglio non si può accostare
dove tu cammini, indossando
le vesti dei più poveri,
dei più umili e dei perduti.
Il mio cuore non riesce a trovare
la strada per scendere laggiù
dove tu ti accompagni a coloro che non hanno
compagni, tra i più poveri,
i più umili, e i perduti.
RABINDRANATH TAGORE
Questa poesia è anche un pensiero dedicato ai poveri tra i poveri, le popolazioni di India e Pakistan così duramente colpite dalle recenti alluvioni. La dignità e la compostezza della loro sofferenza non deve costituire un alibi per l’assuefazione alle frequenti immagini delle grandi catastrofi naturali ed al loro veloce oblio nelle nostre coscienze.
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Città vecchia
- Spesso, per ritornare alla mia casa
- prendo un’oscura via di città vecchia.
- Giallo in qualche pozzanghera si specchia
- qualche fanale, e affollata è la strada.
- Qui tra la gente che viene che va
- dall’osteria alla casa o al lupanare,
- dove son merci ed uomini il detrito
- di un gran porto di mare,
- io ritrovo, passando, l’infinito
- nell’umiltà.
- Qui prostituta e marinaio, il vecchio
- che bestemmia, la femmina che bega,
- il dragone che siede alla bottega
- del friggitore,
- la tumultuante giovane impazzita
- d’amore,
- sono tutte creature della vita
- e del dolore;
- s’agita in esse, come in me, il Signore.
- Qui degli umili sento in compagnia
- il mio pensiero farsi
- più puro dove più turpe è la via.
- UMBERTO SABA
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