Mi manchi

Quando mi manchi è molesto anche l’aprile
il taglia erbe che mi profana
il gatto bianco, venuto a mangiucchiarmi le scarpe
perché è cieco.
E crede nella gioia degli umili, dei santi,
di quelli che se dormono soli non fa niente.
E tu mi manchi.
Mi manchi da trent’anni e mezz’ora,
minuto più o di meno non fa la differenza.
Mi manchi come il vento sul primo metro d’acqua
quella che la assomiglia a una bimba spettinata
con la gazzosa in mano e le stringhe da allacciare.
Mi manchi come certi silenzi che fa il treno
quando si ferma in mezzo a dei campi
e non sai cosa, non sai quando riparti
e non te ne importa nulla.

Massimo Botturi

Qui

Here is thy footstool

and there rest thy feet

where live the poorest,

and lowliest, and lost.

When I try to bow to thee,

my obeisance cannot reach down

to the depth where thy feet

rest among the poorest,

and lowliest, and lost.

Pride can never approach

to where thou walkest in the clothes

of the humble among the poorest,

and lowliest, and lost.

My heart can never find

its way to where thou keepest company

with the companionless among the poorest,

the lowliest, and the lost.

§

Qui è il tuo sgabello

e qui riposa i tuoi piedi

dove vivono i più poveri,

i più umili, i perduti.

Quando a te io cerco d’inchinarmi,

la mia riverenza non riesce ad arrivare

tanto in basso dove i tuoi piedi

riposano tra i più poveri,

i più umili, i perduti.

L’orgoglio non si può accostare

dove tu cammini, indossando

le vesti dei più poveri,

dei più umili e dei perduti.

Il mio cuore non riesce a trovare

la strada per scendere laggiù

dove tu ti accompagni a coloro che non hanno

compagni, tra i più poveri,

i più umili, e i perduti.

RABINDRANATH TAGORE

Questa poesia è anche un pensiero dedicato ai poveri tra i poveri, le popolazioni di India e Pakistan così duramente colpite dalle recenti alluvioni.  La dignità e la compostezza della loro sofferenza non deve costituire un alibi per l’assuefazione alle frequenti immagini delle grandi catastrofi naturali ed al loro veloce oblio nelle nostre coscienze.

Città vecchia

Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
dall’osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.
UMBERTO SABA