“Pino loricato”: è una conifera, non autoctona ma importata dalla Spagna, presente soltanto in Basilicata. Cresce su terreni di tipo carsico, normalmente in cima ad una montagnola. Albero basso (3, 4 metri) ha l’aspetto contorto dell’ulivo, rami penduli e corteccia particolarmente dura. “Delle megar le timpe”: la Sila è solcata da numerosi valloni che corrono perpendicolarmente all’autostrada. Timpa = vallone, megara = maga, strega. Sull’A3 un cartello avverte che stiamo passando accanto alla “Timpa delle megare”. “A ‘stura v’arrifrisca”: significa “a quest’ora vi rinfrescano” ed è il canto col quale, in ore molto vicine al sorgere del giorno, gli ambulanti offrono gelsi bianchi e fichi. Dai balconi scendono i panieri con dentro i soldi per l’acquisto. E’ un mio ricordo palermitano dell’immediato dopoguerra, e l’ho risentito a Reggio qualche anno fa. “Vos et ipsam civitatem benedicimus”: è la scritta incisa ai piedi d’una stele, al vertice della quale è posta la statua d’una madonna, all’ingresso del porto di Messina. E’ un saluto a tutti i viaggiatori ed un segnale di fratellanza.
Torna
Torna alla tua casa che senza te è vuota
e mute sono le stanze senza i tuoi passi.
Di te e del tuo canto sento il bisogno,
le tue foto ora accarezzo, a loro parlo
lontano da chi folle vedermi vorrebbe.
A quella tua essenziale presenza
non diedi importanza come se giusta
fosse per diritto e non per merito.
Quanto grande eri lo dice la tua assenza,
quanta musica ci fosse lo dice il silenzio.
Non c’era spazio abbastanza, ora
Questa casa è orrendo maniero.
Fantasmi di felicità perduta s’aggirano,
gridano il loro non essere stati amati,
accettati e capiti.
Torna ad asciugare le indegne lacrime
di chi non t’ha saputo amare e solo
s’aggira in questo universo oscuro.
Al mio piangere di colpa dona pace,
perdona l’indifferenza da te subita
come schiaffo alla tua voglia d’amare
con gesti di quotidiana semplicità.
Ero un re senza saperlo.
Ora son schiavo di cosciente nostalgia.