Non conosco dei poeti il sentire

della penna che affonda nell’inchiostro,
la sorgente delle parole scritte
su pezzi di carta prendono forma
ti parlano, sorridono e piangono
o artigli ti piantano nella carne
squartandoti
come gli avvoltoi la preda

Né ulular loro comprendo, di paura
e sdegno e perdono, fuggir del cervo
nei boschi di pini tra rami di spine
della luce, lo strascico.

Potessi voltarmi in ciò che dico
e scrivo, mi chiamerei poeta anch’io
se in quel vuoto che mi divora
lo stomaco
m’emoziona se ancora una volta
quel grido o cenno gentile
che più non afferro e conosco
la finestra di un attimo serrata prima
ch’io spalanchi le pupille

No! Non sono un poeta , la parola
alla mia carne è straniera
e le mani non toccano l’anima
ucciderla o accarezzarla
più non mia –

per questo scrivo,
per il mio non essere poeta
per potermi seppellire l’anima prima
che mi seppellisca la parola .

Anileda Xeka