Il testamento della storia


A chi lascerà i suoi guai?

Dove nascondersi per non essere interrogato?
Non potrai dire “io non c’ero”,
né mendicare innocenza,
né coprirti di cenere,
né fuggire nei boschi.

Boschi piallati per scrivere niente,
mari discariche di buste di plastica,
cieli violentati da ali d’argento,
profondità masticate da ruspe e trivelle,
il fumo che sale dal formicaio impazzito.

A chi lascerà le sue miserie?

Le capanne di fango con i tetti di palma,
i ventri gonfiati dagli occhi innocenti,
la vita vissuta per sopravvivere,
il cielo e la luna senza poesie.

A chi lascerà le sue controversie?

Le guerre senza fine, i proiettili all’uranio
le auto che esplodono, le bocche di cannone,
la strage giornaliera di poveri innocenti.

A chi lascerà i suoi statisti?

Lungimiranti come granchi,
si pavoneggiano nelle bandiere e nei salotti,
attenti ai sondaggi per non perdere un voto,
complimentandosi nelle proprie memorie.

A chi lascerà i poveri cristi?

Lorenzo Poggi

Alle fronde dei salici

E come potevano noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

SALVATORE QUASIMODO