“Pino loricato”: è una conifera, non autoctona ma importata dalla Spagna, presente soltanto in Basilicata. Cresce su terreni di tipo carsico, normalmente in cima ad una montagnola. Albero basso (3, 4 metri) ha l’aspetto contorto dell’ulivo, rami penduli e corteccia particolarmente dura. “Delle megar le timpe”: la Sila è solcata da numerosi valloni che corrono perpendicolarmente all’autostrada. Timpa = vallone, megara = maga, strega. Sull’A3 un cartello avverte che stiamo passando accanto alla “Timpa delle megare”. “A ‘stura v’arrifrisca”: significa “a quest’ora vi rinfrescano” ed è il canto col quale, in ore molto vicine al sorgere del giorno, gli ambulanti offrono gelsi bianchi e fichi. Dai balconi scendono i panieri con dentro i soldi per l’acquisto. E’ un mio ricordo palermitano dell’immediato dopoguerra, e l’ho risentito a Reggio qualche anno fa. “Vos et ipsam civitatem benedicimus”: è la scritta incisa ai piedi d’una stele, al vertice della quale è posta la statua d’una madonna, all’ingresso del porto di Messina. E’ un saluto a tutti i viaggiatori ed un segnale di fratellanza.
Nel vento
Nel vento ascolterò il respiro del tempo clessidre in volo i tuoi baci si poseranno all’alba come passeri affamati non ci sarà tempo per l’attesa si schiuderanno le uova Pasqua arriverà radiosa avremo panieri di pensieri doni e fiori germogli di luce ed un calamaio immenso come il cielo dove immergere il nostro cuore ancora aperto e soffice saremo liberi nei volteggi come rondini garrule di melodia e luce. Risuoneranno nelle vallate rintocchi alti di giubilo placheranno l’ansia e la sete correremo per mano scalzi lungo i pendii avremo un tappeto verde dove riposare mi sosterranno le tue braccia ed io regalerò narcisi di sorrisi a chi si troverà fedele amico al mio fianco i tuoi li ho già racchiusi nel forziere dell’anima come dolce tesoro più prezioso dell’oro.