Brutto cielo adesso
presàgo di sventure, gonfio,
triste e grigio: vorrei vivere
il progetto come voglio. Non posso:
nascere, vita e ospizio;
eppoi rientrare
dal dove io son venuto,
casualmente. . .
. . . Del Dòge
bucintòro con occhi rifatti
come oblò
di nave spenta, prima
di partire per le volte
del mondo. La nave è alla stazza,
di difetti piena nel tondo
universo di spine: come serpe
si mangia la coda.
Quando tu c’eri, sembrava
più semplice tutto.
Passava il turpe del mondo
al punto secondo, nelle mie,
d’importanza, opinioni di sogni.
Quando c’eri, anche il reàle
più inutile pareva più bello
del mondo, normale, ora, solo
rimasto vitale, mi tiene utilmente
del pessimo ambiguo, del monte
D’attonito intorno sensuale, vorrei
di platonico eterno: