Dove sarai finita, dolce amica mia,
sbarazzina compagna mia di scuola
con quel corteo di giovani per via
attorno a te come una calda stuola
Viaggiavi con un passo già da donna
coi tuoi seni provocanti a quindici anni
con le gambe poco coperte dalla gonna
quando sedevi su quei vecchi scanni.
Più d’un compagno t’aveva corteggiato,
qualcuno anche carino e danaroso,
ma tu gradivi questo squattrinato
non tanto bello e forse un po’ noioso.
Lo preferivi per l’indiscrezione,
forse perché sapeva scrivere poesie
e poi per tutta quella sua passione
a declamarle com’antiche elegie.
Non lo so se anche tu mi hai amato,
certo io tanto t’amai, da non dormire,
posso solo dirti d’aver fantasticato
su quei tuoi seni che mi facean morire.
Mi guardavi con un sorriso strano
quando venivo a casa tua a trovarti,
un po’ succinta, avrai atteso invano
ch’io almeno avessi provato di baciarti.
Forse una sfida allora mi lanciavi,
una sfida al pudor ch’io non raccolsi,
ti divertivi con garbo a provocarmi
attirandomi a te stretta ai miei polsi.
Non ebbi mai il coraggio di parlarti
del sentimento nascosto nel mio cuore
avevo tanta paura a contrariarti
e mi consumavo in quel timore.
Dove sarai amica mia lontana?
Spero tu abbia avuto un buon cammino,
che t’abbia suonato a festa la campana
che ricco di doni sia con te il destino.
Io sono qui a parlarti e l’acqua cade
giù nella strada ed urla il temporale,
io sono qui a pensar le nostre strade
e giù si snoda triste un funerale.
Salvatore Armando Santoro