Poesia in bici
Cerco in tutte le cose un suo respiro
una favilla che di nuovo illumini
e muova la mia penna a divorare
ingorda, il bianco del foglio;
ieri però me l’ha donata il mare:
schiumava, un po’ arrabbiato tra gli scogli
che lo sfiancano a un passo dalla riva;
era il mare di ottobre
senza grida di bimbi e il cicaleccio
di turisti accaldati. Solo due sposi
e più in là un peschereccio,
su nel cielo le strida dei gabbiani.
Lì nel pallido sole, sette amici,
sostiamo a ritemprarci e, sui panini
va la tensione della corsa in bici.
Di nuovo in sella, ancora c’inoltriamo
ballonzolando, in sentieri sabbiosi
e crepitanti di aghi di pino
tra verdi sponde di fitta boscaglia
ove bacche tardive ancor rosseggiano
fin dove il bosco s’apre sulle rive
di acque palustri.
Case da pesca, reti sospese e ponti
immobili, ci vedon ritornare.
Romagna bella, alba dei miei avi
terra di ardimentosi e di poeti
or ti lasciamo per volger lo sguardo
verso il tramonto rosso e un po’ beffardo
e i quotidiani affanni, ma più lieti
d’aver intinto la penna nel tuo mare.
Matera
Inconsunte memorie
sgorgan da nere bocche
spalancate nel sole
sopra bianchi sudari
dove popoli stanchi
consumaron tra sassi
l’inclemente destino.
Son le orme dei padri
che guidano i miei passi
fra gl’incolti terrazzi
e sulle soglie che
odorano di muffa.
Eppure non fu facile
estirpare le radici
per comode dimore;
più forte è quest’amore
e senza pace
è il richiamo che gli avi
han consegnato al vento.
il presente e il passato
si confondono,
mentre avvincono i sensi
bucoliche armonie.
L’esercito della fame avanza
Come siamo arrivati sino a qui?
In queste logore mani che disegnano
Grattacieli, disfano ponti come i corpi
Nella notte, le lenzuola sciupate del mattino
A quale Dio, inventato e mai ereditato
Dai nostri avi, tramandato da padre a figlio
Ci siamo arresi e abbiam pregato
Come abbiam fatto, a crocefiggerci da soli?
Quanto oro, bronzo, abbiamo versato
Sui campi di grano, sterminandoli
Per costruire i nostri colossi, innalzare
In piedistalli cadenti, i nostri fasulli eroi.
Perché volgere lo sguardo altrove?
Se in casa nostra le tavole traboccano
Di cibo che nessun mangia ma disprezza
Non mangiare, e di moda in quest’ epoca!
L’esercito della fame avanza…