Quelli della domenica

Quella mano da suppliche tesa,
con pena che dentro lo chiama,
proprio là, dirimpetto alla chiesa,
ha, Cristo, risposta assai grama.

Insensibili passano e vanno
nemmeno guardandosi intorno,
il tuo verbo nel cuore non hanno:
ipocriti anche in quel giorno.

Nello stomaco tanta la fame
da vincere tutti gli indugi,
ma le facce di bronzo e di rame
non lasciano aperti pertugi.

Con sorrisi di miele, tra loro
si ammiccano in rapidi sguardi:
quelli tengono solo al decoro.
Li vedi? O Cristo! Li guardi?

Silvano Conti

Porporina

Arrivi in punta di piedi
                con un respiro
e mezzo battito del cuore.
Non hai lancette che segnano il tuo tempo
                 entri piano
con un sacchetto vuoto e l’altro pieno.
Mi offri manciate di parole
sigillate  in ceralacca
                 colorata,
poi richiudi l’altra porta
dai battenti bronzo oro
e stai sospeso in doppio salto
                 a malapena,         
ed un vaso rinfrescato in porporina
                 sotto braccio.

Beatrice Zanini

L’esercito della fame avanza

Come siamo arrivati sino a qui?
In queste logore mani che disegnano
Grattacieli, disfano ponti come i corpi
Nella notte, le lenzuola sciupate del mattino

A quale Dio, inventato e mai ereditato
Dai nostri avi, tramandato da padre a figlio
Ci siamo arresi e abbiam pregato
Come abbiam fatto, a crocefiggerci da soli?

Quanto oro, bronzo, abbiamo versato
Sui campi di grano, sterminandoli
Per costruire i nostri colossi, innalzare
In piedistalli cadenti, i nostri fasulli eroi.

Perché volgere lo sguardo altrove?
Se in casa nostra le tavole traboccano
Di cibo che nessun mangia ma disprezza
Non mangiare, e di moda in quest’ epoca!

L’esercito della fame avanza…

Anileda Xeka

L’Angelo della Morte

La cinica beffa al dolore
propala coi pianti ed i prieghi
uguaglianza per tutti gli umani,
dal chiuso silenzio dei chiostri
di templi, pagode, di stupa:
il Libero Arbitrio.

Amore, pietà, sacrificio,
nell’ombra furtiva dei templi
le nude pareti coperte
di oro e d’ argento
e gli idoli muti di bronzo,
le croci di pietra e di legno,
le immobili statue forgiate
a imagine d’uomo.

E ogni giorno col polso
vibrante d’ignoto tremore
a ipocrita mano protesa
di questa genìa parassita
di tutte le fedi
riversano l’obolo ingenuo
di loro viltà.

Ma piazze tonanti… Martellano i passi
nel freddo chiaror cristallino
indomito sguardo protendi.

Qualcuno al Coraggio e al Valore
di Uomini Buoni (qualcuno c’è ancora)
Tu lasci. Agli uomini buoni – gli Eroi –
supplenti stavolta a mancanza
del nostro potere di libera scelta…


Ma Tu devi operare!

Occhio immobiIe, vitreo,
nell’urlo che incalza fremente,
e tuona in delirio agghiacciante,
vittorioso tu passi Credente:
negli occhi la vivida Luce
nel mento serrato nei muscoli tesi
l’Immensa Potenza tu porti
Morte, Innocenti all’ eterno Splendore
d’ umanità che più non cammina.

La mèta, la mèta è vicina
travolto, domato, tagliato
dall’impeto è il filo di seta
sottile che vita sorregge
d’ogniuomo: straziato.

Ma ridi anelante, febbrile,
del riso, amante del bene
chiaro e forte, la terra scossa
– che vibra nell’aria-
distruzione e rovina
percossa dai démoni è rotta:
non abbocchi a bestemmieresie
di alcuni scampati, li perdóni,
ma impavido fai strada alla morte.

Paolo Santangelo

Baccanale


Eburnea dea
dal rosso manto
d’alba son fatti
i tuoi capelli
attorcigliati di viticci.

Grappoli i tuoi seni
offerti al vento
tra effluvi di- vini.

Danza
tra tini e succhi d’uva,
la ballata ancestrale.

Languidi fianchi
volteggi di foglie
e sospiri di vento.

Lasciati ammirare
così scarmigliata,
dimentica ormai
del grano dorato

adorna di bronzo
ebbra del nettare
e di passione

astrofelia franca donà

Roma

Roma è bugia tessuta da mani di Penelope
che nelle viuzze vestite
di sampietrini e orme reiterate di turisti
appena il giorno sorge, si scompone

Le albe li stringe nel grembo delle antiche statue
E monumenti, dal Colosseo che tiene le finestre
Sempre aperte, sino ai piccioni girovaganti
che il tempo hanno snobbato da tempo

Roma è nelle verità, celate nelle metrò assordanti
in cui passi storici annunciano le stazioni
sui pilastri sopravvissuti agli anni e secoli,
si regge come bella sposa in sella d’un cavallo

Roma ha fattezze di creta e marmo di Carrara
aristocratica, adornata di bronzo e oro
Roma è l’ottobre del mare, che l’anima
inquieta e lo riempie di verità e bugie.

Anileda Xeka

Ho visto


Ho visto campi di grani
sfarsi in chicchi di bronzo
al trasalir dell’igneo tramonto.
Ho visto fardelli di sacro dolore
affastellati su nude spalle
spargersi al vento.
Ho visto nubi plumbee
spiovere acqua pesante
come rabbia lucente.
Ho visto…Ho visto…
Quante cose ho visto
ma ancora non ho visto
la terra partorire
gemme di duratura pace.
Non ho visto pascere
insieme lupi e agnelli
senza finire a miseri brandelli.

Roberta Bagnoli

Published in: on luglio 12, 2010 at 07:05  Comments (12)  
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