hai mani larghe capienti e morbide nel palmo vi deposito di me pensieri racchiusi in gusci di noce mandorle ancora in fiore nocciole pronte da mettere sotto i denti piene di sapore da far girare in bocca e bacche rosse, mirtilli, fragoline di bosco vi metto tutti gli odori che conosco di erbe foglie terra e cortecce e muschio il resto è acqua che scivola fra le dita sorgente chiara acqua di fonte che scorre fra le rocce dure esce dalla terra dal profondo da strati sedimentati che non conosciamo a cui ci abbeveriamo e non sappiamo
C’è una strada che esce dal bosco e che porta a valle, a valle fino al mare. Se seguirai il volo del gabbiano troverai il sentiero del sole, dell’estate e della libertà. Sarebbe bello non avere piedi per camminare né pancia da riempire né mani da lavare. Sarebbe bello avere solo una mente un cuore e un’anima per vivere ed amare.
C’è una strada che esce dal bosco e che porta a valle, a valle fino al mare. Non uscire dal sentiero segnato poiché spiriti maligni sono in agguato e ti potrebbero rapire, incatenandoti all’albero della malinconia continuamente annaffiato dalle lacrime di chi soffre del male di vivere. Perdonami per non aver potuto seguire la luce del sole per averti amato con tanta passione. C’è una strada che esce dal bosco e che porta a valle a valle fino al mare. Seguila fino a bagnarti, fino a che il sale sulla pelle ti asciugherà il sudore della vita, e sarà bello sai, sarà bello anche se io non sarò con te, sarà bello vedrai, anche se io rimarrò qui nel bosco, immaginando soltanto che tu sia ancora con me.
Nel bosco sospeso nel tempo fantastico
rimane dolce, amorevole idea
legata al ramo gentile
per grazia d’un tenero picciolo
d’anima fragile
che al primo soffio di vento audace
rimarrà indifesa
costretta alla resa.
Rideranno dispettosi i folletti
le fate intoneranno canto felice
l’unicorno tornerà prodigioso a calpestare
felci argentate di terra rigogliosa
e tu magia d’un sogno d’amore,
tornato dalle braccia del cielo meraviglioso,
risuonerai come dolce tamburo
nel mio cuore vibrato e pizzicato
da mille violini baciati
da labbra di stelle soffuse.
Ci rapimmo ai margini del bosco tra pezzi di cielo, felci avvolgenti e tronchi caduti. Una fuga improvvisa tra sentieri immaginati, fragole rosse e cespugli di more. Lontano, ruggiva il mondo di suoni stonati, gesti sfiancati, labirinti usurati da rettilinei senza perché.
Dietro ogni spiga del grano dorato nascosta è una virgola di cielo. Scorre sullo stelo, il passo frettoloso di gialle coccinelle in fila indiana.
S’arrampicano e giungono su in cima una dietro l’altra, ordinate. Sorprese e incantate, lo guardano, quel sole, come lì giunto fosse solo allora,
nascosto, prima, dal bosco ombroso e fitto di gambi lunghi e snelli.
Per nulla impensierite dal tragitto, sotto le elitre preziose d’arte, le alette tenerelle ardon per la voglia di tuffarsi là dove ancora dormono le stelle, e avvicinar la fonte incandescente nel fuoco azzurro, come uccelli in volo.
Fan come la chimera speranzosa fa, salendo come fumo d’incenso nel grande spazio della cattedrale: sale fine colonna e sempre più si spande e riempie il vuoto e l’improfuma, e va a lambire i vetri colorati dove il sole entra col raggio polveroso e pare del ciel la grazia e la benedizione.
El pueblo unido jamás será vencido,
el pueblo unido jamás será vencido!
De pie, cantar que vamos a triunfar.
Avanzan ya banderas de unidad,
y tu vendrás marchando junto a mí
y así verás tu canto y tu bandera
al florecer la luz de un rojo amanecer
anuncia ya la vida que vendrá.
De pie, marciar,
que el pueblo va a triunfar.
Será mejor la vida que vendrá
a conquistar nuestra felicidad
y en un clamor mil voces de combate
se alzarán, dirán,
canción de libertad,
con decisión la patria vencerá.
Y ahora el pueblo que se alza en la lucha
con voz de gigante gritando: ¡Adelante!
El pueblo unido jamás será vencido,
el pueblo unido jamás será vencido!
La patria está forjando la unidad.
De norte a sur se movilizará,
desde el salar ardiente y mineral
al bosque austral,
unidos en la lucha y el trabajo irán
la patria cubrirán.
Su paso ya anuncia el porvenir.
De pie cantar que el pueblo va a triunfar
millones ya imponen la verdad.
De acero son, ardiente batallón.
Sus manos van, llevando la justicia
y la razón, mujer,
con fuego y con valor,
ya estas aquí junto al trabajador.
Y ahora el pueblo que se alza en la lucha
con voz de gigante gritando: ¡Adelante!
El pueblo unido jamás será vencido,
El pueblo unido jamás será vencido!
§
Il popolo unito, non sarà mai vinto
Il popolo unito, non sarà mai vinto
In piedi, cantare
che trionferemo.
Già avanzano
Bandiere di unità.
E tu verrai
camminando con me
e così vedrai
prosperare il tuo canto e la tua bandiera.
La luce
di un tramonto rosso
già annuncia
la vita che verrà.
In piedi, combattere
il popolo trionferà.
Sarà migliore
la vita che verrà
a conquistare
la nostra felicità
e in un lamento
mille voci di lotta si alzeranno,
diranno
canzone di libertà,
con decisione
la patria vincerà
E ora il popolo
che si alza nella lotta
con voce da gigante
urlando: avanti!
Il popolo unito, non sarà mai vinto
Il popolo unito, non sarà mai vinto
La patria sta
forgiando l’unità
da nord a sud
si muoverà
dal salare
ardente e minerale
al bosco australe
uniti nella lotta e nel lavoro
andranno,
percorreranno la patria
il loro passo già
annuncia il futuro.
In piedi, cantare
il popolo trionferà.
A milioni
impongono la verità,
sono uno squadrone
di acciaio ardente,
le loro mani
porteranno la giustizia e la ragione
Donna,
con fuoco e con valore,
sei qui
insieme al lavoratore.
E ora il popolo
che si alza nella lotta
con voce da gigante
urlando: avanti!
Il popolo unito, non sarà mai vinto
Il popolo unito, non sarà mai vinto
Giovane amore non ti spaventare se dico che ti amo. L’ amore mio non è fatto di fuoco è dolce, tenero, fatto di colori di aurore e tramonti di profumi di bosco di carezze sognate di abbracci infiniti.
Non è passione che travolge il cuore, non è bufera che tutto porta via, è un sospiro che fiamma di candela fa vibrare, è una soffusa melodia che addolcisce l’aria quando il freddo vorrebbe raggelare il cuore.
Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto?
Ad abbeverarsi ad un’acqua scritta
che riflette il suo musetto come carta carbone?
Perché alza la testa, sente forse qualcosa?
Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità,
da sotto le mie dita rizza le orecchie.
Silenzio – anche questa parola fruscia sulla carta
e scosta
i rami generati dalla parola “bosco”.
Sopra il foglio bianco si preparano al balzo
lettere che possono mettersi male,
un assedio di frasi
che non lasceranno scampo.
In una goccia d’inchiostro c’è una buona scorta
di cacciatori con l’occhio al mirino,
pronti a correr giù per la ripida penna,
a circondare la cerva, a puntare.
Dimenticano che la vita non è qui.
Altre leggi, nero su bianco, vigono qui.
Un batter d’occhio durerà quanto dico io,
si lascerà dividere in piccole eternità
piene di pallottole fermate in volo.
Non una cosa avverrà qui se non voglio.
Senza il mio assenso non cadrà foglia,
né si piegherà stelo sotto il punto del piccolo zoccolo.
C’è dunque un mondo
di cui reggo le sorti indipendenti?
Un tempo che lego con catene di segni?
Un esistere a mio comando incessante?
La gioia di scrivere
Il potere di perpetuare.
La vendetta d’una mano mortale.
Nel mio giardino l’alba filtra tra gli alberi scarni; le ultime chiazze di neve dipinge d’un roseo appassito e smuove le gocce che scivolano lente lungo il sentiero che bacia le sponde del Lys. Già un tempo, il vate che a Bolgheri parlò coi cipressi, tra queste vallate si perse. E il suo canto raccolse il fiume impetuoso e racchiuse tra gli orridi di Guillemore scavati tra i monti nel lungo suo andare. E un’allodola il verso riprese e trasmise nel tempo alla nuova progenie. E al mattino il gorgheggio ripete le parole apprese a memoria e trasmette, da un ramo d’un vecchio abete arroccato nel bosco, melodie che sol io ancora riesco a sentire, e capire, e su un foglio di carta archiviare.