giacciono gli intenti
: ciechi.
Nessuna insidia li sfiora.
Lo squarcio di luce
dall’oriente non li tocca
: parole che gridi non odono.
Neanche la pioggia
che piange improvvisa
li commuove.
Nudi, esangui
L’amore degli altri
La pallida pianista
L’eburnee piccole mani
fuggivano lievi, correndo,
fremendo sui lucidi tasti
volavano. Sfiorata. Dalle agili,
magiche dita destata dal sonno
la bianca tastiera vibrava
di garrule note in tripudio
nell’aria commossa con mille
faville qual vivida fiamma
salivano, ardenti tremavano
un attimo breve, poi lieve
di suoni una pioggia fatata
dorata pareva discendere,
dall’alto e al cuore fluire,
fasciarlo radiosa in morbido
e tenue calore.
– Il mio sguardo
immobile era fisso nel dolce
carissimo viso. Vedevo
la pallida fronte, gli intenti,
sereni occhi suoi, le gote,
le labbra rosate, i bruni capelli
fulgenti in un’ala di luce …
Armoniosa arcana dolcezza
mai conosciuta sentivo salire
nell’anima muta, vaporosa
sfumare nell’eco di tremuli
suoni: nel vuoto, nel nulla
d’intorno svanivano tutte
le cose. Poi sùbito, tacque
improvviso il soave concènto
e leggère fuggendo sull’ali
del vento le ultime note,
volse su me le sue grandi
pupille e in quell’attimo,
incanto d’un’ora divina,
mi parve rivivere tutto.
L’armadio
nelle scansie degli intenti
falliti
capi stanchi sulle grucce
appesi
ciondoloni o coi risvolti lisi
piangono rosari
e cristi mai risorti
lacrime e bestemmie -misura unica –
mi stringono la vita
e mia madre un nuovo santo
da pregare.
Io non ho santi né padroni
e ho smesso di contare i giorni
osservo le Tineidi sbrindellare stoffe
di cheratina ingorde
e allora faccio scorte di pensieri buoni
chè la fame non abbia
il brontolio di pancia a pezzi.