Eppure

Quando ti sveglio
so di ferirmi il labbro.
Il viso tuo affilato è tornato da una guerra
la lingua dentro ha fatto una tana
la paura, t’ha scritto mille lettere
e un foglio.

Eppure vengo
perché ho metà del corpo
senza una piuma dentro
e legna per l’inverno, e parole con un senso.
Se non ti sveglio l’elica inghiotte
il cigno muore
il buio dura tutta la notte
e non respiro.

Massimo Botturi

Published in: on settembre 24, 2011 at 06:51  Comments (3)  
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La lingua di mia madre

LA LENGA DE MA MÉRE

Quan dz’ëro petsou din lo brë,
Mamma in tsanten dejet parë:
“Në në dessu la pluma,
In bon repou,
Mon dzen petsou,
Fé nëna, druma druma”.

Quan un Non tsëjet de se pot,
Aprë llie dze dijò lo mot:
(in dzeugnen le man). Jeuse…
Jesu, Josè
Vardade-mè
Cetta nët. Amejeuse.

Lettre ma mamma sayet pà;
A prèdzé llie m’at inségnà
Sensa gneuna Grammère.
Mè pi grantet,
Dze prédzo adret
La lenga de ma mère.

L’est de coteuma i dzor de vouë,
Qu’atot d’entso su lo papë,
In pout dëre (pachence!),
Tan in patoè,
Come in francè,
Le bague qu’in se pense.

In adzeublen et lettre et mot.
Dz’aprouvo d’ecrire mè ettot
Lo patoë de mon përe.
Më! tot solet,
Pouro vieillet,
Que pourri-dzò tan fëre?

§

Quand’ero piccolo nella culla

mia madre cantando così diceva:

“Në në sulla piuma,

in buon riposo,

mio bel piccino,

fai la ninna, dormi dormi”

Quando un nome cadeva dalle sue labbra

dopo di lei ripetevo la parola:

(giungendo le mani): jeuse…

Gesù, Giuseppe

proteggetemi

questa notte. Così sia.

Mia madre non conosceva le lettere;

a parlare lei m’ha insegnato

senza nessuna Grammatica.

Io più cresciuto

parlo come si deve

la lingua di mia madre.

E’ costume oggigiorno,

che con l’inchiostro sulla carta,

si possa dire (finalmente!),

tanto in patois,

quanto in francese,

le cose che si pensa.

Combinando lettere e parole,

anch’io provo a scrivere

il patois di mio padre.

Ma! tutto solo,

povero vecchietto,

che cosa mai potrò fare?

JEAN-BAPTISTE CERLOGNE

 

Domani è già mai più

Riesumo la mia danza
a fil di baratro
tra le scocche d’un mutismo
assemblato in desiderio non invasivo.
Fingo incessante
l’“all right” di circostanza
a filo d’occhio interrotto
da suono, da lusinga, da parola mai arrivati.

Nel frattempo
stringo disgustata
competizioni d’arrogante presenza
irrispettosa
nel dispetto d’un esserci senza richiesta.

Evapora un’ansia
e una farfalla
si arresta a mezz’aria.
Trascina le sue ali nell’alito dei suoi colori spettrali
burlandosi d’un inchiostro appoggiato
in cima ad un burrone di carta bruciata,
di lettere già evaporate nel fumo
che ho trascinato con gli occhi
nel dimenticatoio d’un voler
ricominciare.

Glò

Lontananza

Mi chiedi di non dimenticarti
Quando mi accorgo ora che ogni canzone diceva
Il tuo nome – in ogni musica – come una profezia
C’erano le tue lettere – in ogni nota
Come una fumosa condanna indecifrabile

Mi chiedi di non dimenticarti!
Ed io ti domando invece dov’eri
Quando non capivo le parole
Quando le mie lacrime non sapevano
Dove cadere, dov’eri?

Il ricordo è l’unica arma che ho ora
Per combattere questa Spietata Dea
E la userò fino a che non si consumerà
Nelle mie mani – ed anche allora
Sarà così potente da farle ancora paura

Nicole Marchesin

Published in: on Maggio 29, 2011 at 07:25  Comments (2)  
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Domani è già mai più

Riesumo la mia danza
a fil di baratro
tra le scocche d’un mutismo
assemblato in desiderio non invasivo.
Fingo incessante
l'”all right” di circostanza
a filo d’occhio interrotto
da suono, da lusinga, da parola mai arrivati.

Nel frattempo
stringo disgustata
competizioni d’arrogante presenza
irrispettosa
nel dispetto d’un esserci senza richiesta.

Evapora un’ansia
e una farfalla
si arresta a mezz’aria.
Trascina le sue ali nell’alito dei suoi colori spettrali
burlandosi d’un inchiostro appoggiato
in cima ad un burrone di carta bruciata,
di lettere già evaporate nel fumo
che ho trascinato con gli occhi
nel dimenticatoio d’un voler
ricominciare.

Glò

Ti vedo tra le righe

Tra le lettere assemblate così ti immagino
Surreale tra fiori e prati
Nel silenzio della campagna a primavera
Forte e fiero del tuo essere
Ma fragile nel cuore
Bisognoso di parole sentimenti sempre più vivi
Che non tramontano mai

Gianna Faraon

Published in: on febbraio 15, 2011 at 07:37  Comments (2)  
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Boh!

Ma che dici
quella cacca l’ha fatta
il tuo gatto soriano
il mio è
educato
mangia tacchino e vongole
e fa le sue feci
là nell’angolo del
mio giardino
ma quell’oleandro striminzito
penzola volgarmente
sul mio
terrazzo
e porta vermi e malanni
Ma signora non si vergogna
suo figlio
la sera
canta e pure da tenore
e il Grande Fratello
è a quell’ora
cacchio si sposti no!
Con quelle mani
m’insozza la carrozzeria

E respirate la mia
stessa aria
avete sempre ragione
e cercate l’occasione
per farvi
piacere
tutti quelli che dovrebbero restare
al loro paese
e poi fate
beneficenza
come se foste davvero voi
del mondo la speranza
e vi vedo
che non andate in Chiesa
anche se dite
di pregare alla vostra maniera
e
pagate le tasse
disturbate sui tram
con la vostra tosse
e riempite le
pagine dei giornali
con lettere di protesta
mentre io vorrei leggere i
vostri necrologi
e mi fate ombra
siete vento che porta tempesta

E voi, pezzenti,
testimoni freddolosi
di sguardi disgustati
e cravatte ben zavorrate,
con le vostre pupille
verde semaforo
e le unghie lerce
dei miei avanzi,
siete degni
della Città di Dio.
Contrabbandate favelas
qui, sotto il naso
del mio salotto buono,
rovinandomi l’aroma
del meritato caffè,
magari raccolto
proprio dalle vostre
lorde mani nere.

Mandrie di nubi
vomitano dal cielo
acque inquinate con zolfi
e residui di smog
La terra tutta
ormai nel vuoto spazio
si sotterra vergognosa
della stupida umanità
Non riesco pensare
al cibo stamane
Cosa sarà farina
di sterco
oppure carne di ratto
Certo avere un cavallo alato
e raggiungere un mondo
lontano dall’uomo
terrestre sarebbe
fantastico

O forse la soluzione
a tutto questo
troiaio
è semplice
buttare nel cesso
le chiavi
di tutte le nostre case
nei tombini per strada
quelle delle nostre automobili
chissà che si ritrovi
un po’ di umanità

Tinti Baldini, Maria Attanasio, Flavio Zago,

Marcello Plavier, Kinita

Fratello

Hai capelli d’inverno
occhi
lucenti d’onice.
Riaffiorano
ancor
sulle ciglia
aquiloni bianchi e
rocchetti intagliati
d’infanzia.
Partisti
un giorno e
sulla panca
in fredda cucina
ti scrivevo
lettere
su fogli di scuola.
Ora
più non corriamo
nella campagna
la nostra casa è
letto di strada.

Graziella Cappelli

Trovarti

Ho speso tutti i miei averi
in inchiostro e lettere
senza indirizzo.

Quanto mi costa
stanotte
guardarti in silenzio.

Anileda Xeka

Published in: on ottobre 13, 2010 at 06:58  Comments (2)  
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Il bugiardino

l bugiardino è quel foglietto scritto
– confezionato coi medicinali –
che a lettere minute e fitto, fitto
lista gl’ingredienti e quali mali
ti cura, e al tempo stesso invece, quali
può far venire, ipoteticamente,
che sono peggio degli originali
e t’impaurisce e non ne fai più niente.

Ci fosse sempre pronto un bugiardino
in tutte le occasioni della vita,
come quando, ad esempio, sei vicino
all’innamoramento e lui t’addita
i pro e i contro…che non è una gita
innamorarsi: può essere rischioso,
infatti, e può portarti una ferita
nel cuore, ché non è sempre gioioso
trovare l’amorosa, o l’amoroso.

Armando Bettozzi