Senza peccato

Lanciasti convinto
il tuo sasso tagliente,
sospinto e incitato
da grida di bronzo.

Quel mero disegno,
di linee pure,
per te era pegno e
garanzia di ragione.

Ma i tuoi aloni deviati,
di fluidi ormai pregni,
imbracciavano vinti
concetti stranieri.

Mai avresti scoperto
la supplica fioca,
se non risvegliata
da quel tonfo incerto.

Una pietra ignara
s’investe golosa,
di venti inventati,
da suoni scordati.

Tu, scostati centro,
che la mira è più vera,
di lingue schioccanti
e libere, e stolte.

Flavio Zago

Published in: on ottobre 14, 2015 at 07:46  Lascia un commento  

Vello di nuvole

Il volo

I

Dall’aereo scorgo

vello di nuvole:
opprime, schiaccia,
s’inoltra, incombe
più in basso di noi,
sulla Terra.

Il clima cambia
a causa d’uomo egoista
che crede essere eterno

al di sopra di mali e di guerra!

E il tempo piange,
sempre più
dal passato,

sul presente:
c’immerge, ci coinvolge

sconvolgendo il pianeta

da tsunami impazziti,
già allagato da fiumi
dall’alveo tracimati,

dalle frane e dai sismi.

Intanto!
Chi sembra
porvi rimedio?

Non è opera mia
giudicar gli impuniti
ma di TUTTI:

per il mercimonio e/o altro
di Capi di Stato potenti –

di Teocrati in nome di Dio (del Loro) –

tutte

le attuali “civiltà”
avranno fine.

Migliori gli animali,
ché l’anima ce l’hanno.

Alcuni
Capi del Mondo (e Teocrati),
ch’è (sarebbe?) anche nostro,
stuprano pure il futuro,
ché il presente non basta!

Ma a tutto pagheranno
i loro figli,

purtroppo,
con i nostri.

II

Oggi Terzo Millennio

Chi s’interessa e di chi?
Di chi rimarrà questo
Mondo distrutto?

A macerati reduci scampati?

Sopratutto a quei, d’uomo
conviventi, maggioranza i battéri,
nemici e amici
che son fuori, e d’intorno
sopra e dentro di noi:

nemici infettivi;

amici,
complemento di vita
nostra, ci dominano
trasmessi nel cordone ombelicale
di nostra madre:
da allora ne portiamo un chilo dentro,
o forse più, per tutto il nostro
“viaggio”.

Impossessati?

Perché fauna e flora battérica
son d’obbligo alla nostra
sussistenza?

Così l’uomo è imperfetto.
E nel così crearci,
ci ha aiutato, senza il suo clone,
Iddio?

Speriamo di salvarci
con le nostre
sinapsi cerebrali:
la mente,
studiando/ricercando
sempre la Vita.

Paolo Santangelo

Published in: on ottobre 14, 2015 at 07:44  Lascia un commento  

Notturno mare

NOCTURNO MAR

Ni tu silencio duro cristal de dura roca,
ni el frío de la mano que me tiendes,
ni tus palabras secas, sin tiempo ni color,
ni mi nombre, ni siquiera mi nombre
que dictas como cifra desnuda de sentido;

ni la herida profunda, ni la sangre
que mana de sus labios, palpitante,
ni la distancia cada vez más fría
sábana nieve de hospital invierno
tendida entre los dos como la duda;

nada, nada podrá ser más amargo
que el mar que llevo dentro, solo y ciego,
el mar, antiguo Edipo que me recorre a tientas
desde todos los siglos,
cuando mi sangre aún no era mi sangre,
cuando mi piel crecía en la piel de otro cuerpo,
cuando alguien respiraba por mí que aún no nacía.

El mar que sube mudo hasta mis labios,
el mar que me satura
con el mortal veneno que no mata
pues prolonga la vida y duele más que el dolor.
El mar que hace un trabajo lento y lento
forjando en la caverna de mi pecho
el puño airado de mi corazón.

Mar sin viento ni cielo,
sin olas, desolado,
nocturno mar sin espuma en los labios,
nocturno mar sin cólera, conforme
con lamer las paredes que lo mantienen preso
y esclavo que no rompe sus riberas
y ciego que no busca la luz que le robaron
y amante que no quiere sino su desamor.

Mar que arrastra despojos silenciosos,
olvidos olvidados y deseos,
sílabas de recuerdos y rencores,
ahogados sueños de recién nacidos,
perfiles y perfumes mutilados,
fibras de luz y náufragos cabellos.

Nocturno mar amargo
que circula en estrechos corredores
de corales arterias y raíces
y venas y medusas capilares.

Mar que teje en la sombra su tejido flotante,
con azules agujas ensartadas
con hilos nervios y tensos cordones.

Nocturno mar amargo
que humedece mi lengua con su lenta saliva,
que hace crecer mis uñas con la fuerza
de su marca oscura.

Mi oreja sigue su rumor secreto,
oigo crecer sus rocas y sus plantas
que alargan más y más sus labios dedos.

Lo llevo en mí como un remordimiento,
pecado ajeno y sueño misterioso
y lo arrullo y lo duermo
y lo escondo y lo cuido y le guardo el secreto.

§

Né il tuo silenzio, duro cristallo di roccia,
né il freddo della mano che mi tendi,
né le tue parole secche, senza tempo né colore,
né il mio nome, nemmeno il mio nome,
che pronunci come cifra nuda di significato;

né la ferita profonda, né il sangue
che sgorga dalle tue labbra, palpitante,
né la distanza ogni volta più fredda
lenzuolo neve di ospedale inverno
teso tra di noi come il dubbio;

nulla, nulla potrà essere più amaro
del mare che porto dentro, solo e cieco,
il mare antico Edipo che mi rincorre a tentoni
da tutti i secoli,
quando il mio sangue ancora non era il mio sangue,
quando la mia pelle cresceva nella pelle di un altro corpo,
quando qualcuno respirava per me perché ancora non esistevo.

Il mare che sale muto fino alle mie labbra,
il mare che mi satura
con il mortale veleno che non uccide
poiché prolunga la vita e duole più del dolore.
Il mare che fa un lavoro lento e lento
forgiando nella caverna del petto
il pugno adirato del mio cuore.

Mare senza vento né cielo,
senza onde, disorientato,
notturno mare senza spuma sulle labbra,
notturno mare senza collera, fedele
a leccare le pareti che lo tengono imprigionato
e schiavo che non rompe le sue sponde
e cieco che non cerca la luce che gli rubarono
e amante che solo brama il proprio disamore.

Mare che trascina spoglie silenziose,
oblii dimenticati e desideri,
sillabe di ricordi e rancori,
sogni affogati di neonati,
profili e profumi mutilati,
fibre di luce e naufraghi capelli.

Notturno mare amaro
che circola in stretti corridoi
di coralli arterie e radici
e vene meduse capillari.

Mare che tesse nell’ombra la sua trama oscillante,
con azzurri aghi infilati
di fili e nervi e tesi cordami.

Notturno mare amaro
che inumidisce la mia lingua con la sua lenta saliva,
che fa crescere le mie unghie con la forza
del suo segno oscuro.

Il mio udito segue il suo segreto rumore,
sento crescere le sue rocce e le sue piante
che allargano e allargano le sue labbra e le dita.

Lo porto in me come il rimorso,
peccato alieno e sogno misterioso
lo cullo lo dormo lo nascondo e lo curo e ne mantengo il segreto.

XAVIER VILLAURRUTIA

Published in: on ottobre 14, 2015 at 07:38  Comments (1)  

Suona

aria settembrina

in punte di raso tocca

le acque dolci del lago

fuggi dalle parole

per entrare nel cuore di un angelo

e sostare sull’amicizia dei giorni

Aurelia Tieghi

Published in: on ottobre 14, 2015 at 07:29  Comments (2)  

Nel bosco

eccomi –

espansa nella luce

tra il sole e il tetto degli abeti,

sorpresa dal privilegio

di uno scoiattolo in fuga

e di due cavalli bradi.

commossa come lo ero bambina

dai campanacci delle mucche

ne ascolto la musica dall’odore caldo.

eccomi –

io da sola – nel bosco –

col felice timore di perdermi.

 

Anna Zucchini

Published in: on ottobre 14, 2015 at 07:20  Comments (1)