Città e potenze e troni

CITIES AND THRONES AND POWERS

Cities and Thrones and Powers,
Stand in Time’s eye,
Almost as long as flowers,
Which daily die:
But, as new buds put forth
To glad new men,
Out of the spent and unconsidered Earth,
The Cities rise again.

This season’s Daffodil,
She never hears,
What change, what chance, what chill,
Cut down last year’s;
But with bold countenance,
And knowledge small,
Esteems her seven days’ continuance,
To be perpetual.

So Time that is o’er -kind,
To all that be,
Ordains us e’en as blind,
As bold as she:
That in our very death,
And burial sure,
Shadow to shadow, well persuaded, saith,
“See how our works endure!”

§

Città e potenze e troni
Stanno sotto l’occhio del tempo,
Quasi quanto i fiori,
Che giornalmente muoiono:
Ma, come spuntano gemme novelle
Per rallegrare altri uomini,
Così dalla terra esausta e dimenticata
Risorgono le città

Il narciso di questa stagione,
Non viene mai a sapere
Quale mutamento, caso, gelo
Stroncasse quelli dell’anno passato;
Ma con audace aspetto
E conoscenza poca,
La sua durata di sette giorni
Pensa perpetua.

Così il tempo, generoso oltre ogni segno
Con tutto ciò che esiste,
Ci fa altrettanto ciechi
E audaci che il narciso:
E nella morte stessa,
E sepoltura certa,
Ombra a ombra, ben persuasa, dice:
« Vedi l’opera nostra come dura! ».

RUDYARD KIPLING

MUOVESI L’AMANTE

Muovesi l’amante per la cos’amata come il senso e la sensibile e con seco s’unisce e fassi una cosa medesima. L’opera è la prima cosa che nasce dell’unione. Se la cosa amata è vile, l’amante si fa vile. Quando la cosa unita è conveniente al suo unitore, li seguita dilettazione e piacere e sadisfazione. Quando l’amante è giunto all’amato, lì si riposa. Quando il peso è posato, lì si riposa. La cosa cognusciuta col nostro intelletto.

LEONARDO DA VINCI

Giorni

Vi erano giorni
per credere nell’opera
del mare
i suoi occhi pieni
culle di cielo
variavano
nella vastità

Vi erano giorni
colmi di strade dove
la montagna mediterranea
scendeva, s’appoggiava al blu
ne scorgevo la forza odorosa
anche se
pareva annegare

Vi erano giorni grandiosi
da incorporare
che scioglievano il moto del sale
lo spettacolo azzurro
mi inghiottiva
avvolgendo la sfera dei miei viaggi.

Aurelia Tieghi

Published in: on giugno 25, 2011 at 07:08  Comments (4)  
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Vigne

Voi, ch’amate le nostre terre sacre –
d’antica età, e voi appena nate –
v’abbeverate alla fatica alacre
e poi riconoscenti ci donate

il sangue vostro qual nostro tesoro
cresciuto in quelle piccolette sfere
ad opera dell’aria e ‘l sole d’oro,
che tramutiamo in nettare da bere.

Da sempre vostra patria è tutto il mondo,
ché tutto il mondo ama quel che siete,
e a quel che date, ingenuo e giocondo
l’umore suo affida, e la sua sete.

Confida in quel tesoro che gli date
pe’ accrescere letizia a un bell’evento,
o per trovar conforto a sciagurate
giornate che ogni tanto porta il vento.

Magia, è quel che fate col buon vino,
e se con il buon vino, in tutto il mondo,
s’alzassero i bicchieri, dal vicino
al più lontano uomo, e in girotondo

brindasse ogni abitante della terra
gridando “Pace!” e “Fuori ogni follia!”
cancellereste il nome della guerra,
facendo – invero – la più gran magia!

Armando Bettozzi

L’opera

Sull’aria
di “dammi un motivo”
luce di tue parole
solo per averti
avrebbe potuto la mia bocca
calcare palcoscenici a te oscuri
per farti ancora spettatrice
ma avrebbe stonato l’avvenire

forse sarei stato padrone
di chiavi di violino
ma avrei aperto il tuo cuore
con le note dell’inganno

e di drammi o sinfonie oggi
preferisco l’ombra delle tue spalle
sulle mie braccia alzate
con una viola in mano
per intonare l’opera del tuo volere
cambiando ogni tanto lirica

Pierluigi Ciolini

ODIO GLI INDIFFERENTI

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

ANTONIO GRAMSCI

Mattinale


Pregare ogni mattina
poi fare opera buona
e andare a lavorare
oppure a studiare
son queste le mansioni
dei poveri coglioni
che dicon sempre sì!

“Ma è buona educazione!”
ti sbotta qui il saccente
che detto fra parentesi
è anche un maldicente.

Avanti pur di lena
… qui lascio a chi può averne voglia
di continuare più degnamente di me
che ho scritto il pezzo introduttivo
mentr’ero assai giulivo!

Sandro Sermenghi

Nebula

Pensieri ad anello
percorsi, ricorsi,
eterni fuggenti
istanti immortali.

Cercare sequenze,
assetti valenti
tra questi frammenti
è opera ria.

– Non fossi sì solo
nel freddo del cosmo,
tra un Pico di Pico
e un Tera alla Tera,
potrei valutare
il valore del pianto,
dell’equo d’errori,
d’assoluti insoluti.

– Così il Nulla svanisce
non appena lo penso,
e il Tutto non è
finché non è nominato
e già sillabato
è monco d’inizio.

In un eterno finito
non essere tutto,
in un infinito spezzato
non essere niente.

– Che mestizia, che vuoto.
Che non finimondo.
Forse è meglio colmare
questo non Tutto.
Forse è meglio freddare
tutto questo non Nulla.

Catafatismo incombente.

– Sia fatta la luce!

E il Caos finì?

Flavio Zago

Un’opera d’arte

“Un’opera d’arte è soprattutto un’avventura della mente”

EUGÈNE JONESCO

Published in: on ottobre 10, 2010 at 07:07  Comments (3)  
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Una poesia

Una poesia si specchia in una pietra di turchese
e lì si ferma per un attimo.
Poi ricomincia a vagare,
per dare vita forse ai colori di un disegno
ricamato su una coperta.
I giunchi, raccolti lì vicino,
vengono intrecciati da abili dita e
diventano un cesto:
la sua forma ricorda la volta del cielo.
Un pezzo di legno è lavorato:
da lui si ricaverà un’opera che dimostrerà
quale armonia ci sia fra legno e
intagliatore.
Il cervo percorre il suo sentiero e
l’aquila plana a grandi cerchi nel cielo.
Il salmone, nel tumultuoso torrente,
incontra l’orso che lo aspetta sulla riva.
I bambini danzano.
E l’artista afferra al volo tutto ciò
e la forza artistica della rappresentazione
guida le sue dita.
I lupi stanno mangiando un vecchio cervo
dividendosi le carni dell’animale.
Una giovane foca saltella sul ghiaccio.
Un anziano morente sta canticchiando
sottovoce un canto di guerra.
Questo è il cerchio,
e gira senza inizio e senza fine.
E l’artigiano guarda la sua opera.
E’ lì seduto in equilibrio fra la fine del
mondo e il suo inizio.

NUVOLA AZZURRA (Poeta della Nazione Irochese)