Paese bello

Con le pietre delle mura
sempre esposte al sole e al gelo
sotto il cielo che ti cura
e ti copre col suo velo

e le pietre ed i mattoni
delle case ora struccate
ma che per generazioni
sono state intonacate,

e le altre ancor vestite
col vestito rinnovato
che nasconde le ferite
del gran tempo che è passato,

tutta bella sei, Bettona,
con la Piazza e la Fontana,
ch’è un gioiello che ti dona,
e quei giri di collana

delle strade e vicoletti,
che si allargano in piazzette;
con i coppi dei tuoi tetti,
di palazzi e di casette,

chiese e campanili al cielo;
col tuo insieme d’arte e storia,
sei un fiore ed il tuo stelo
è il tuo colle che si gloria

degli ulivi millenari
fin giù al piano, e il Poverello,
e anche Dante, in versi rari,
di te han detto, Paese bello!

Armando Bettozzi

Notte prima degli esami

Io mi ricordo, quattro ragazzi con la chitarra
e un pianoforte sulla spalla.
Come pini di Roma, la vita non li spezza,
questa notte è ancora nostra.
Come fanno le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati?
Le bombe delle sei non fanno male,
è solo il giorno che muore, è solo il giorno che muore.
Gli esami sono vicini, e tu sei troppo lontana dalla mia stanza.
Tuo padre sembra Dante e tuo fratello Ariosto,
stasera al solito posto, la luna sembra strana
sarà che non ti vedo da una settimana.
Maturità ti avessi preso prima,
le mie mani sul tuo seno, è fitto il tuo mistero.
Il tuo peccato è originale come i tuoi calzoni americani,
non fermare ti prego le mie mani
sulle tue cosce tese chiuse come le chiese,
quando ti vuoi confessare.
Notte prima degli esami, notte di polizia
certo qualcuno te lo sei portato via.
Notte di mamma e di papà col biberon in mano,
notte di nonno alla finestra, ma questa notte è ancora nostra.
Notte di giovani attori, di pizze fredde e di calzoni,
notte di sogni, di coppe e di campioni.
Notte di lacrime e preghiere,
la matematica non sarà mai il mio mestiere.
E gli aerei volano in alto tra New York e Mosca,
ma questa notte è ancora nostra, Claudia non tremare
non ti posso far male, se l’amore è amore.
Si accendono le luci qui sul palco
ma quanti amici intorno, mi viene voglia di cantare.
Forse cambiati, certo un po’ diversi
ma con la voglia ancora di cambiare,
se l’amore è amore, se l’amore è amore,
se l’amore è amore, se l’amore è amore,
se l’amore è amore.

ANTONELLO VENDITTI

Si è bruciato nel lume un moscerino

Leggo. Distratto va l’occhio alla Comedia,
va solo: consueta abitudine.
Ma come destriero che d’un salto abbia disarcionato il cavaliere,
s’è bruciato nel lume un moscerino.
.
Muta è la notte, ma la voce che arguta mi ronzava intorno,
tace e tacerà nell’eternità.
Che hai? Perché giù nel profondo anima, oscilli smarrita.
Nella sua piccola vita era tutto il suo mondo.
La sua canzone è svanita. E il suo volo è nel fuoco.
.
Sulla pagina bianca seguo i segni neri …. mi sembrano un gioco.
Dante e quel moscerino li ha uguagliati la morte
nella sua fosca pianura senza bassura né altura.
E anche il poema divino svanirà un dì nell’oblìo ….
.

Anzi TUTTO …. come quel ronzìo.

Paolo Santangelo

AMARE L’ITALIA

Che Dante non amasse l’Italia, chi vorrà dirlo? Anch’ei fu costretto, come qualunque altro l’ha mai veracemente amata, o mai l’amerà, a flagellarla a sangue, e mostrarle tutta la sua nudità, sì che ne senta vergogna.

NICCOLÓ UGO FOSCOLO

Published in: on marzo 17, 2011 at 07:21  Comments (4)  
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PAOLO E FRANCESCA (alla maniera di Sandrèn)

Quale migliore occasione, nel giorno di San Valentino, per parlare di due tra gli amanti più famosi della letteratura? Il nostro Sandrèn ci offre la sua versione dell’immortale vicenda di Paolo e Francesca, e lo fà alla sua maniera, nelle tre lingue sicuramente…più adatte! Buona lettura, amici!

§

Dante, nei versi dal 73 al 142 del V canto dell’Inferno, narra la tragica fine dell’amore fra Francesca da Rimini e Paolo, uccisi dal geloso Gianciotto per un fuggevole bacio non premeditato. L’unità affettiva dei due amanti è tale che, sebbene Francesca sia l’unica a parlare, si comprende che da lei “esce” anche la voce di Paolo: Dante, travolto dalla commozione, sviene. Jacqueline Risset, per le Edizioni Flammarion 1985, ha tradotto la Divina Commedia in francese. Paolo, finora, ha solo pianto; per equità, dopo tanto silenzio, qui si tenta di dargli voce, ben due volte ma in due distinti secoli, usando un linguaggio misto italo/franco/bolognese:


PAUL ET FRANÇOISE EN 1300

Voce vo’ dare a Paolo lussurioso
ché Dante il fé tacer, l’ignominioso:

“Noi s’era di lignaggio, di casato,
e il tempo trascorreva un po’ annoiato,
j’avais beaucoup des femmes, livres et d’argent,
mon cœur toujours fut plus que très gentil:
mé mai psèva pensèr ed fèrum vîl
e andèva par campagna fra i paysans.
Fut alors que nous lisions par agrément
cal lîber, che l’amåur vgné prepotänt,
mo sfîga såul un bès ai fó fra ed nô:
je le jure, beaucoup tremblant, sans le soupçon!
Pò ai sons, Caién, mon frère ch’al s’amazé,
ensemble, moi et la belle bouche, lé par lé!
Io mai potei capir perché l’amore
che arieggia, oltre ai polmoni, milza e core
me prit fort de la douceur de celle-ci
et après à mort unique nous a conduits!”
Dunque cotal parlò l’innamorato
e vòltosi all’indietro, assetato,
basciò la sua Francesca e via col vento,
si ascóser fra una nube mento a mento!

§

PÈVEL  E  FRANZASCA  DAL  2000

La vétta dal daumélla che tutto appiattisce,
ricchezze donne, consommations vices, il cosmo,
la tv… che nójja! am lamintèva avec l’ami Paul.
Mo truvaròja mâi la dòna dla mî vétta ? E ló,
marquis avec trois balles, mi diceva d’insésster
parché, peut être, prémma o pò, as sà che:
“Se chè§o ai §butéss amåur
dal incånter stra dû umàn,
suzéder i pôlen
di fât stran.
E di cunpurtamènt
che int la vétta,
spetadûr,
sänper a se dscurré aditànd
chi amèva sinzeramänt,
pasionalmänt,
as in dvanta finalmänt
lébber intérpret,
atûr,
mât spachè se al sêruv,
mo vîv bri§a teledipendént,
col côr in gåula
e al pensîr ch’al våula!”

§

PAOLO E FRANCESCA NEL 2000

La vita del duemila che tutto appiattisce,
ricchezze donne,  consumi vizi, il cosmo,
la tv… che noia! mi lamentavo con l’amico Paolo.
Ma troverò mai la donna della mia vita? E lui,
marchese con tre palle, mi diceva d’insistere
perché, può darsi, prima o poi, si sa che:
“ Se per caso sbottasse amore
dall’incontro fra due umani,
succedere possono
fatti strani.
E di comportamenti
che nella vita,
spettatori,
sempre si discorse additando
chi amava sinceramente,
passionalmente,
se ne diventa finalmente
liberi interpreti,
attori,
matti spaccati se serve,
ma vivi non teledipendenti,
col cuore in gola
e il pensier che vola!”

Sandro Sermenghi

LA DIVINA COMMEDIA IN TRE LINGUE

Il mitico Sandrèn, al secolo Sandro Sermenghi (per chi non è frequentatore abituale del nostro Cantiere) si è cimentato in un’impresa da par suo, componendo una personalissima versione, in bolognese ed in lingua, dei primi celeberrimi versi dell’Inferno,  l’incipit della Divina Commedia. Non solo, per queste due riduzioni in versi non è partito dalla versione originale di Dante (troppo facile!) bensì dalla traduzione inglese di Allen Mandelbaum…lo so, siete curiosi di sapere quale sia il risultato. Ebbene, non avete che da cliccare qui sotto sul link alla pagina dedicata alla…Divina Commedia in tre lingue!

LA DIVINA COMMEDIA IN TRE LINGUE

Buona lettura a tutti, e complimenti a Sandrèn!

Il Cantiere