Sum fateor, semperque fui, Callistrate pauper,
Sed non obscurus nec male notus eques,
sed toto legor orbe frequens et dicitur ‘Hic est’,
quodque cinis paucis, hoc mihi vita dedit.
At tua centenis incumbunt tecta columnis
Et libertinas arca flagellat opes,
Magnaque Niliacae servit tibi glaeba Syenes,
Tondet et innumeros Gallica Parma greges.
Hoc ego tuque sumus: sed quod sum, non potes esse:
Tu quod es, e populo quilibet esse potest.
§
Sono, non lo nego, e sempre sono stato, o Callistrato, povero,
ma non sono uno sconosciuto e nemmeno un cavaliere di scarso valore,
bensì mi leggono spesso in tutto il mondo e di me dicono: <<È proprio lui!>>,
e ciò che a pochi dà la morte, a me la vita ha dato.
Pure la tua casa si regge su colonne a centinaia
e la tua cassaforte custodisce le tue ricchezze di liberto,
e i vasti terreni di Siene sul Nilo sono a tua disposizione,
e la gallica Parma tosa per te innumerevoli greggi.
Mettiamola così: quel che sono io, tu mai puoi essere;
quel che tu sei invece può diventarlo una qualsiasi mezza cartuccia.
PUBLIO VALERIO MARZIALE
(Epigrammi V, XIII – Traduzione di Lorenzo De Ninis)