Replay

Dentro al replay
fra miliardi di altri ci sei
e non hai scia
luminosa d’auto
anche di periferia
come i sogni che farai
o prenderai a noleggio
quando ti addormenterai
con le scarpe sul letto
Dentro al replay
con la testa girata un po’ in su
da fotografia
ci sei anche tu prima di andare via
“se rimango ancora qui
è come se morissi
e guardandomi allo specchio
ad un tratto sparissi”
Cadono le stelle e sono cieco
e dove cadono non so
cercherò, proverò, davvero
ad avere sempre su di me il profumo delle mani
riuscire a fare sogni tridimensionali
non chiedere mai niente al mondo
solo te
come una cosa che non c’è
cercando dappertutto anche in me
ti vedo
Dentro al replay
per un attimo c’ero e anche lei
ma in quel momento
qualcosa ho cancellato
si è fermato il tempo, la sua regolarità
e come se morissi
è sparita anche la luna,
è cominciata l’eclissi
Cadono le stelle
allora è vero
e io non so se ci sarò
dove andrò
non lo so se lo merito o no
se correggerò gli effetti dei miei guasti nucleari
se troverò il coraggio ti telefono domani
e più sarò lontano e più sarò da te
dimenticato e muto
come uno che non c’è
tornerò, tornerò davvero
a sentire su di me profumo delle mani
di notte io farò sogni tridimensionali
senza chiedere mai niente al mondo
neanche a te
senza chiedermi perché
ti vedo dappertutto
anche in me
ti vedo

SAMUELE BERSANI

 

La fotografia

Uhe, no guarda la fotografia
sembra neanche un ragazzino
io, io son quello col vino
lui, lui è quello senza motorino
così adesso che è finito tutto e sono andati via
e la pioggia scherza con la saracinesca della lavanderia
no io aspetto solo che magari l’acqua non se lo lavi via
quel segno del gesso di quel corpo che han portato via
e tu maresciallo che hai continuato a dire andate tutti via
andate via che non c’è più niente da vedere niente da capire
credo che ti sbagli perché un morto di soli tredici anni
è proprio da vedere perché la gente sai magari fa anche finta
però le cose è meglio fargliele sapere.
Guarda la fotografia
sembra neanche un ragazzino
io son quello col vino
lui è quello senza motorino
era il solo a non voler capire d’esser stato sfortunato
nascere in un paese dove i fiori han paura e il sole è avvelenato
e sapeva quanto poco fosse un gioco… la sua faccia nel mirino
la… ohi… la… da… daradan… daradan… daradan…
è finita la pioggia tutto il gesso se l’è portato via
lo so che ti dispiace maresciallo, ma appoggiato alla lavanderia
era il mio di figlio, e forse è tutta colpa mia perché
perché come in certi malgoverni se in famiglia il padre ruba
anche il figlio a un certo punto vola via
e così lui non era lì per caso no. Anche lui sparava e via
ma forse il gioco era già stanco e non si è accorto neanche che moriva
guarda la fotografia
sembra neanche un ragazzino
io son quello col vino
lui è quello senza motorino
guarda la fotografia
sembra neanche un ragazzino
io son quello col vino
lui è quello senza motorino
la fotografia la fotografia la fotografia
tutto il resto è facce false della pubbliciteria
tutto il resto è brutta musica fatta solamente con la batteria
tutto il resto è sporca guerra stile stile mafieria
la fotografia tu che sei famoso, firma firma per piacere la fotografia.

ENZO JANNACCI

Italiani d’Argentina

Ecco, ci siamo
ci sentite da lì?
in questo sfondo infinito
siamo le ombre impressioniste
eppre noi qui
guidiamo macchine italiane
e vino e sigarette abbiamo
e amori tanti.

Trasmettiamo da una casa d’Argentina
illuminata nella notte che fa
la distanza atlantica
la memoria più vicina
e nessuna fotografia ci basterà.

Abbiamo l’aria di italiani d’Argentina
oramai certa come il tempo che farà
con che scarpe attraverseremo
queste domeniche mattina
e che voglie tante
che stipendi strani
che non tengono mai.

Ah, eppure è vita
ma ci sentite da lì?
in questi alberghi immensi
siamo file di denti al sole
ma ci piace, sì
ricordarvi in italiano
mentre ci dondoliamo
mentre vi trasmettiamo.

Trasmettiamo da una casa d’Argentina
con l’espressione radiofonica di chi sa
che la distanza è grande
la memoria cattiva e vicina
e nessun tango mai più
ci piacerà.

Abbiamo l’aria di italiani d’Argentina
ormai certa come il tempo che farà
e abbiamo piste infinite
negli aeroporti d’Argentina
lasciami la mano che si va.

Ahi, quantomar quantomar per l’Argentina.

La distanza è atlantica
la memoria cattiva e vicina
e nessun tango mai più
ci piacerà
Ahi, quantomar

Ecco, ci siamo
ci sentite da lì?
ma ci sentite da lì?

IVANO FOSSATI

Canzone della solitudine

A un passo
dai miei passi
si levano
frontiere vive
Non esiste
segno cardinale
solo la solitudine
moltiplicata
divisa fra moltitudini
di persone
La città ha
un aspetto
minerale
la sua geometria
non è bella
come quella appresa
a scuola.
Ricordo triangoli
foderati
cubetti come
di zucchero
uova variopinte.
Così iniziai il
cammino verso
le forme
poi arrivò
la circonferenza
e con lei
la prima donna
racchiusa in una luna
Cara solitudine
dove sei stata
sino ai miei tanti anni
senza fare conoscenza
certamente viaggiavi
nei treni, oppure
negli specchi
eccoti lì nella fotografia
stando sempre
a me vicina.
Tutto è stato inventato
ma nulla che
possa liberarci
dalla solitudine.

Marcello Plavier

Lettera ad una madre

(a quei ragazzi che, giusta o sbagliata,
fecero una scelta e pagarono con la vita
)

Adorata madre, altre mie non avrai.
Conservala con il ricordo che di me
invece terrai per sempre.
Per sempre porterai il dolore, per sempre,
oltre questa vita, porterò il rimorso.
Vorrei chiederti perdono per il tuo
soffrire che t’accompagna da quando
mi desti al mondo.
Ho creduto ad un ideale, alla mia giovane
follia, all’immortalità che da sempre
inganna con l’illusione della vittoria.
Scappai di notte, senza un tuo bacio,
senza la tua benedizione.
Al mattino,  piangente, stringesti al seno
la mia fotografia.
Presaga di un destino mortale
pregasti per me, per l’anima mia.
Mi hanno chiamato assassino,
ma non ho ucciso nessuno, madre mia.
Non festeggeremo la mia maggiore età,
ma la data è scritta su questi muri
insieme a quelle di chi prima di me
tornò a Dio.
Ho visto i volti dei miei nemici,
uguali al mio ancora glabro.
Nei loro occhi la stessa mia paura,
quella di morire.
Non odiarli, madre mia, basta l’odio
che mai avrei creduto di vedere.
In quei momenti dove gli uomini
di umano niente più hanno,
avrei voluto chiudermi tra le tue braccia
e liberare il mio pianto.
Nella camicia porto una margherita
colta in un prato assolato in un giorno
di tregua. Per pietà me l’hanno lasciata.
La porterò con me al muro
che aspetta il martire come una croce.
Quando sarà primavera, cogliene una,
mi avrai a te vicino.
Fatti baciare il volto da un raggio di sole.
sarà il mio eterno bacio, madre mia.

Claudio Pompi

Epitaffi

In vita non sono stato uno stinco di santo,
ma ora che questo corpo martoriato e stanco
sta facendo terra per i ceci,
mi ritrovo ad essere uomo pieno di pregi.
Non lo sapevo d’esser così di virtù adorno,
stanno scritte tutte su questo bianco marmo,
con lettere d’argento, sotto ad una croce
e sopra ad una prece, in bella mostra una
fotografia, lì c’è tutta la vita mia.
Sarà che sono morto ma non mi riconosco
in quella che reputo essere una grossa bugia.
Animo nobile, spirito illuminato, marito
fedele, padre adorato…
non è che avrete esagerato?
Sono stato quel che sono stato, non nego
che ho pure rubato e raggirato,
ma l’ho fatto con il potente, l’arrogante,
con coloro che fanno piangere la gente
e che della stessa non gliene frega niente.
Lasciatemi riposare sotto quest’albero fronzuto,
fate tacere quel prete che di me non sa nulla.
che di me s’è ricordato una volta l’anno,
quando per le porte, con la scusa della benedizione,
andava bussando e dentro la busta rimediava
i soldi per la sua congregazione.
Io sto bene qui da solo, tra un ladro
e due brave donne, tanto non c’è niente da rubare
e quando che verrà la notte a tutto penserò,
meno che a sollevar le gonne.
Di me ricordate solo quel che vi ho dato,
forse poco o quasi niente,
questo lo sa l’Onnipotente,
non lo sapete voi e neppure io.
Di sbagli, è vero, ne ho fatti tanti,
proprio per questo qui giace un uomo,
non l’ultimo dei santi.

Claudio Pompi

In ogni attimo

della tua assenza
muoio ad oltranza.

Lacrime che
non scendono.

A inumidirmi
è la fotografia
del tuo respiro.

Inutile variante
anche il dolore.

Silvano Conti

Published in: on marzo 1, 2010 at 07:21  Comments (4)  
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