La sconfitta

“I popoli imparano più da una sconfitta, che non i re dal trionfo”

GIUSEPPE MAZZINI

Published in: on febbraio 1, 2012 at 07:26  Comments (3)  
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Cinqueterre

 
Risaliamo gli acciottolati sentieri.
Nel trionfo dell’erica
ci sfiora la brezza salmastra
e del cisto la resinosa dolcezza,
ma a tratti sovrasta
l’aroma pungente del timo.
E’ un placido andare di zaini
son rossi, son gialli, son blu
a sfiorare gli arbusti
a scuoterne polline e odori;
e ancora su e giù per
terrazzi e sudati vigneti,
per piccoli borghi e giardini
dai tanti colori,
poi come bambini
rubare furtivi i limoni
dai rami stracolmi.
C’è aria di festa e l’andare
seppure in salita, non pesa;
sostiamo
lo sguardo all’azzurra distesa laggiù
alla roccia che emerge schiumando,
al raggio che scende dal cielo ovattato
nel mare e lo accende;
il cammino riprende…
le parole non bastano più!

Viviana Santandrea

Ndr:  Questa poesia è stata scritta molto tempo prima della drammatica alluvione che ha colpito questo meraviglioso angolo d’Italia.  Naturalmente noi la offriamo in segno di omaggio affettuoso e solidale alle popolazioni colpite, certi che i luoghi descritti da Viviana torneranno presto al loro splendore di sempre

Luna piena

LÒUNA PÈINA

Strécc såtta una lóuna péina
źughèr al amåur int un fòs:
pâsa d’in fnèsstra al petråss
fagànd al sô acût in “la”
e mé a m’apòg’ la schéina
a un vèc’ trabalànt cumå.

 E a mîr cun gósst e piaśair
cal savuré incånter notûren:
l’amåur come pâst diutûren
al nutréss pulîd òmn e dòna,
l’é una poeśî stèrl a guardèr
cme vîvrel pugè a una culåuna!

 I t fan sénter dimónndi vîv
al và e véggn e una carazza:
bèś gridulén mûsg lintazza
ch’i t cunpâgnen vérs al finèl
i t fan vgnîr alźîr e źulîv
parché i én na mèrcia trionfèl!

 L’amåur l’é lé a purtè ed man,
l’é davaira un animèl stran
mo an s pôl brîśa dèr sugeziån:
l’amåur l’é la pió gran pusiån!

 Vivägnel cun quèlca lizänza,
dû trî dé al maiś d’astinänza
fantaśî surpraiśa e libertè:
al srà un tariånf ed felizitè

§

Stretti sotto la luna piena
giocare all’amore in un fosso:
entra in finestra il pettirosso
facendo immenso acuto in “do”,
ed io m’appoggio la schiena
a un vecchio tarlato comò.

E miro con gusto e piacere
quel sapido incontro notturno:
l’amor come pasto diuturno
ben nutre sia l’uom che la donna,
è un’ode sia starlo a vedere
che averlo poggiati a colonna.

Ti fanno sentire assai vivo
il va e vieni ed una carezza:
baci morsi gridi lentezza
che ti guidan verso il finale
ti rendon leggero e giulivo
ché son come marcia trionfale!

L’amore è a portata di mano
è certo un animale strano
ma non ci può fare paura:
l’amore è la nostra natura!

Viviàmol con qualche indecenza
un giorno mensil d’astinenza
estro sorpresa e libertà:
sarà trionfo e felicità!

Sandro Sermenghi

Pioggia

LLUVIA

La lluvia tiene un vago secreto de ternura,

algo de soñolencia resignada y amable,

una música humilde se despierta con ella

que hace vibrar el alma dormida del paisaje.

Es un besar azul que recibe la Tierra,

el mito primitivo que vuelve a realizarse.

El contacto ya frío de cielo y tierra viejos

con una mansedumbre de atardecer constante.

Es la aurora del fruto. La que nos trae las flores

y nos unge de espíritu santo de los mares.

La que derrama vida sobre las sementeras

y en el alma tristeza de lo que no se sabe.

La nostalgia terrible de una vida perdida,

el fatal sentimiento de haber nacido tarde,

o la ilusión inquieta de un mañana imposible

con la inquietud cercana del color de la carne.

El amor se despierta en el gris de su ritmo,

nuestro cielo interior tiene un triunfo de sangre,

pero nuestro optimismo se convierte en tristeza

al contemplar las gotas muertas en los cristales.

Y son las gotas: ojos de infinito que miran

al infinito blanco que les sirvió de madre.

Cada gota de lluvia tiembla en el cristal turbio

y le dejan divinas heridas de diamante.

Son poetas del agua que han visto y que meditan

lo que la muchedumbre de los ríos no sabe.

¡Oh lluvia silenciosa, sin tormentas ni vientos,

lluvia mansa y serena de esquila y luz suave,

lluvia buena y pacifica que eres la verdadera,

la que llorosa y triste sobre las cosas caes!

¡Oh lluvia franciscana que llevas a tus gotas

almas de fuentes claras y humildes manantiales!

Cuando sobre los campos desciendes lentamente

las rosas de mi pecho con tus sonidos abres.

El canto primitivo que dices al silencio

y la historia sonora que cuentas al ramaje

los comenta llorando mi corazón desierto

en un negro y profundo pentágrama sin clave.

Mi alma tiene tristeza de la lluvia serena,

tristeza resignada de cosa irrealizable,

tengo en el horizonte un lucero encendido

y el corazón me impide que corra a contemplarte.

¡Oh lluvia silenciosa que los árboles aman

y eres sobre el piano dulzura emocionante;

das al alma las mismas nieblas y resonancias

que pones en el alma dormida del paisaje!

§

La pioggia ha un vago segreto di tenerezza

una sonnolenza rassegnata e amabile,

una musica umile si sveglia con lei

e fa vibrare l’anima addormentata del paesaggio.

È un bacio azzurro che riceve la Terra,

il mito primitivo che si rinnova.

Il freddo contatto di cielo e terra vecchi

con una pace da lunghe sere.

È l’aurora del frutto. Quella che ci porta i fiori

e ci unge con lo spirito santo dei mari.

Quella che sparge la vita sui seminati

e nell’anima tristezza di ciò che non sappiamo.

La nostalgia terribile di una vita perduta,

il fatale sentimento di esser nati tardi,

o l’illusione inquieta di un domani impossibile

con l’inquietudine vicina del color della carne.

L’amore si sveglia nel grigio del suo ritmo,

il nostro cielo interiore ha un trionfo di sangue,

ma il nostro ottimismo si muta in tristezza

nel contemplare le gocce morte sui vetri.

E son le gocce: occhi d’infinito che guardano

il bianco infinito che le generò.

Ogni goccia di pioggia trema sul vetro sporco

e vi lascia divine ferite di diamante.

Sono poeti dell’acqua che hanno visto e meditano

ciò che la folla dei fiumi ignora.

O pioggia silenziosa; senza burrasca, senza vento,

pioggia tranquilla e serena di campani e di dolce luce,

pioggia buona e pacifica, vera pioggia,

quando amorosa e triste cadi sopra le cose!

O pioggia francescana che porti in ogni goccia

anime di fonti chiare e di umili sorgenti!

Quando scendi sui campi lentamente

le rose del mio petto apri con i tuoi suoni.

Il canto primitivo che dici al silenzio

e la storia sonora che racconti ai rami

il mio cuore deserto li commenta

in un nero e profondo pentagramma senza chiave.

La mia anima ha la tristezza della pioggia serena,

tristezza rassegnata di cosa irrealizzabile,

ho all’orizzonte una stella accesa

e il cuore mi impedisce di contemplarla.

O pioggia silenziosa che gli alberi amano

e sei al piano dolcezza emozionante:

dà all’anima le stesse nebbie e risonanze

che lasci nell’anima addormentata del paesaggio!

FEDERICO GARCIA LORCA

Stupore


Sguardo stupito
furtivo
cattura il volo di una farfalla
attimi di vita leggera
percorso d’aria e di terra
sono troppe le crepe spaccate
eppure
in un mare d’atroce deserto
è sorprendente trovare
un fiore sbocciato dal nulla
generosità di un seme
portato dal vento
forse nutrito da una goccia
d’acqua piovana
o dalla gentilezza di una mano
trionfo d’amore
la forza vitale della natura
segue la strada maestra
all’occhio umano incomprensibile
si cela preziosa e immutabile
nella semplicità del cuore universale.

Roberta Bagnoli

La verità non può morire

Solo, con le sue verità scritte perché
gli uomini sappiano in che mondo
stanno morendo, lentamente uccisi
da veleni incontrollati.
Tumulati nel cemento che come
fredda lava li avvolge
non hanno del pericolo sentore
alcuno.
Solo, tra la colpevole indifferenza,
vive senza di vita certezza
e con gli occhi scruta i volti di chi
della morte la tragica maschera
potrebbe calare.
Strade bagnate che non odorano di pioggia,
ma di sangue che mai si raggruma,
mai si cancella perché nuovo sangue
ad esso si aggiunge.
Percorse da anime nere alle quali
vi inchinate deferenti e pavidi.
Semmai il fato triste avrà l’osceno
trionfo, sarete silenziosi carnefici.
Non rallegratevi della vostra
atavica, radicata schiavitù.
Agli antichi padroni dei vostri corpi,
di nuovi ne avete,
delle vostre anime pavide e imbelli
signori assoluti.
Tornate ad esser emuli di chi
a suo tempo al tallone straniero
si sottrasse.
Tornate ad esser persone tra le genti,
orgogliosi di guardare i vostri figli
negli occhi.
Fate che la vostra terra sia degli uomini,
non delle bestie.

Claudio Pompi

a Roberto Saviano che non deve morire

Here’s to you

Here’s to you, Nicola and Bart
Rest forever here in our hearts
The last and final moment is yours
That agony is your triumph

§

Eccovi, Nicola e Bart

Restate per sempre nei nostri cuori

L’ultimo momento, quello finale, è il vostro

Quell’agonia è il vostro trionfo

JOAN BAEZ


Published in: on ottobre 30, 2010 at 06:54  Comments (2)  
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Cromatismo


Il cosmo mi osserva
ogni angolo dell’infinito
mi colora l’anima
dandomi la certezza
che l’esistenza è l’insieme
cromatico della vita.
Il mare, col  suo urlo folle
come rantolo immenso,
d’azzurro si presenta
al mio sguardo
mentre i raggi delle stelle
con pallore di giallo
mi ricordano
di cercare la notte ed i suoi
bisbigli.
La tempesta
benedice i miei improvvisi
risvegli, il mare s’increspa con
onde di grigio vestite.
Bagliori di rosso violenti
mi assalgono e intravedo ghiacciai
coperti d’argento e madreperla
reduci di epoche lontane
con nascosti tesori
ed estinti animali.
Trasaliscono i monti
nel soffio leggero del vento
mentre la genziana nel blu fiorisce
ed i pensieri nel viola si condensano
alla ricerca del mondo perduto.
Così al mattino il mio sole
d’oro vestito in trionfo di luce
mi regala l’azzurro
del tuo sguardo
sirena venuta dal mare.

Marcello Plavier

Domande di un lettore operaio

FRAGEN EINES LESENDEN ARBEITERS

Wer baute das siebentorige Theben?
In den Buechern stehen die Namen von Koenigen.
Haben die Koenige die Felsbrocken herbeigeschleppt?
Und das mehrmals zerstoerte Babylon –
Wer baute es so viele Male auf? In welchen Haeusern
des goldstrahlenden Lima wohnten die Bauleute?
Wohin gingen an dem Abend, wo die Chinesische Mauer fertig war
die Maurer? Das grosse Rom
ist voll von Triumphboegen. Wer errichtete sie? UEber wen
triumphierten die Caesaren? Hatte das vielbesungene Byzanz
nur Palaeste fuer seine Bewohner? Selbst in dem sagenhaften Atlantis
bruellten in der Nacht, wo das Meer es verschlang
die Ersaufenden nach ihren Sklaven.

Der junge Alexander eroberte Indien.
Er allein?
Caesar schlug die Gallier.
Hatte er nicht wenigstens einen Koch, bei sich?
Philipp von Spanien weinte, als seine Flotte
untergegangen war. Weinte sonst niemand?
Friedrich der Zweite siegte im Siebenjaehrigen Krieg. Wer
siegte ausser ihm?

Jede Seite ein Sieg.
Wer kochte den Siegesschmaus?
Alle zehn Jahre ein grosser Mann.
Wer bezahlte die Spesen?

So viele Berichte.
So viele Fragen.

§

Chi costruì Tebe dalle Sette Porte?
Dentro i libri ci sono i nomi dei re.
I re hanno trascinato quei blocchi di pietra?
Babilonia tante volte distrutta,
chi altrettante la riedificò? In quali case
di Lima lucente d’oro abitavano i costruttori?
Dove andarono i muratori, la sera che terminarono
la Grande Muraglia?
La grande Roma
è piena di archi di trionfo. Chi li costruì? Su chi
trionfarono i Cesari? La celebrata Bisanzio
aveva solo palazzi per i suoi abitanti?
Anche nella favolosa Atlantide
nella notte che il mare li inghiottì, affogarono
implorando aiuto dai loro schiavi.

Il giovane Alessandro conquistò l’India.
Lui solo?
Cesare sconfisse i Galli.
Non aveva con sé nemmeno un cuoco?
Filippo di Spagna pianse, quando la sua flotta
fu affondata. Nessun altro pianse?
Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi
vinse oltre a lui?

Ogni pagina una vittoria.
Chi cucinò la cena della vittoria? Ogni dieci anni un grande uomo.
Chi ne pagò le spese?

Tante vicende.
Tante domande.

BERTOLT BRECHT