I tessitori della Slesia

DIE SCHLESISCHEN WEBER

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Im düstern Auge keine Träne
Sie sitzen am Webstuhl und fletschen die Zähne:
Deutschland, wir weben dein Leichentuch,
Wir weben hinein den dreifachen Fluch –
Wir weben, wir weben!

Ein Fluch dem Gotte, zu dem wir gebeten
In Winterskälte und Hungersnöten;
Wir haben vergebens gehofft und geharrt –
Er hat uns geäfft, gefoppt und genarrt –
Wir weben, wir weben!

Ein Fluch dem König, dem König der Reichen,
Den unser Elend nicht konnte erweichen
Der den letzten Groschen von uns erpreßt
Und uns wie Hunde erschiessen läßt –
Wir weben, wir weben!

Ein Fluch dem falschen Vaterlande,
Wo nur gedeihen Schmach und Schande,
Wo jede Blume früh geknickt,
Wo Fäulnis und Moder den Wurm erquickt –
Wir weben, wir weben!

Das Schiffchen fliegt, der Webstuhl kracht,
Wir weben emsig Tag und Nacht –
Altdeutschland, wir weben dein Leichentuch,
Wir weben hinein den dreifachen Fluch,
Wir weben, wir weben!

§

Non han ne gli sbarrati occhi una lacrima,
Ma digrignano i denti e a’ telai stanno.
Tessiam, Germania, il tuo lenzuolo funebre,
E tre maledizion l’ordito fanno –
Tessiam, tessiam, tessiamo!

Maledetto il buon Dio! Noi lo pregammo
Ne le misere fami, a i freddi inverni:
Lo pregammo, e sperammo, ed aspettammo:
Egli, il buon Dio, ci saziò di scherni.
Tessiam, tessiam, tessiamo!

E maledetto il re! de i gentiluomini,
De i ricchi il re, che viscere non ha:
Ei ci ha spremuto infin l’ultimo picciolo,
Or come cani mitragliar ci fa.
Tessiam, tessiam, tessiamo!

Maledetta la patria, ove alta solo
Cresce l’infamia e l’abominazione!
Ove ogni gentil fiore è pesto al suolo,
E i vermi ingrassa la corruzione.
Tessiam, tessiam, tessiamo!

Vola la spola ed il telaio scricchiola,
Noi tessiamo affannosi e notte e dì:
Tessiam, vecchia Germania, il lenzuol funebre
Tuo, che di tre maledizion s’ordì.
Tessiam, tessiam, tessiamo!

HEINRICH HEINE           (traduzione di Giosuè Carducci)

Come al solito

 
Stamani come al solito tutto è al suo posto
solo la strada è vuota
nel parco i soliti cani giocano
i padroni chiacchierano fra loro
qualcuno s’aggiunge nuovo
tutto rientra in coro
un fruscio, un salto, un volo
a vela in volo s’aprono spianati ali al cielo
in un soffio atterrano al suolo
intanto s’affollano alla mente gli impegni
e…Tutto s’ingrana come sempre
melo male che sono sempre impegnata
così do buca alla solitudine.

Rosy Giglio

Published in: on aprile 12, 2012 at 07:17  Comments (6)  
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Antico borgo

Arroccato sopra un colle
Maestoso appari
Cinto da massicce mura antiche
Incorporate nella roccia
Celato in parte tra sempreverdi
E alberi in fiore
Ti riveli al mondo
Attraverso una stretta via
come un serpente ti avvolge
ti protegge dalle folle curiose
bramosi di calpestare
il tuo suolo senza tempo.
Esplorare cunicoli
assaporare il passato
rivivere epoche lontane
anch’io come loro ti voglio toccare
accarezzare quelle pietre
imprimere nella mente la storia
respirare l’aria di saggezza che ti circonda
vedere le bellezze più nascoste
far si che il mio sguardo sia sazio
così la mente e il cuore

Gianna Faraon

Basta

Basta con questa rabbia che mi uccide
per non essere abbastanza forte.
Basta con quei gridi che salgono al cielo
da corpi di donna violata.
Basta con il volto di una lei che piange
tra le mie mani e le lacrime al suolo
scendono come gocce di sangue.
Basta con la morte dell’anima
che corpo di donna rende un’automa,
di una bambina che non saprà scoprire
l’amore, che non accenderà i suoi sensi.
Basta con gli occhi truci di un bastardo
che non s’abbasseranno davanti
a quelli di colei che più luce non avranno
ma che per strada incontreranno.
Basta, mille volte basta, eternamente basta.
Basta con l’ipocrisia del perdono seme
di futura violenza.
Basta con il silenzio del dolore taciuto
per pudore, per colpa solo d’essere donna.
Vorrei su quella piazza centomila donne
che gridino basta e il loro grido
squassi i vetri e le orecchie di coloro
che in un palazzo non vedono ma si fanno
vedere.

Claudio Pompi

Ndr:  Claudio lavorava nel reparto di radiologia di un ospedale del centro di Roma, e per questo motivo si trovò spesso a contatto con realtà tristi e drammatiche come quelle che descrive in questa poesia.  Noi lo ringrazieremo sempre per la sua testimonianza, vera e preziosa, di uomo giusto e sensibile.

Pretesti

Quando l’agire si fa più pressante
e neppure l’attesa raffredda il rovente,
sovente l’errore diviene padrone
carpendo l’ambire, facendolo proprio.

il laccio si serra, il fine tramonta
dietro colline di scuse ed appigli,
dove, la falce, è la cura del grano,
dove, la mano, è una fonte di fati.

Fardelli ribelli si cedono al forse,
le ataviche morse divengono incerte,
le aperte ganasce, arretrano il ruolo
lasciando, sul suolo, bisacce afflosciate.

Certo, son cento, mille i pretesti
che restano, resti, in eterno languire;
non serve giurare, al tempo tiranno;
le fosse, si fanno ogni giorno più ingorde.

Così, la tua meta, si scopre deviata,
si ferma, rifiata, contempla d’intorno;
poi scorge l’inverno che avanza spietato:
“Ormai mi ha raggiunto. E’ fiato sprecato.”

Come dighe di fumo, sul fiume vitale,
pretesti.

Flavio Zago

Buio lontano

malgiorno ogni giorno
oggi
nel dovunque estremo di striscia
pestato da battente
tagliavita

irreligioso affacciarsi
d’un puntino echeggiante
in bianco e rosso
lontano-lontano-lontano
mentre nel ventre della terra
antica sembianza ha fatto causa
a generosa purezza *impura*

il non avere colpa
la fuga
la colpa
nelle mani tese
ad un anello di preghiera
che si copre
di fronte alla povertà
dinanzi alle paure
al cospetto d’una voce
(di dio)
che lo creò
a sua immagine e somiglianza

buio nel lontano
dove l’eco della moralità
s’abbraccia alla mortalità
dei corpi

e la somiglianza prende forma
nella luce
di mille morti innocenti

malgiorno in ogni risveglio
d’una striscia
strisciante al suolo….

(e l’eco d’una mano
sotto lenzuola
papali)

Glò

IPOCRISIA

Tripoli

bel suol

d’amore

Tinti Baldini

Published in: on settembre 18, 2011 at 07:11  Comments (2)  
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Gli alberi si disfanno all’interno di una sfera di nebbia

Les arbres se defont à l’intérieur d’une sphère de brouillard

Dans le brouillard qui entoure les arbres, les feuilles leur sont

dérobées; qui déjà, décontenancées par une lente oxydation,

et mortifiées par le retrait de la sève au profit

des fleurs e fruits, depuis les grosses chaleurs d’août

tenaient moins à eux.

Dans l’écorce des rigoles verticales se creusent par

où l’humidité jusqu’au sol est conduite à se désintéresser des

parties vives du tronc.

Les fleurs sont dispersées, le fruits sont déposés. Depuis

la plus jeune âge, la résignation de leurs qualités vives e de partie de leur

corps est devenue pour les arbres un exercise familier.

§

Nella nebbia che circonda gli alberi, le foglie sono

loro sottratte e queste, sconcertate da una lenta ossidazione,

e mortificate dal ritirarsi della linfa a vantaggio

di fiori e frutti, fin dalle grandi calure di agosto già

erano meno attaccate ad essi.

Nella scorza si scavano canaletti verticali attraverso cui

l’umidità del suolo è portata a disinteressarsi delle

parti vive del tronco.

I fiori sono dispersi, i frutti vengono deposti. Dalla

più tenera età, rassegnare qualità vive e parte dei loro

corpi è diventato per gli alberi un esercizio familiare.

FRANCIS PONGE

[Mi]…Piacerebbe

M’ addolcisce
zuccherare frasi
con ossigeni di raffica
dentro incertezze altrui.

Sorvolare dintorni di fiamme
imbattermi in nucleo
di caparbietà discente
e riapparire
bruciata
di generosità
mai abbastanza
per decolorare profondità
a bassa quota.

Del dolore prossimo
lascio appeso al suolo
il sogno che non si sogna più;
abbozzo timone scolpito a raggio
irregolare
ed ecco la facciata
d’alto picco a bassotondo
diverso da rovesciare
se navigato in sua stessa
felicità galleggiante…

e

ri-emergo infuocata
da un’apnea capace di comporre
l’esimio dell’imperfezione
senza nulla capirci se non il suo vuoto
da criptare.

Glò

C’era!

¡ESTABA!

El cordero balaba dulcemente.
El asno tierno se alegraba
en un llamar caliente.
El perro ladraba
hablando a las estrellas.
Me desvelé … salí… vi huellas
celestes por el suelo florecido
como un cielo invertido.

Un vaho tibio y blanco
velaba la arboleda,
la luna reclinando
en un ocaso de oro y plata
que parecía un ámbito divino.
Mi pecho palpitaba
como si el corazón tuviese vino.
Abrí el establo a ver si estaba…
¡Estaba!

§

L’agnello belava dolcemente.
L’asino, tenero, si rallegrava
in un caldo richiamo.
Il cane latrava,
quasi parlando alle stelle…
Mi destai. Uscii. Vidi come
celesti nel suolo fiorito
come un cielo capovolto.

Un alito tiepido e dolce
velava il bosco;
la luna andava declinando
in un tramonto d’oro e di seta,
che sembrava un àmbito divino…
Il mio petto palpitava,
come se il cuore avesse avuto vino…
Aprii la stalla per vedere se era lì.
C’era!

JUAN RAMÒN JIMÈNEZ